di ROBERTO ZANNI
Un esodo che nei libri non ha trovato mai molto spazio e ancora oggi è in gran parte sconosciuto. È la fuga degli ebrei dalla Spagna, risalente al 1500, per rifugiarsi in parte in Italia, dal nord al sud, diversi in Sicilia e che poi con il passare dei secoli ha visto i discendenti arrivare fino agli Stati Uniti, anche nella Pennsylvania occidentale. E di questo semisconosciuto capitolo di storia se n'è discusso a Monessen (circa 500 chilometri da Philadelphia) cittadina di poco meno di 8.000 abitanti che un tempo, prima della Seconda Guerra Mondiale, aveva una popolazione quasi tre volte superiore. Oggi però poco meno del 30%  dei residenti hanno radici italiane e dopo due anni di studi profondi è stato presentato un interessantissimo studio storico italo-ebraico: 'I am Italian, but I could be Jewish too'. Sono italiano, ma potrei anche essere giudeo. E il primo appuntamento, come hanno raccontato le pagine online di Trib Total Media, ha avuto relatori importanti per ribadire lo strettissimo legame tra ebrei, americani e italiani.
Organizzato da S. Fred Natale, la conferenza ha visto un collegamento con Rabbi Barbara Aiello, nativa proprio della Pennsylvania, Pittsburgh, radici italiane, la prima rabbina in Italia dove è tornata per stabilirsi in Calabria. E proprio Barbara Aiello ha spiegato come gli ebrei dalla Spagna arrivarono e si assimilarono alla popolazione italiana. Un racconto che ha anche svelato le origini ebraiche di tanti cognomi italiani: a cominciare proprio dal suo, poi Barone, Bruno, Costantino, Del Vecchio, Greco, Gentile, Leone, Marino, Pugliese, Renda, Russo, Rotoli, Spagnolo e Vitale. Un viaggio nella storia, anche personale quando si è trattato di Rabbi Aiello: infatti la sua famiglia scappò dall'Italia per trovare un rifugio sicuro a Pittsburgh. Lo studio presentato a Monessen, ha anche portato tanti numeri per spiegare alcuni degli esodi ai quali furono costrette le popolazioni ebraiche. Secondo U.S. Holocaust Memorial Museum gli ebrei sefarditi (così erano chiamati quelli della penisola iberica) scapparono dalla Spagna alla fine del XV secolo, mentre secoli dopo, nel 1933, la popolazione ebraica in Italia, una delle più antiche d'Europa, contava circa 50.000 persone, diventate 45.000 allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Di questi 8.500 furono deportati, 7.800 morirono. Uno dei momenti più particolari della presentazione di questo studio storico si è avuto quando Rabbi Aiello ha parlato del campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia, alle porte di Cosenza, il più grande dei 15 creati da Benito Mussolini nel 1940. Lì furono rinchiusi oltre 3.800 ebrei. Una storia, quella raccontata, che ha celebrato il coraggio dei soldati italiani che proteggevano i reclusi, ma anche delle popolazioni locali che li difesero dai nazisti. "Un momento - ha aggiunto Natale - che non può essere paragonato a quanto avvenne in tutta Europa con 6 milioni di ebrei uccisi dai nazisti, ma rappresenta un capitolo importante per tante famiglie. E sebbene gli ebrei italiani avessero subito persecuzioni sotto la dittatura di Mussolini, soffrirono di più quando il regime fu rovesciato e i tedeschi presero il controllo".  Un viaggio nella storia quello di Monessen, partito dalla Spagna, arrivato in Italia, poi gli Stati Uniti e quindi ancora una parentesi italiana. Avvenimenti che, per certi aspetti, sono stati paragonati a quanto sta succedendo ora in Europa. "Quello che capitava allora agli ebrei italiani non si fermava - ha concluso Natale - ed è applicabile a quanto capita in Ucraina con i rifugiati che hanno bisogno di cibo, alloggio, lavoro. Tutto questo è reale".