di Maurizio Guandalini
Perché stupirsi della posizione di Conte e dei 5 Stelle? Non sono lontane le elezioni politiche. Nei post quando Draghi fu eletto premier sostenevo che alle elezioni del 2023 il partito che abbracciava di più l’azione dell’ex capo della Bce, avrebbe vinto. Oggi quel postulato vale a metà. Per il bicchiere mezzo pieno. Perché l’altro mezzo è dove stanno le incognite. Determinate dal conflitto russo-ucraino. Prima di questo era un “Draghi-centrismo” perno di garanzia internazionale che aveva impalcato la pandemia e aveva incassato oltre 200 miliardi di euro da spendere. Già in questo programma, lotta al virus e Pnrr, c’erano molte fratture, il sistema sanitario lasciato a metà via, pochi cambiamenti e il recovery un grande punto di domanda con la mancanza di tecnici e personale capace di tradurre in progetti quella grande massa di denari. Inoltre c’era poca ciccia per i partiti, tutti meno la Meloni, in grado di fare una campagna elettorale che scaldasse gli animi su elementi programmatici di rilievo.
Il conflitto russo ucraino ha scaravoltato a estuario il panorama. L’Italia, con i partiti compatti dietro, ha preferito le sanzioni dure verso la Russia facendosi del male ogni misura mentre per gli italiani la preoccupazione più grande sono diventate le precarie finanze di casa (solo Renzi e Conte in pieno vulnus sanzionatorio hanno evidenziato il pericolo caos della nostra economia). L’Italia ha inviato armi all’Ucraina, mentre la maggioranza dei cittadini era contraria.
Il discrimine delle prossime elezioni è tutto interno a questi filari intrecciati tra loro. In primis l’economia. Su questo decideranno gli elettori nell’urna. La situazione generale è un vedo nero pesante. Bollette oversize. Problemi di approvvigionamento. A valanga sul resto. Mancanza di materie prime, e poi di grano, mais, concime. I contraccolpi dentro le famiglie  stanno crescendo a dismisura. Si calcola 4 milioni di famiglie in pesante difficoltà. Senza vedere la fine. Perché sarà una lunga via crucis. L’Europa, a ora, ha risposto con un pagherò a vista. L’acquisto comune di gas è poca roba rispetto a un tetto al prezzo d’acquisto che non avverrà mai perché si andrebbe a toccare il vantaggio competitivo tra stati (tra imprese) alla base della concorrenza. Gli Stati Uniti ci invieranno gas liquefatto comunque più caro di quello russo, più inquinante e che nell’immediato ci costringerà all’acquisto di due navi che funzioneranno da rigassificatori che in Italia ci stanno. Non è ben chiaro, poi come avverrà la gestione dei profughi e i costi che già pesano sulle casse dei comuni e la lotta tra poveri che si potrà innescare.
La situazione che si è determinata è frutto certo del conflitto ma pure di una reazione poco meditata. Alla quale l’Italia, consapevole che ne avrebbe pagato le conseguenze più di tutte le nazioni messe insieme, si è accodata senza ponderare le decisioni e le ripercussioni. Dare un’occhiata se c’erano reti di protezione per evitare di cadere in depressione economica. Preferendo rinfocolare un’escalation, anche dialettica, pericolosa con l’unico obiettivo di mandare in default la Russia. Tant’è. Il virtuosismo delle classi dirigenti odierne ha limiti grossolani ovunque. Come quella di stravolgere una struttura complessa e intrecciata della globalizzazione economica, senza piano B.
Alle prossime elezioni è inevitabile che i partiti, vedremo chi (tutti, ci sarà un’astensione senza precedenti), pagheranno il conto di una crisi che è destinata a ingrossarsi e che toccherà i ceti sociali che spendono. I partiti silenti dovevano avere la capacità di avanzare riserve quando sono state decise le sanzioni verso la Russia. Quello era il momento dei distinguo. Senza paura. Ora è troppo tardi per concentrarsi sul pacifismo tecnico dello 0,3 per cento in più o in meno destinato al riarmo o svendere un tenero aiuto in armi all’Ucraina come l’unica condizione per raggiungere la pace. I distinguo ritardati dei 5 Stelle sul riarmo al 2% s’insinuano in quella coalizione, il centrosinistra, che maggiormente è in ebollizione. All’interno del Pd, dietro alla granitica scelta della prima ora del segretario, oggi, vi sono posizioni contrapposte, Del Rio vs Marcucci, che raccolgono intorno a loro le sensibilità di un mondo cattolico che si riconosce negli altolà del Papa e di contro nelle posizioni tirate del Ministro della Difesa Guerini. Così è un po’ il restante arcipelago della sinistra-sinistra che sta leccandosi le ferite del giorno dopo.
Tutti i partiti saranno chiamati a rispondere alla domanda principe, era evitabile una crisi economica di questa portata? alla quale non potranno rispondere che non si poteva fare altrimenti.