Immagine d'archivio (Depositphotos)

di Cristofaro Sola

Mozione d'ordine per i media: facciamo che per qualche giorno venga interrotto il racconto non-stop della guerra in Ucraina, si dia un taglio alla narrazione del dramma ucraino combinato in tutte le salse della retorica e si passi a parlare della tragedia che ci riguarda da vicino e ci parla di povertà. Gli italiani questa guerra insensata non l'hanno voluta ma ne subiscono le conseguenze.

L'inflazione sale per il nono mese consecutivo. Secondo le stime preliminari dell'Istat, a marzo l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale (Nic) registra un aumento dell'1,2 per cento su base mensile e del 6,7 per cento su base tendenziale annua. Un tale livello di inflazione non si raggiungeva dal luglio 1991. Per Assoutenti si tratta di "Un massacro per le tasche dei consumatori".

Di chi la colpa? Non sono soltanto i prezzi dei beni energetici non regolamentati a schizzare in alto. C'è l'impennata dei prezzi degli alimentari freschi ad aggravare l'esborso per la spesa delle famiglie. L'Istat ha calcolato che a marzo l'inflazione, al netto dei soli beni energetici, passa dal +2,1 per cento del mese precedente al più +2,5 per cento. Assoutenti valuta che le famiglie italiane a parità di consumi subiranno una stangata pari a complessivi 42,3 miliardi di euro nell'anno in corso. D'accordo, c'è la guerra.

Ma c'è anche la speculazione e c'è l'incapacità della politica di assumere scelte dirompenti. Servirebbe una classe dirigente in grado di parlare il linguaggio della verità. Invece, grazie ai media al servizio permanente del sistema, siamo inondati da un mare di bugie e distratti dalla demagogia dei buoni sentimenti. Da quaranta giorni sentiamo ripetere che l'Occidente sta per travolgere l'orso russo; che la parabola politica del tiranno del Cremlino sta per concludersi grazie a un colpo di Stato; che la sorte dell'armata russa sul campo di battaglia è segnata; che l'economia russa è al collasso grazie alle sanzioni decise dagli alleati dell'Ucraina; che il rublo frana; che i titoli del debito pubblico russo sono declassati a spazzatura.

Invece, scopriamo che Vladimir Putin è saldamente al comando e gode di buona salute; che l'Ucraina è stata semidistrutta dai bombardamenti russi che proseguono senza sosta; che l'economia, nonostante le difficoltà del momento, non è crollata sotto l'effetto paralizzante dalle sanzioni, ma continua a girare; che il debito pubblico russo non è in default e le cedole in scadenza sono state regolarmente onorate; che il rublo non è precipitato, ma è tornato nello scambio con il dollaro ai livelli pre-crisi.

L'unica cosa vera riguardo alla nocività delle sanzioni è che stanno sì facendo male, ma più a noi che a loro. E "noi", sta per "gli italiani". Il quadro economico complessivo del nostro Paese è notevolmente peggiorato. La decisione di Putin di imporre ai Paesi ostili che il pagamento del petrolio acquistato venga effettuato in rubli e non più in dollari o in euro farà molto male all'interesse nazionale italiano. Lo comprende o no il Governo che se Mosca dovesse chiudere il rubinetto del gas, l'apparato industriale salterebbe in aria definitivamente? Secondo un'indagine di Arte, l'associazione che raggruppa i reseller e i trader di energia italiani, pubblicata ieri l'altro da Il Sole 24 ore, un cliente su sei oggi fatica a pagare le bollette di luce e gas. Sempre secondo la stessa fonte, in febbraio l'incremento medio dei distacchi di forniture per morosità rispetto allo scorso anno è stato del 36,50 per cento.

Da decenni, pur di non impegnarci in una realistica politica energetica, preferendo cercare le farfalle delle rinnovabili sotto l'Arco di Tito, ci siamo affidati alle forniture di gas provenienti dalla Russia e adesso ne paghiamo le conseguenze. E non sarà la promessa statunitense di venderci qualche miliardo di metri cubi del loro gas a salvarci. In primo luogo perché non sarà sufficiente a compensare le mancate forniture dalla Russia; in secondo luogo, il gas americano è più costoso; in terzo luogo, perché se pure ne ricevessimo in abbondanza dagli Stati Uniti non sapremmo come riportarlo dallo stato liquido a quello gassoso attesa l'insufficienza infrastrutturale dei rigassificatori. Siamo alla canna del gas ma con il rischio che il gas ce lo stacchino: una condizione fantozziana. Mario Draghi continua a dire che tutto va bene e che il fronte unito dell'Europa sta piegando l'arroganza del nemico.

Ma il premier crede davvero a ciò che dice? Ieri l'altro ha discusso al telefono per quasi un'ora con il leader moscovita sulla questione del pagamento del gas in rubli non cavandone un ragno dal buco. È da settimane che sta tentando di spuntare in sede comunitaria un'intesa per mettere un tetto al costo del gas senza riuscirvi. La proposta lanciata in sede Ue di uno stoccaggio comune della materia prima energetica? Smarrita sulla strada per Bruxelles. Ancora una volta i Paesi del Nord fanno muro rimandando al mittente le richieste di solidarietà. D'altro canto, insieme alla Germania, siamo i soli in Europa a dipendere tanto pesantemente dal gas russo, perché gli altri dovrebbero darci una mano? Per la favoletta che in Europa siamo una cosa sola? Una notizia: il tempo delle favole, come l'unità dell'Europa, non è mai esistito.

Ma li ascoltate gli industriali, gli agricoltori, gli allevatori, gli albergatori, e in generale il mondo produttivo, cosa dicono? L'aumento generalizzato, e incontrollato, dei costi di produzione li costringerà a fermarsi, se non l'hanno già fatto. Dopodiché, cosa ne sarà di noi? Reddito di cittadinanza per tutti? Verosimilmente, diventeremo dipendenti dall'import di beni di scarsa qualità che i Paesi dell'Estremo Oriente potranno produrre a minor costo grazie alla maggiore offerta di materia prima energetica resa disponibile dalla Russia a seguito della rottura commerciale con l'Europa.

Adesso è chiaro il perché le autorità cinesi abbiano intitolato il progetto della nuova via della seta Belt and Road Initiative. La traduzione autentica non è, come si penserebbe, "Una cintura, una via" bensì "un cappio al collo è la sola via che vi resta". Come scansare il burrone nel quale stiamo precipitando? Spiace per la sorte degli ucraini, ma dobbiamo pensare a come sottrarci all'immane tragedia che si staglia sul nostro orizzonte, prima che sia troppo tardi. Non prendiamoci in giro: l'unica via d'uscita è costringere i padroni del vapore europeo – Francia e Germania – ad affrontare Putin in un negoziato diretto che abbia all'ordine del giorno la normalizzazione dei rapporti tra le due aree strategiche dell'Ovest e dell'Est Europa, indipendentemente da ciò che accadrà in Ucraina. Ma vi sembra possibile che le speranze di pace noi europei le abbiamo appaltate alla mediazione di un tiranno del calibro di Recep Tayyip Erdoğan, il padrone della Turchia? Al punto in cui siamo, l'exit strategy è prendere le distanze da Kiev. Del resto, a noi occidentali fare la parte che nel Vangelo fu di Ponzio Pilato riesce benissimo.

Abbiamo voltato lo sguardo nel 2008, quando Mosca ha impartito una dura lezione alla Georgia prendendosi le repubbliche dell'Ossezia del Sud e Abcasia. L'abbiamo voltata nuovamente con la Moldavia quando, al termine di una guerra interna cominciata nel 1992, il 18 marzo 2014 la Transnistria, formalmente parte del territorio moldavo, ha chiesto l'adesione alla Federazione Russa. E abbiamo finto di non vedere quando, nel 2015, in Siria la Russia ha colpito con attacchi aerei e missilistici tutti i nemici del presidente Bashar al-Asad.

Anche con l'annessione della Crimea non è che la protesta sia stata irresistibile. D'altro canto, non dovremmo dolercene troppo, visto che da occidentali abbiamo fatto l'identica cosa con il Kosovo, strappato nel 1999 alla Serbia a suon di bombardamenti aerei. La strategia di Putin in Ucraina mira all'occupazione della regione del Donbass e della costa meridionale dell'Ucraina che dà sul Mar Nero e sul Mar d'Azov.

Putin le occuperà comunque creando uno stato di fatto difficilmente reversibile. Prendiamone atto e torniamo rapidamente alla normalità nei rapporti con Mosca. In alternativa, non c'è la pace ma la Terza guerra mondiale. Probabilmente l'ultima. Se poi è questo che si vuole, che il mondo come lo conosciamo venga cancellato e solo a pochi eletti sia concesso il privilegio di rifondarlo, i governanti lo dicano chiaramente perché siano i popoli a decidere delle loro sorti. E nessun altro.