di James Hansen

Spesso si attribuiscono ai Capi di Stato che non ci piacciono malattie o disfunzioni mentali che inficiano la loro capacità di esercitare il potere che detengono. Al momento, metà del mondo considera Vladimir Putin un ‘pazzo’, mentre l’altra metà pensa che il Presidente americano Joe Biden sia ‘senile’.

Hitler, Stalin, Saddam Hussein, il serbo Slobodan Milosevic, Robert Mugabe, come anche Idi Amin dell’Uganda, furono tutti considerati—spesso per buoni motivi—dei pazzi omicidi. Siccome i grandi leader sono comunemente anche bersagli di feroci campagne propagandistiche, è difficile sapere dove stia—lì per lì almeno—la verità. È però un dato di fatto che, visto col senno di poi ‘storico’, ci sia stato spesso un fondo di verità nei sospetti, malgrado gli sforzi spesi per sopprimere i dubbi.

Fino a che punto può la consapevolezza della sua prossima morte avere condizionato lo Scià, Reza Pahlavi, nella gestione dell’Iran che portò poi alla rivoluzione khomeinista e la nascita nel 1979 dell’attuale ‘Repubblica Islamica’? Malgrado l’aspetto pubblico di grande vitalità, lo Scià soffriva da tempo di una leucemia incurabile diagnosticata fin dal 1974. La malattia lo uccise finalmente poco dopo la rivoluzione, nel 1980, in una clinica del Cairo.

Anthony Eden fu il Primo Ministro britannico a cui toccò la paternità del più grande disastro di politica estera della storia inglese: la ‘Crisi di Suez’ del 1956 che, a giudizio di molti, segnò effettivamente la fine dell’Impero britannico. Eden all’epoca era regolarmente imbottito—fin sopra i capelli si potrebbe dire— di anfetamine. A un suo consigliere confidò: “Praticamente, vivo di benzedrina”. Il farmaco lo aiutava a tirare avanti malgrado una debilitante infiammazione del dotto biliare ma, scrive un commentatore, “durante il periodo la macchina di governo democratico cessò praticamente di esistere”.

Anche John Kennedy aveva seri problemi con le anfetamine—prescritte in dosi pesantissime da un medico compiacente—che prendeva per resistere agli effetti della ‘malattia di Addison’ di cui era affetto: una patologica insufficienza surrenale, causa di debolezza cronica e affaticamento. Per fortuna, JFK resse meglio di Eden alla propria grande crisi, quella dei missili nucleari sovietici a Cuba nell’ottobre 1962.

Un altro Presidente americano la cui condizione di salute venne attentamente nascosta al pubblico fu Woodrow Wilson, colpito da un ictus cerebrale nel 1919 che causò—tra gli altri sintomi allarmanti—la completa paralisi del lato sinistro del corpo e un impedimento al parlare. Rimase comunque alla presidenza fino al 1921 e fu perlopiù la moglie ad agire al posto suo—al punto che gli storici la descrivono ora come “l’unica presidentessa americana”.

I casi di leader importanti incapaci fisicamente o mentalmente di governare non sono rari. I Capi di Stato sono spesso abbastanza anziani quando arrivano al potere, a volte dopo vite già logoranti. Forse il punto essenziale è che anche loro sono degli esseri umani come chiunque altro, e con gli stessi difetti. La differenza sta nel fatto che hanno ogni interesse—e posseggono gli strumenti e i poteri per farlo—a nascondere la verità sulle proprie debolezze fino a quando non è, in una maniera o l’altra, ‘troppo tardi’.