di Matteo Forciniti

La cotoletta è uno dei piatti italiani più amati in Uruguay e Argentina dove si conosce semplicemente come milanesa oppure milanga nel gergo lunfardo meno utilizzato. Nata sui social a partire dal 2012, ogni 3 maggio si celebra informalmente il Día de la Milanesa proprio per rendere omaggio a uno dei simboli della tradizione gastronomica rioplatense che affonda le sue radici negli emigrati italiani che giunsero in questo angolo del mondo nei secoli scorsi. Già nel 1880 nel libro "Almanaque de la Cocinera Argentina" compariva una ricetta della milanesa.

In realtà le origini di questo piatto popolarissimo in entrambi i continenti risalgono addirittura al Medioevo: la storia narra che il 17 settembre del 1134 nella Basilica di Sant'Ambrogio a Milano venne offerto un banchetto a base di diversi piatti tra cui uno chiamato "lombolos cum panitio" a indicare una fetta di carne con pan grattato. Il nome cotoletta compare per la prima volta nel 1814 in un dizionario milanese-italiano per indicare un termine francese tradotto come costoletta. Rifacendosi al documento del 1134, il Comune di Milano nel 2008 ha conferito alla cotoletta alla milanese il titolo di patrimonio ufficiale della città in contrapposizione alla teoria austriaca che vede nel Wiener Schnitzel l'origine di questa preparazione.

Ma al di là della disputa storica sul luogo esatto di origine è certo che oggi nel Rio della Plata questo piatto ha conquistato un enorme successo pur presentando delle leggere modifiche rispetto alla ricetta tradizionale che consiste in una fetta di lombata di vitello con l'osso, impanata e fritta nel burro. In Uruguay e Argentina si utilizza un taglio di carne diverso senza osso: vista l'ottima carne a disposizione da queste parti, la milanesa rappresenta senz'altro un'eccellente imitazione del piatto originale.

Ciò che invece si può assolutamente considerare come un'invenzione locale è la cosiddetta Milanesa Napolitana, una contraddizione già nel nome che unisce Milano e Napoli in una cotoletta ricoperta con sugo e formaggio in abbondanza. L'aggettivo "napolitana" è dovuto come in altri casi proprio alla presenza di salsa di pomodoro abbinata al formaggio. La leggenda racconta che questa variante sia nata -come spesso accade in cucina- per errore negli anni cinquanta in un'osteria di Buenos Aires il cui proprietario si chiamava José Nápoli: per rimediare alla bruciatura della cotoletta venne messo sopra della salsa e del formaggio come se si trattasse di una pizza. Ovviamente un piatto del genere in Italia è introvabile nonostante l'incredulità dei turisti sudamericani. L'unica che potrebbe in qualche modo avvicinarsi all'invenzione porteña è la Cotoletta alla bolognese; in questa versione sopra la cotoletta troviamo prosciutto e parmigiano reggiano insieme a una salsa con brodo di carne.

 

Tra Montevideo e Buenos Aires la milanesa può essere accompagnata in tantissimi modi: "al pan" come un panino condito insieme ad altri ingredienti oppure servita in un piatto con patatine fritte, insalata e poi ancora "a caballo" con un uovo fritto messo sopra. Secondo una ricerca realizzata nel 2018 da PedidosYa, catena di cibo a domicilio, in Uruguay si preferisce mangiarla con un panino: tale modalità rappresenta la prima scelta per i consumatori con il 43% delle preferenze seguita dalla napolitana con il 31%, poi la versione classica (13%) e quella di pollo (3%). Tra le opzioni meno diffuse abbiamo la ripiena di prosciutto e formaggio e poi quella "a caballo" che conquistano il 2% e, infine, quella con il formaggio Cheddar e la pancetta all'1%.

"La milanesa è un piatto tipico casalingo, ne esistono milioni di versioni. Ognuno ha la sua ricetta, la sua verità" spiega Pietro Sorba, giornalista enogastronomico genovese residente in Argentina e autore del libro "Santa empanada". "Ognuno va alla costante ricerca del sapore che ha imparato a conoscere a casa. Un sapore, questo, che si ripete in modo permanente e resta registrato nel nostro palato. Essendo spesso cucinata fritta, la milanesa scatena diverse reazioni chimiche nel nostro cervello con l'unica conseguenza che praticamente non riusciamo a smettere di mangiarla".