Russia
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Dal 24 febbraio, giorno in cui l'esercito russo ha invaso l'Ucraina, Mark A. Milley - comandante delle forze armate americane - ha tentato inutilmente di mettersi in contatto con il generale Valery Gerasimov, il fedelissimo di Putin famoso per la sua 'dottrina' (unificare tattiche militari, tecnologiche, informative, diplomatiche, economiche, culturali per raggiungere l'obiettivo strategico della Madre Russia) con cui il Pentagono aveva negli anni tenuto un filo diretto. Stessa sorte, come scrive il Wp, è toccata al Segretario alla Difesa Lloyd Austin, che da un mese, nonostante diversi tentativi con canali ufficiali o sotterranei, ha ricevuto secchi niet da parte del ministro della Difesa russo Sergei Shoigu.

"I russi finora si sono rifiutati di parlare". Il Pentagono, rivela ai media il portavoce John Kirby, tiene aperto il deconfliction channel, il canale di comunicazione con Mosca creato a inizio marzo e gestito dal comando Usa in Europa. Canale importante, perché una comunicazione diretta e in tempo reale riduce i rischi e i possibili errori di calcolo tra forze russe e Nato, ma limitato finché non viene ristabilito il contatto tra i leader militari di più alto livello. L'unico che può evitare una pericolosa e inutile escalation.

James Stavridis, l'ammiraglio che ha guidato il comando della Nato dal 2009 al 2013 (e autore del best-seller '2034', fiction che immagina la Terza Guerra Mondiale) vede un pericolo reale: "C'è un alto rischio di escalation con la rottura dei contatti diretti tra i leader militari, perché militari molto giovani stanno volando sui caccia, guidando navi da guerra e conducendo operazioni di combattimento; non sono diplomatici esperti e le loro azioni possono essere fraintese. Dobbiamo evitare uno scenario in cui Nato e Russia entrano in guerra come sonnambuli perché i leader più anziani non possono prendere un telefono e spiegarsi a vicenda cosa sta succedendo".

Nel giorno in cui Biden è in Europa e Zelensky parla al vertice Nato, la Casa Bianca preme sugli alleati atlantici per avere una posizione univoca di fronte a una guerra che può durare ancora a lungo e ai rischi di un possibile coinvolgimento più o meno diretto nel conflitto. Se la posizione Usa su 'no-fly zone' e sul rifiuto di dare all'Ucraina i Mig polacchi o romeni ha messo d'accordo tutti, la risposta Nato nel caso il Cremlino usi armi chimiche è ancora in discussione.

L'Intelligence americana è convinta che dopo il lancio di missili ipersonici e l'uso di altre armi sofisticate, Putin sia pronto a usare armi chimiche e biologiche se l'avanzata russa continuasse ancora per giorni a essere bloccata dalla coraggiosa (e incredibile, considerati i rapporti di forza) resistenza ucraina. Il 'Tiger Team' - il gruppo di esperti militari e di Intelligence creato della Casa Bianca il 28 febbraio e che si unisce tre volte alla settimana - sta valutando gli scenari per rispondere a eventuali attacchi russi, che siano chimici, biologici o nucleari. Inoltre (secondo il New York Times) sta anche esaminando le risposte nel caso la Russia cercasse di estendere la guerra alle nazioni vicine (ad esempio Moldova e Georgia) e a come preparare i paesi europei ad affrontare la questione dei milioni di rifugiati.

Un mese fa, quando Putin ha lanciato la sua guerra d'aggressione, questi scenari sembravano solo teorici, oggi gli analisti Usa ritengono invece che la Russia possa realmente ricorrere alle armi più potenti del suo arsenale per uscire da una situazione di stallo militare che per Putin equivale a una sconfitta. All'interno dell'Alleanza Atlantica il punto più difficile su cui trovare un accordo è proprio quello della risposta da dare nel caso di attacco con armi chimiche o nucleari tattiche all'interno dell'Ucraina, quindi non entro i confini dei paesi Nato. La posizione americana è chiara: se nuvole chimiche o radioattive varcassero il confine la Nato dovrebbe considerarlo "un danno collaterale equivalente a un attacco" che potrebbe richiedere una immediata risposta militare.

Risposta che sarebbe certa nel caso Putin colpisse intenzionalmente un paese della Nato, ad esempio con un missile in Polonia. In questo caso, secondo gli scenari preparati dall'Intelligence Usa, le forze Nato (per via dell'articolo 5 dell'Alleanza Atlantica) sarebbero autorizzate ad entrare in Ucraina. Sono questi i motivi che hanno spinto il Pentagono a cercare un canale diretto ad altissimo livello, visto che quello di una telefonata Putin-Biden è completamente escluso dopo che il presidente Usa ha definito il dittatore russo "un criminale di guerra".

Per Ben Hodges, generale (oggi in pensione) che ha diretto (2014-2018) il comando dell'esercito Usa in Europa, l'intenzione del Pentagono era quella di "trasmettere a Gerasimov e Shoigu una precisa richiesta: che i piloti russi evitassero di lanciare missili troppo vicini al confine polacco". È quello che a Washington viene chiamato lo 'scenario da incubo'. Un missile russo o un caccia che distrugge un posto di comando americano oltre il confine polacco-ucraino "potrebbe portare a un'escalation rapida e irreversibile, fino a includere il potenziale uso di armi nucleari".