epa09833705 A screen shows Russian President Vladimir Putin delivering a speech during a concert marking the 8th anniversary of Crimea's reunification with Russia at the Luzhniki stadium in Moscow, Russia, 18 March 2022. Russia in 2014 annexed the Black Sea peninsula, shortly after Crimeans voted in a disputed referendum to secede from Ukraine. EPA/VLADIMIR ASTAPKOVICH / SPUTNIK / POOL MANDATORY CREDIT

"Non c'è amore più grande di dare la propria vita per i propri amici": Vladimir Putin arriva a citare il Vangelo secondo Giovanni per giustificare la sua aggressione all'Ucraina. Le parole del presidente russo riecheggiano in uno stadio di Mosca gremito, in un tripudio di bandiere russe e vessilli con la ormai famigerata 'Z' simbolo dell'invasione.

E al mondo che dubita del successo della sua operazione militare invia un gelido messaggio: "Sappiamo esattamente cosa fare. Come e a spese di chi. E attueremo tutti i nostri piani". Piani che nella mente dello zar probabilmente vanno ben al di là dell'attuale conflitto, e rimandano al sogno nemmeno tanto segreto di ridare vita a un nuovo impero.

Così, dopo i minacciosi passaggi televisivi dei giorni scorsi, Putin si concede un bagno di folla altrettanto inquietante, proprio mentre Joe Biden parla al telefono con Xi Jinping e a Kiev, Leopoli, Mariupol e molte altre città ucraine continuano a piovere le bombe su uomini, donne e bambini.

L'occasione è l'ottavo anniversario dell'annessione della Crimea da parte della Russia, che nel 2014 fu motivata - ribadisce il capo del Cremlino - dal "genocidio" perpetrato dalle forze nazionaliste e naziste ucraine. Lo stesso genocidio che ora Mosca vuole evitare nella regione del Donbass. Affermazioni accompagnate dall'ovazione dei sostenitori in delirio, decine di migliaia di persone che riempiono lo stadio Luzhniki (quello della finale dei mondiali di calcio del 2018) in cui va in scena l'altra Russia. Una Russia distante anni luce dalle migliaia di manifestanti finiti in cella nella capitale, a San Pietroburgo e in tutto il Paese per aver avuto il coraggio di protestare contro la guerra. Sugli spalti tutti gridano a squarciagola 'Russia! Russia! Russia!', mentre risuonano canti patriottici che inneggiano a un solo Paese che comprende Ucraina, Crimea, Bielorussia e Moldavia.

Al centro del palco lo zar si fa notare per il look 'made in Italy', con un maglione a collo alto color crema e un parka di colore blu di Loro Piana da un milione e mezzo di rubli, circa 12mila euro. Una scelta che stride con i crescenti disagi e le difficoltà di tanti russi a causa delle dure sanzioni economiche e finanziarie imposte da Europa e Stati Uniti. Ma soprattutto stride con l'immagine dell'avversario, Volodymyr Zelensky, il presidente nemico che sotto le bombe dello stesso Putin indossa la mimetica in segno di vicinanza al suo popolo che combatte per la libertà.

Ma alla folla in delirio del Luzhniki tutto questo non importa. L'impianto può ospitare fino a 81 mila spettatori, ma la polizia moscovita, tra dentro e fuori lo stadio, parla di almeno 200 mila persone. Anche se per alcuni reporter occidentali presenti la maggior parte dei partecipanti sarebbe stata composta da gruppi di dipendenti pubblici organizzati dallo stesso governo. Qualcuno parla cinicamente di 'war party'.

Altri azzardano il parallelo con i mega comizi di Donald Trump, quelli al grido di 'Make America Great Again'. Ma non è certo all'ex presidente americano che Putin si ispira, paragonandosi invece al più grande ammiraglio russo della storia, Fyodor Ushakov, quello che non perse mai una battaglia. Divenuto un eroe ai tempi di Caterina la Grande e poi dal XXI secolo venerato come santo dalla Chiesa ortodossa. A rovinare un po' la festa solo la brusca interruzione della diretta sulla tv di stato mentre il leader era a metà del suo intervento. "Un problema tecnico", spiegherà poi il Cremlino, un incidente che a qualcuno però potrebbe costare caro.

Intanto l'impressione che lo zar voglia tirare dritto per la sua strada è emersa anche dalle telefonate avute in giornata col cancelliere tedesco Olaf Scholz e col presidente francese Emmanuel Macron. Sulla prima il portavoce Dimitry Peskov non ha nascosto come si sia trattato di un colloquio che "difficilmente potrebbe essere definito amichevole". Mentre l'Eliseo, deluso, ha ribadito che per Putin la colpa di tutto quel che sta accadendo è solo e soltanto di Kiev e dell'Occidente. Colpevoli loro, nella versione dello zar, di "crimini di guerra".