dal nostro inviato a Buenos Aires

MATTEO FORCINITI

Grida ancora giustizia la battaglia relativa ai brogli delle elezioni del 2018 a Buenos Aires, il più grande scandalo della storia elettorale italiana. Una vicenda tutt'altro che conclusa dopo la proclamazione di Fabio Porta come nuovo senatore al posto di Adriano Cario che per 3 anni ha occupato un seggio ottenuto grazie a una frode: sono state oltre 10mila, infatti, le schede falsificate che hanno portato recentemente il Senato ad intervenire con una decisione senza precedenti che ha infangato l'immagine del voto all'estero e delle stesse istituzioni. 

A Porta, coordinatore del Partito Democratico in Sud America, è stato riconosciuto con un madornale ritardo il seggio che gli spettava di diritto e che qualcuno invece gli aveva rubato. Tutto finito, dunque? Macché, forti sono i sospetti che aleggiano adesso sulla figura del deputato Eugenio Sangregorio, potente uomo d'affari calabrese trapiantato in Argentina che a marzo del 2018 è stato eletto alla Camera dei Deputati. Il partito è lo stesso con il quale Cario era stato eletto -prima di abbandonarlo subito- e si chiama Usei (Unione Sudamericana Emigrati Italiani). La sua elezione si trova attualmente sotto l'osservazione della Giunta per le elezioni della Camera dopo il ricorso presentato da Alberto Becchi, anche lui del PD. Allo stesso tempo, tanto in Italia come in Argentina, ci sono due indagini in corso della magistratura sui brogli del 2018.

Il punto sulla situazione dei fatti è stato fatto a Buenos Aires in una conferenza stampa organizzata dal Partito Democratico presso il Circolo Italiano. "Una battaglia di civiltà che non è ancora finita. Il nostro impegno per ristabilire la verità dei fatti e la legalità continua dopo questa vittoria" ha promesso con la sua solita pacatezza il neo-senatore siciliano residente in Brasile alla sua prima uscita ufficiale accompagnata da diversi incontri istituzionali. "È stato anche grazie all'impegno di Gente d'Italia che ha lanciato una petizione al riguardo che siamo riusciti a fare giustizia in una vicenda che non riguarda solo un candidato o solo un partito ma chiama in causa direttamente il cuore stesso della democrazia, il voto". Un concetto fondamentale, questo, che è stato ripetuto più volte durante la conferenza stampa proprio per sottolineare la gravità dei fatti che hanno contribuito a rovinare ulteriormente l'immagine degli italiani in Argentina e più in generale nel mondo. La richiesta del PD, tra l'altro, è stata seguita dalla Lega nel mondo mentre il Maie (Movimento Associativo degli Italiani all'Estero) mantiene il silenzio. 

"Quello che noi avevamo denunciato quattro anni fa era tutto vero". Queste le parole di apertura del discorso di Porta che ha ricordato le tappe principali di questa triste storia senza vinti e vincitori ma solo sconfitti, gli elettori truffati. "Già nella notte di quel 4 marzo del 2018 notammo subito delle anomalie nelle operazioni di scrutinio. In 32 sezioni su 99 a Buenos Aires c'erano risultati molto strani, un solo candidato che faceva il pieno di preferenze, una cosa assolutamente mai vista. Il 70% dei voti Cario li prese proprio in queste sezioni che noi contestammo subito. Dopo l'esposto presentato dal PD alla Corte d'appello seguirono le indagini della magistratura italiana e di quella argentina e alle 32 sezioni da noi segnalate se ne aggiunsero altre 5. In queste sezioni è stato scoperto che il 90% dei voti sono stati fatti dalle stesse mani che si sono ripetute. Le prove presentate alla Giunta per le elezioni del Senato sono state schiaccianti: una perizia grafica dell'Università di Palermo ha sostenuto che quei risultati erano falsi, le preferenze erano state scritte dalle stesse mani. Dopo tre anni il verdetto che mi vedeva coinvolto finalmente è arrivato ma il nostro impegno non finisce qui dato che il sospetto che la stessa cosa sia successa alla Camera è molto forte. Noi non facciamo pettegolezzi, non accusiamo per simpatie politiche ma abbiamo la forza delle perizie delle Procura di Roma" ha proseguito il senatore. "Proprio su questo continueremo a batterci cercando anche di fare piena luce sui colpevoli e sui complici per scoprire i veri mandanti dell'operazione. Il messaggio di questa storia è molto chiaro, i brogli possono e devono essere scoperti e anche puniti. Gli italiani all'estero onesti chiedono solo il rispetto del loro voto: questo diritto è stato conquistato dopo anni di sacrifici e battaglie ma vederlo infangato così fa molto male".

Nonostante le numerose prove che sono state raccolte in questi anni sulla falsificazione del voto all'estero c'è il serio rischio che la prossima volta si possa tornare a votare nello stesso modo, per corrispondenza, ovvero senza alcun tipo di garanzia. "Alla luce della mia esperienza parlamentare credo che in questo ultimo scorcio di legislatura non ci siano i tempi per una riforma del sistema del voto all'estero che appare doverosa. Ritengo possibile invece l'introduzione di alcune modifiche attraverso dei singoli provvedimenti per assicurare maggiore sicurezza considerata anche la riduzione del numero dei parlamentari a partire dalle prossime elezioni che richiederebbe un intervento legislativo prima di andare al voto" ha concluso Porta.

Alberto Becchi, candidato del PD alla Camera nel 2018, rivendica il seggio di Sangregorio alla luce della recente decisione del Senato: "Il successo di Fabio Porta è la prova che è stata fatta una frode. Il voto è stato falsificato, un fatto inaudito nella storia repubblicana. Nelle perizie della Procura c'erano sia le schede del Senato che quelle della Camera, ecco perché ci aspettiamo a breve una decisione analoga della Giunta delle elezioni della Camera che attualmente sta analizzando il nostro ricorso". Nello specifico, il presidente del Comites di Mar del Plata ha parlato di "più di 10mila schede contraffatte ottenute da Sangregorio in 33 seggi elettorali" che avrebbero alterato il risultato finale. Oltre alle perizie della Procura e al verdetto del Senato, nella sua documentazione Becchi ha presentato anche il contratto che era stato fatto tra il Governo italiano e il Correo Argentino per la distribuzione dei plichi elettorali alle elezioni del 2018: "Non è stato facile ottenere questo contratto, un giorno si dovranno chiarire le responsabilità e i complici di questa truffa. Noi chiediamo il ripristino della giustizia e della legalità  perché questa vicenda non riguarda solo me o Fabio Porta ma tutti gli elettori. Qui c'è in ballo l'immagine dell'Italia e degli italiani in Argentina che è stata macchiata da qualcuno. Personalmente, mi sento molto ottimista. Sono convinto che la giustizia arriverà e la Camera seguirà la decisione del Senato".

Alberto Becchi

Dall'Argentina il senatore è intervenuto anche sul parere del Comites di Montevideo contro Gente d'Italia

Porta: "Grave il silenzio del Ministero degli Esteri su Gente d'Italia dopo l'interrogazione parlamentare, ma continueremo a seguire la vicenda"

"Il silenzio del Ministero degli Esteri su Gente d'Italia dopo la mia interrogazione parlamentare è molto grave". Queste le parole pronunciate mercoledì pomeriggio dal neo-senatore Fabio Porta in visita a Buenos Aires per diversi incontri istituzionali. Poco prima della conferenza stampa organizzata dal Partito Democratico per far luce sui brogli avvenuti alle elezioni del 2018, Porta è intervenuto anche sulla vicenda che ha coinvolto il nostro giornale dopo l'assurdo parere negativo del Comites di Montevideo che il 17 febbraio ha votato a maggioranza negativamente andando contro quanto stabilisce la legge sull'Editoria. Tale decisione ha suscitato reazioni di condanna in tutto il mondo, anche all'interno del Parlamento italiano.

Fabio Porta

"Al di là dei partiti Gente d'Italia ha accompagnato in questi anni la battaglia di civiltà che abbiamo portato avanti sui brogli. Lo ha fatto per quel senso di vicinanza verso i cittadini e in nome della trasparenza, dell'onesta, della democrazia e della correttezza. Il parere votato dal Comites dell'Uruguay è stato assurdo, privo di ogni logica dove si dice che il giornale non esiste e addirittura si impone come organo censore contestando la linea editoriale di uno dei pochi quotidiani italiani rimasti al mondo" ha affermato il senatore del PD. "Chiediamo sia al ministro che all'ambasciatore d'Italia in Uruguay di porsi dalla parte della verità e della giustizia dicendo che questo parere contraddice l'evidenza dei fatti. Solleciteremo il ministro a rispondere al più presto, è grave che non l'abbia ancora fatto dato che era un'interrogazione urgente".