Depositphotos

di Franco Esposito

La corsa all'oro. Inarrestabile ormai, è uno dei tanti riflessi della guerra in Ucraina. L'oro come bene di rifugio contro la paura. I russi lo comprano da anni, insieme con la banca centrale. Acquistano oro al posto dei titoli degli Stati Uniti d'America. Il prezzo è schizzato in alto poderosamente, 61,2 euro al grammo. Un gran bel problema che si aggiunge a tanti altri causati dalle conseguenze dell'aggressione russa all'Ucraina. Sembrava inevitabile che la corsa russa all'oro potesse preludere a qualcosa di tragico. Anche per chi non ritiene una guerra il massimo della tragedia. “La guerra era prevedibile, bastava saper leggere alcuni eventi che si sono verificati in Europa, e il tarlo connesso alla corsa all'oro”.

Già nel 2011 Bank Russia aveva acceso una spia. Nei forzieri russi c'erano più oro che dollari, a fronte della constatazione che il conflitto ha innescato la caccia al lingotto. La conseguenza è palese, immensa, tragica: il prezzo dell'oro è aumentato del trecento per cento, nonostante le difficoltà che l'aumento del prezzo alle stelle metta in palese crisi il comparto dell'oreficeria. Oltre a essere riserva delle varie banche centrali, l'oro è una moneta. Esiste da millenni, è universale, rappresenta un'assicurazione sul futuro. Il ruolo fisico del metallo più prezioso è quello di preservare il valore. E gli esperti studiosi del fenomeno a chiedersi in continuazione “perchè le banche centrali comprassero una tale enorme quantità di oro”.

Gli esperti di Italpreziosi una risposta se la sono data. “La Russia ha preparato la guerra da tempo. Acquista oro da anni vendendo i titoli americani e i treasures al fine di evitare attività congelate negli Stati Uniti e di cadere nelle problematiche delle sanzioni”. Un chiaro processo in Russia di dedollarizzazione, ostica parola questa ma che rende abbastanza bene l'idea. Il processo si pone come obiettivo di “ridurre la dipendenza di Mosca dal dollaro e quindi Putin e la banca centrale avevano elaborato un piano per mettere al riparo la propria economia in vista di una guerra".

Quello di Italpreziosi Arezzo e della signora dell'oro Ivaria Ciabatti è un osservatorio politico economico privilegiato. Si parla della più grande azienda di trading e commercio di metalli preziosi in Italia e nel mondo, con un fatturato di sei milioni e mezzo. La Russia, da oggi, custodisce lingotti per 128,5 miliardi di dollari, pari al 22.9% della riserva. Ma la guerra ha innescato anche una sorta di corto circuito sul prezzo dell'oro, nella scorsa settimana. Schizzato a 61,2 euro al grammo, il prezzo dell'oro ha denunciato oscillazioni anche di cinque euro. Oscillazioni che generano forti preoccupazioni nel distretto tra i più importanti dell'oro in Italia. Quello di Vicenza. Problematiche serie sono avvertibili anche sui mercati di riferimento come Dubai e gli Stati Uniti. Italpreziosi continua a effettuare puntuali e minuziose rilevazioni anche su quei mercati.

Quali i risultati? “La diminuzione della domanda da una parte per uso industriale, dall'altra una fortissimo aumento della domanda”. In misura molto consistente, decisamente abnorme: più 3.000% da investimento effettuati prevalentemente da privati. La spiegazione è presto detta, gli esperti non hanno dubbi in proposito, al di là delle incertezze che fanno parte di qualsiasi comparto della vita. Non solo di quella del metallo più nobile, La corsa all'oro è alimentata e ingigantita dalla paura e dai vari dubbi “in un'ottica di diversificazione e protezione del proprio capitale”. Traduzione del pensiero di quelli che sanno, parecchio ostico da penetrare per il lettore comune. L'investitore acquista l'oro perchè rappresenta un investimento di lungo periodo e nel tempo. Le oscillazioni non incidono nella scelta. “Le quotazioni sono destinate a salire, l'oro è un bene finito e presente nel pianeta Terra in quantità scarse”.

Il caro oro comunque preoccupa. Non solo in Toscana, a Siena e Arezzo. L'andamento delle quotazioni potrebbe dare vita a gravi difficoltà nei prossimi trimestri. Complice la crisi internazionale, sembra in grado di provocare conseguene negative per un altro settore non manufatturiero del sistema economico italiano. “Il turismo verrebbe colpito in pieno, una botta dura da assorbire”. In alcune regioni italiane, come la Toscana in particolare, i rischi economici della guerra sono direttamente connessi con altre manifatture: la pelle e l'abbigliamento. Nel terzo trimestre esportati in Russia merci e servizi per 284 milioni, a fronte di 255 di importi. “Sebbene l'export della pelletteria in Russia non rivesta più un aspetto determinante, come lo era fino a qualche anno fa”. Ma il problema vero è un altro e rientra in una particolare tematica. La crisi investirà tutto il mercato dell'intera fascia orientale del Nord Europa. E non solo la Russia. Impossibile rimanere tranquilli, la corsa all'oro non è l'unica preoccupazione. Una faccia della guerra, la corsa all'oro praticata dalla Russia da anni come atto preparatorio alla guerra.