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La guerra arriva col postino. Le conseguenze dell’attacco russo in Ucraina sono già visibili nelle bollette dell’energia recapitate a imprese e famiglie italiane. La ragione è semplice: noi siamo il vaso di coccio tra vasi di ferro. Se è vero che noi più di tutti dipendiamo dal gas russo e dalle materie prime agricole dell’Ucraina, e se è vero che noi più di tutti gli altri paghiamo un costo aggiuntivo sul mercato dei titoli di Stato quando le tensioni aumentano per un conflitto, allora è assolutamente urgente che il governo italiano si metta alla testa di un’iniziativa europea.

È stato un errore congelare gli incontri con i vertici russi in virtù dell’aumento della tensione. La diplomazia, invece, si muove e ha più senso proprio nei momenti di massimo attrito e quando le cose precipitano in maniera irrimediabile. L’atteggiamento tenuto finora da Palazzo Chigi e dallo stesso premier è stato eccessivamente timido. L’Italia ha tutto il diritto di far valere i propri interessi nazionali e il suo Governo ha il dovere di fare tutto il possibile per difenderli nell’ambito del posizionamento europeo e atlantista.

È necessario gettare acqua sul fuoco prima che l’irresponsabile escalation militare di Putin provochi l’inasprimento delle sanzioni fino a coinvolgere l’energia, con conseguenze devastanti per la nostra economia nazionale. La strategia del leader russo punta proprio a dividere gli europei dagli americani e gli europei al proprio interno sull’intensità delle sanzioni: soprattutto in Germania e in Italia, infatti, si temono ritorsioni sul gas.

Draghi - il cui profilo atlantista ed europeista nessuno può mettere in discussione - avrebbe dovuto usare prima la propria autorevolezza internazionale per farsi garante di un accordo tra il capo del Cremlino e il presidente Usa, Biden. È sbagliato pensare che l’Italia non avrebbe potuto svolgere questo ruolo perché di fatto irrilevante sullo scacchiere internazionale: questa stessa condizione nel 2002 non impedì all’allora premier Berlusconi di promuovere gli accordi di Pratica di Mare, quando Russia e Nato si ritrovarono vicini come mai era avvenuto prima e mai sarebbe accaduto dopo.

In ogni caso, le basi per un’intesa, ancorché ridotte, esistono ancora. Soprattutto perché non si può continuare a spingere la Russia - come fatto dagli americani in questi anni - fra le braccia della Cina comunista, che è il vero avversario strategico dell’Occidente. Sia chiaro: l’intervento in Ucraina non sarebbe stato possibile senza il via libera di Pechino che, da parte sua, punta a inglobare Taiwan. Quelli che solo ora si stracciano le vesti per Kiev, sono gli stessi che s’inginocchiano al regime rosso di Xi Jinping. Gli occidentali devono decidere se combattere contro la Cina, contro la Russia o, come in maniera sconsiderata vuol fare Biden, contro tutti e due: è questa la scelta che oggi siamo chiamati a fare.

Scenario illusorio? Non dimentichiamo che Putin appartiene a quella parte di classe dirigente russa che ha sempre pensato a Mosca come terza gamba dell’Occidente insieme all’Europa e agli Stati Uniti. Il rifiuto americano ad accordare un simile riconoscimento è stato alla base del lungo irrigidimento delle posizioni russe di questi anni. Inoltre, così facendo, gli Usa hanno ridato fiato alle istanze più antioccidentali del Cremlino, al punto che oggi Putin ha la sindrome dell’assedio e come tale reagisce. Nessuno può chiederci di rinunciare alla difesa dei nostri interessi nazionali. Nemmeno gli americani, che non possono pensare di imporre altre sanzioni ai russi da far pagare agli italiani.

Già quelle per la Crimea ci sono costate 10 miliardi. Ma oggi sarebbe diverso. Cumulare al prezzo della pandemia un sovrappiù di oneri energetici di origine geopolitica significherebbe far saltare in aria la nostra economia. Per questo Draghi non può aspettare oltre: bisogna fare il possibile subito. Come il recente G-20 di Roma ha dimostrato, dopo l’uscita di scena di Angela Merkel è il premier italiano lo statista più importante d’Europa nell’era post-Covid. Altro che Macron o Scholz. Lo dimostri. Il momento di agire è ora.

VINCENZO NARDIELLO