di Giulia Belardelli

 

“La Russia interromperà la sua operazione militare solo quando l'Ucraina smetterà di combattere e le richieste di Mosca verranno soddisfatte”. Malgrado l’intensa azione diplomatica delle ultime ore – che ha visto scendere in campo, con diverse sfumature, attori come Cina, Israele, Turchia, il Vaticano – il presidente russo Vladimir Putin sembra un cyborg: la linea di Mosca resta la stessa, indisponibile a qualsiasi compromesso. Putin lo ha ribadito nel corso di un colloquio telefonico con il presidente francese Emmanuel Macron, il quarto dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina undici giorni fa. Il presidente ha “espresso la disponibilità a continuare il dialogo, con il rispetto incondizionato delle ben note richieste russe", recita una nota del Cremlino. Che tradotto significa: resa incondizionata di Kiev e campo libero a smembrarne i territori. Una prospettiva chiaramente inaccettabile per chiunque abbia a cuore le basi del diritto internazionale.

Un’altra giornata drammatica si chiude con aspettative al minimo in vista del terzo round negoziale annunciato per domani - e non ancora confermato. Per la seconda volta sono falliti i piani di evacuazione della città di Mariupol, nel sud-est dell'Ucraina, dimostrando la vacuità degli accordi raggiunti durante l’ultimo round di colloqui. Il ministero della Difesa ucraina ha accusato Mosca di aver fatto deragliare il corridoio umanitario con i suoi bombardamenti. Anton Gerashchenko, un funzionario del ministero degli Interni ucraino, ha dichiarato: “Non possono esserci 'corridoi verdi' perché solo il cervello malato dei russi decide quando iniziare a sparare e a chi”. Le autorità avevano pianificato di evacuare oltre 200mila dei 430mila residenti della città; solo poche centinaia sono riusciti a mettersi in salvo.

La versione dei russi – presentata dallo stesso Putin a Macron – è che sia Kiev a “non rispettare gli accordi raggiunti su una questione umanitaria così grave". Mosca accusa Kiev di aver “nuovamente utilizzato l’interruzione delle ostilità solo per riorganizzare le forze e i mezzi”. Motivo per cui Putin ha invitato Macron a “collaborare attivamente con le autorità di Kiev affinché si conformino alle norme del diritto internazionale umanitario", ha precisato il Cremlino.

Verrebbe quasi da ridere, se in mezzo non ci fosse la lotta per la sopravvivenza delle 200mila persone – soprattutto donne e bambini – che da giorni sono intrappolati nell’assedio. Nella città pesantemente colpita dai bombardamenti russi “non c'è elettricità, non c'è riscaldamento, non c'è collegamento telefonico: è un vero orrore", ha affermato Petro Andryushchenko, consigliere del sindaco di Mariupol. La gente beve dalle pozzanghere nelle strade; cibo e acqua stanno esaurendo rapidamente. Molti appartamenti sono in fiamme – riporta la Bbc – ma nessuno può spegnere gli incendi; per strada giacciono cadaveri che nessuno può portare via.

Per i russi, prendere questa città costiera è fondamentale nella progressiva conquista di tutta la costa meridionale sul Mar Nero, obiettivo che gli analisti ritengono minimo nel disegno di Vladimir Putin. Nel suo resoconto della telefonata, Macron ha descritto Putin come “sempre molto determinato" nel raggiungimento dei suoi obiettivi. In particolare, Putin ha ribadito le sue esigenze per un negoziato: la "denazificazione" dell'Ucraina, la sua "neutralità", il riconoscimento dell'annessione della Crimea e dell'indipendenza del Donbass. Tali obiettivi, secondo Putin, "se non saranno raggiunti con il negoziato lo saranno con le operazioni militari". Che quindi andranno avanti: a sud verso la conquista di Odessa; a nord a stringere su Kiev; a est per strappare quanti più territori possibile lungo il fiume Dnepr. Via via mettendo fuori uso o impossessandosi delle infrastrutture ucraine, centrali nucleari incluse.

Di fronte all’inamovibilità del Cremlino, appaiono impotenti anche i tentativi di mediazione di attorti geopolitici chiave come Israele e Turchia. Israele continuerà a cercare di favorire "un dialogo" perché trovare una soluzione è "un dovere morale", anche se le possibilità di successo "non sono buone", ha riferito oggi il primo ministro israeliano Naftali Bennett, citato in una nota diffusa dal suo ufficio. Bennett ha parlato per la terza volta in due giorni con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dopo essere volato ieri a Mosca per incontrare Putin e subito dopo a Berlino per incontrare il cancelliere tedesco Scholz.

All’indomani della richiesta cinese di un cessate il fuoco, allo stretch diplomatico si è unito anche il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. "Spianiamo la strada alla pace e facciamolo tutti insieme. È necessario un cessate il fuoco per favorire corridoi umanitari per i civili e porre fine alle ostilità. È urgente e necessario compiere un passo verso la pace e la Turchia è pronta a fare quanto necessario", ha reso noto la presidenza turca, ribadendo la disponibilità di Ankara a ospitare un negoziato tra Russia e Ucraina. Ieri il ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu ha parlato al telefono con i suoi omologhi russo e ucraino, insistendo per fare in modo che i due si incontrino al forum diplomatico in programma ad Antalya, località della costa sud della Turchia, il prossimo 11 marzo. Il Cremlino ha confermato venerdì sera che Lavrov prenderà parte al forum, ma dopo la conferma di Mosca si attende di capire cosa farà il ministro ucraino, che non ha confermato la propria presenza a causa dell'attacco in corso nel proprio Paese.

A Erdoğan, compagno di disprezzo dell’Occidente e delle democrazie liberali, Putin ha risposto con il solito mantra: la Russia fermerà l'offensiva militare se l'Ucraina smetterà di combattere e saranno accolte tutte le richieste di Mosca. E mentre cresce il pressing per un ruolo più attivo di Pechino – con tutte le incertezze del caso – gli Stati Uniti "lavorano attivamente" con la Polonia perché invii all'Ucraina jet da guerra, compresi i Mig-29 di fabbricazione russa e sovietica, in cambio di F-16 dall’America. Lo ha confermato il segretario di stato Usa Antony Blinken nella sua visita in Moldavia, prima di fare tappa nei Paesi Baltici, mentre martedì volerà a Parigi da Macron per continuare a coordinare la risposta occidentale all'invasione russa. Si tratterebbe della mossa più forte, e più rischiosa, nella fornitura di armamenti a Kiev, che ha sollecitato anche droni e missili antiaerei Stinger.

Al governo Zelensky, che continua a chiedere una no-fly zone sul suo Paese sotto attacco, ha risposto stavolta il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. La chiusura dello spazio aereo dell'Ucraina "nelle circostanze attuali sarebbe considerata come l'ingresso in guerra della Nato e quindi un rischio di Terza guerra mondiale", ha dichiarato ai microfoni di France Inter e France Info. Con Zelensky ha riparlato oggi il presidente del Consiglio Mario Draghi, che ha ribadito “la profonda amicizia tra il popolo italiano e il popolo ucraino e la grande solidarietà dell’Italia nei confronti dell’Ucraina”. Draghi ha condannato gli attacchi della Russia ai civili e alle infrastrutture nucleari e ha riaffermato la volontà italiana di fornire sostegno e assistenza all’Ucraina e alla sua popolazione, ribadendo come l’Italia sostenga l’appartenenza dell’Ucraina alla famiglia europea.
Anche dal Vaticano sono arrivate parole dure nei confronti di Mosca, assieme all’offerta della Santa Sede come mediatrice. "In Ucraina scorrono fiumi di sangue e di lacrime", ha detto Papa Francesco durante l’Angelus. "Non si tratta solo di un'operazione militare, ma di guerra – ha sottolineato significativamente il Pontefice - che semina morte, distruzione e miseria. Le vittime sono sempre più numerose, così come le persone in fuga, specialmente mamme e bambini".

Per Paolo Magri, vicepresidente esecutivo di Ispi, la pluralità di attori disposti a mediare è un fatto positivo, ma servono azioni immediate. “In assenza di risultati tangibili, a cominciare dai subito abortiti corridoi umanitari, cresce l’attenzione su chi possa efficacemente mediare fra le parti”, commenta per HP. “Il premier israeliano Bennett si è autocandidato da giorni (non ha imposto sanzioni alla Russia o dato armi agli ucraini, ma ha votato contro Mosca all’Onu). Il presidente turco Erdoğan ha fatto lo stesso, forte dei suoi rapporti, seppur altalenanti, con la Nato ma anche con Mosca, e di quelli economici con l’Ucraina. La Cina ha aggiustato il tiro rispetto al sostegno a Putin ‘a tutti i costi’ dei primi giorni, accrescendo le chance di entrare in campo diplomatico. Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha chiesto al primo ministro indiano Narendra Modi, che si è astenuto sulla risoluzione di condanna all’Onu, di scendere in campo. Più voci in Europa (e in Russia) parlano di un ruolo per Angela Merkel. La verità è che tutto può aiutare, ogni soluzione è meglio del tavolo invasore-invaso (con l’aggiunta della Bielorussia, di certo non neutrale): ma la meditazione sul ‘chi’ è rilevante almeno quanto il ‘quando’: deve essere ora, se si vuole evitare il peggio”. Un peggio che purtroppo è già qui, nella corsa disperata dei genitori del piccolo Kirill, avvolto in una copertina azzurra, che tentano disperatamente di salvare il loro bambino di 18 mesi, vittima dei bombardamenti russi sulla zona di Mariupol. Le visite si fanno in un ospedale senza corrente elettrica, sotto la luce dei cellulari, dove i medici restano impotenti e per Kirill non c'è più niente da fare. Ogni giorno di ritardo in più, quanti come lui.