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di Massimo Teodori

Un recente sondaggio dell'ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale) indica che sei italiani su dieci individuano nel presidente russo Putin il responsabile della guerra in Ucraina, ma che un altro 22% ritiene che il principale indiziato della guerra sia la NATO (17%) e il presidente Zelensky (5%).

Quest'ultima porzione della popolazione italiana merita qualche riflessione. È sì vero che i talk-show televisivi, alla disperata ricerca di audience, sono imbottiti ogni sera di pseudo-opinionisti, strillatori di professione, e variopinti narcisisti pronti a straparlare per rafforzare le pulsioni antiamericane. Ma l'offesa quotidiana alla realtà con motivazioni che non hanno nulla di storico ha un'origine lontana.

La sinistra italiana non-democratica ha sempre coltivato l'antiamericanismo in ossequio sia all'allineamento internazionale con il movimento comunista e l'Unione sovietica fino al 1989, sia alla diffidenza verso il capitalismo (sempre accoppiato con l'imperialismo), le libertà individuali e la liberal-democrazia. La preferenza verso una società organica piuttosto che pluralistica trovò, a suo tempo, espressione nel compromesso storico.

Ma in Italia un filone altrettanto robusto di anti-americanismo ha tratto origine dal mondo cattolico. La Chiesa romana è stata sempre ostile verso i caratteri della società americana tanto che, nel 1949 accettò l'Alleanza atlantica solo come un male minore. Molti esponenti dell'attuale Partito democratico provengono dalla corrente con capostipiti Giuseppe Dossetti e Giovanni Gronchi, che oggi è assai attenta al significato politico oltre che religioso del monito etico di Francesco.

Del resto non è estraneo al ribollente flusso anti-NATO la storia della destra nella sua versione più radicale che in passato vide tendenze presenti nel MSI e in gruppi come "Terza posizione" e "Ordine nuovo" ora riecheggiati da "Forza Pound".

La fine della Guerra fredda e la nascita della cosiddetta "seconda Repubblica" hanno rimescolate le carte politiche, ma non gli allineamenti internazionali. Fino al 1992, l'antiamericanismo aveva una ragione ideologica che poggiava sulle antiche credenze politiche. Negli ultimi trent'anni gli allineamenti sembrano essere profondamente cambiati ma in realtà sono rimasti i medesimi.

Il populismo e sovranismo con simpatie per l'uomo forte (Putin, Orban, Trump) che detesta le complessità e articolazioni necessarie all'assetto liberale hanno conquistato gli antichi "partigiani della pace" (vedi Anpi!), i pacifisti che volevano per l'Italia un assetto "neutrale" come gli esponenti della sinistra DC e del socialismo frontista e, insieme a loro, i tradizionalisti religiosi che impugnano in Europa (come nell'America di Bannon) la spada moralista anti-LGBT non per gli aspetti faziosi ma per quelli tolleranti della società aperta.

Questo conglomerato di destra, sinistra e clerico-tradizionalismo attrae in questi giorni anche più di un quarto/un quinto degli italiani. È quello che in buona parte – molte volte motivato da semplice protesta contro l'Occidente benestante – ha rimpolpato il Movimento Cinque Stelle oltre che alcuni settori della Lega che, congiuntamente, sono esplosi nelle elezioni del 2018.

Oggi, forse non è più così in termini elettorali. Ma la pulsione anti-Nato, il perenne sospetto del complotto americano, la simpatia palese o nascosta per Putin che ha permesso all'inizio del Covid una missione della Russia che non era difficile individuare come "operazione molto speciale", danno la misura di quanto sia difficile il percorso della solidarietà democratica e occidentale.