La “piccola guerra” ucraina, vista la potenzialità degli attori coinvolti, sta dando lavoro a quelle risorse mercenarie che ormai sono determinanti in qualsiasi tipo di crisi che si sviluppa nel pianeta. Migliaia di combattenti stranieri si sono aggregati ai battaglioni ucraini per fronteggiare l’invasione russa. La spinta all’arruolamento volontario di soldati a pagamento è stata richiesta dal presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che ha chiamato gli stranieri, soprattutto con le proprie delegazioni diplomatiche, a unirsi rapidamente alla nuova Legione Internazionale, al fine di difendere non solo l’Ucraina ma anche “l’Europa e il mondo”. Già una settimana fa il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Ivanovyč Kuleba, aveva annunciato che 20mila cittadini, provenienti da 52 Paesi, avevano chiesto di entrare a far parte della Legione. Questo dato ovviamente è difficile da riscontrare, ma varie fonti confermano suddetti numeri.

La Danimarca ha dato libertà di scelta ai propri concittadini di arruolarsi, tra questi anche ucraini lì residenti, non rilevando impedimenti giuridici a tale volontà. Tuttavia, sia Londra che Parigi non hanno ovviamente concesso ufficialmente l’autorizzazione ai propri cittadini di arruolarsi nell’esercito ucraino, ma hanno solo evidenziato che qualche centinaio di mercenari, soldati e idealisti, si sono arbitrariamente aggregati all’esercito ucraino. Affermazione che rasenta il “lessico sottile dell’ambiguità”, restando nel “limbo diplomatico” e nel quadro del Patto Atlantico. La variabile più azzardata che possiamo immaginare possa verificarsi, in questa transumanza caotica di combattenti volontari, è che possano essere assoldati, invece che dalla Legione Internazionale, dal ben organizzato Battaglione Azov, considerato di chiara connotazione neonazista. Questo Battaglione rappresenta quello che i russi definiscono la faccia neonazista dell’Ucraina, ed è stato il primo obiettivo ufficiale di Vladimir Putin: “La denazificazione dell’esercito ucraino”. Azov sarebbe composto al massimo da 5mila uomini, ma i dati sono variabili.

Come scritto, l’Ucraina assolda i volontari tramite la sua rete diplomatica; a Washington è l’ambasciata ucraina che si è trasformata in un centro di reclutamento di volontari. Secondo l’addetto militare dell’ambasciata, circa 6mila persone hanno inoltrato domanda per entrare a far parte della Legione Internazionale, ma solo un centinaio sono state ammesse. Tra i candidati si trovano ex militari, veterani dell’Iraq e dell’Afghanistan, uomini di settant’anni, come giovani sotto i diciotto. Per coloro che partiranno per il fronte ucraino l’appuntamento è al confine polacco, dove saranno armati e indirizzati verso il fronte. Gli strateghi militari ucraini hanno interesse ad avere un controllo sul coordinamento dei volontari, in modo da evitare l’aggregazione di gruppi di combattenti svincolati da un comando ufficiale. Molti di questi sono chiamati “i mercenari di Facebook”, perché arruolati tramite questo social e che potrebbero arrecare più complicazioni che aiuto, se non gestiti. Le tariffe per l’ingaggio sono molto alte rispetto a quelle applicate in Libia o in Siria. Infatti, vista la posta in gioco “la paga” può raggiungere anche i seimila euro mensili, ma variano a seconda del ruolo rivestito dal mercenario, ricordando che non sono solo combattenti da prima linea, ma anche “comandanti” e “strateghi da campo”. Tuttavia, il confine tra i mercenari organizzati e i gruppi aggregati tramite i social network è piuttosto sottile.

Dal canto suo, Mosca ufficialmente è dal 2014 che sta utilizzando i mercenari russi Wagner nella regione del Donbass. In questi giorni, molti combattenti sono stati richiamati da varie regioni africane, dalla Siria e dalla Cecenia. Tali mercenari, ufficialmente, non dipendono da Mosca ed evitano il sacrificio di soldati russi che potrebbe provocare una ulteriore impopolarità a Vladimir Putin. Oltre questi “mercenari professionisti”, la Russia sta arruolando combattenti volontari per il fronte, utilizzando anche le farmacie russe come punto di reclutamento; ma Mosca conta molto sugli aiuti militari provenienti dalla Siria, come conferma l’Ong Syrians for Truth and Justice, che ha prodotto un resoconto che rileva come gli agenti dell’intelligence del regime siriano compilano liste che sono inviate a Mosca. Questo sistema è collaudato, essendo stato utilizzato nel 2020 per la Libia e organizzato contro le truppe del maresciallo Khalifa Haftar. Nella Siria orientale, la rete di attivisti “Deir Ez-Zor 24”, afferma che i mercenari russi del gruppo Wagner stanno anche reclutando guardie armate “da fronte” con stipendi da 200 a 300 dollari. Combattenti più esperti ricevono fino a 2mila dollari al mese, meno degli avversari pagati ufficialmente dall’Ucraina, che è finanziata dall’Occidente.

Ciononostante, la presenza di mercenari filogovernativi ucraini ha posto l’esercito russo di fronte a una inaspettata resistenza, motivata anche dalla notevole attrezzatura militare fornita ufficialmente dalla Nato e “affini”. Considerando, comunque, una tradizione militare ucraina che affonda le sue radici in quella orgogliosa e ambiziosa popolazione cosacca, che ha avuto un peso notevole anche a meta del XVII secolo durante il “Diluvio” (Potop), che ha colpito la Repubblica nobiliare polacco-lituana e che ha sottoscritto con l’Impero zarista il discusso Trattato di Perejaslav. Oggi assistiamo a una battaglia tra mercenari, che rende ancora più crudo lo scontro venendo a mancare, proprio in queste compagini, anche la minima passione per una “guerra di ideali”. Ma quali sono gli “ideali” della società contemporanea?