Gente d'Italia

28 aprile 1945, ammazzato Benito Mussolini

 

Il 28 aprile 1945, intorno alle 16 del pomeriggio, Benito Mussolini e la sua amante Claretta Petacci furono uccisi con una serie di colpi di mitra e di pistola esplosi da parte di un commando partigiano di cui facevano sicuramente parte Walter Audisio “Colonnello Valerio”, Aldo Lampredi “Guido” e Michele Moretti “Pietro”. L’episodio avvenne a Giulino di Mezzegra, vicino a Menaggio sul lago di Como, davanti a un cancello ancora oggi conservato come era settant’anni fa. Nel pomeriggio del 25 aprile, con la mediazione del cardinale-arcivescovo di Milano Schuster, si svolse un incontro decisivo tra la delegazione fascista composta da Mussolini, il sottosegretario Barracu, i ministri Zerbino e Graziani e una delegazione del CLN composta dal generale Cadorna, dall’avvocato democratico-cristiano Marazza, dal rappresentante del Partito d’Azione Riccardo Lombardi e dal liberale Giustino Arpesani. Sandro Pertini arrivò in ritardo a riunione conclusa. A Milano era in corso lo sciopero generale e l’insurrezione generale era imminente. Mussolini ricevette dai suoi interlocutori la proposta di resa incondizionata. Vennero offerte garanzie per i fascisti e per i loro familiari. In serata, i capi della Resistenza, dopo aver atteso invano una risposta, diedero l’ordine dell’insurrezione generale. Verso le ore 20 Mussolini lasciò Milano e partì in direzione di Como, da cui andò via il 27.

Negli anni sono state formulate molte versioni, anche piuttosto fantasiose, sullo svolgimento e sui mandanti dell’esecuzione. Una di queste ipotesi è quella che uno o più agenti segreti inglesi fossero stati incaricati di uccidere Mussolini e recuperare un ipotetico carteggio intercorso tra il Duce e il Primo Ministro inglese Winston Churchill. Una tesi questa che non ha mai del tutto convinto gli storici e che ha trovato molti oppositori come Mimmo Franzinelli. È ormai comunemente accettato il fatto che Mussolini sia stato fucilato da un commando guidato dal colonnello Valerio (Audisio), ma probabilmente non si saprà mai come effettivamente si sia svolta l’esecuzione. È molto probabile che i tre membri, ufficiali, del commando partigiano abbiano sparato ma, tra mitra inceppati e la necessità di addossare i meriti e gli oneri dell’operazione al colonnello Valerio, l’unico che disponeva di un mandato a operare da parte del Comitato Nazionale di Liberazione Alta Italia CNLAI, i dubbi su chi abbia sparato per primo e su chi abbia effettivamente ucciso il Duce e la sua amante resteranno per sempre irrisolti.

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