di Juan Raso


Ho ripreso a viaggiare, ma con cautela. E il primo passo é stato verso Buenos Aires, che continua tra mille problemi, ad essere una cittá affascinante. Una visita al Centro Cultural Kirchner mi ha ricollegato con uno dei musicisti che piú amo: Astor Piazzolla, di cui si continua a celebrare nel grande complesso culturale argentino il centenario della nascita avvenuta a Mar del Plata l’11 marzo 1921. Vi sono molti modi per ricordare l’artista e scelgo qui i vincoli che lo hanno unito al nostro paese.

Diciamo in primo luogo che Astor Piazzolla nacque da genitori di origine italiana: il padre, Vicente Piazzolla (chiamato "Nonino" dai figli di Astor), era figlio di Pantaleone, un pescatore nativo di Trani in Puglia, che emigrò in Argentina dopo il naufragio della sua imbarcazione; la madre, Asunta Manetti (Assunta), era invece nativa di Massa Sassorosso, frazione di Villa Collemandina, in provincia di Lucca. Ed è proprio nel piccolo borgo lucchese, che è stato organizzato il Museo Piazzolla: è un museo all’aria aperta che riunisce oggetti e foto del grande Maestro, la cui opera combina tango, jazz e musica classica. 

Ma la connessione tra l’Italia e Piazzolla non si ferma qui. Il nostro paese fu il vero trampolino che lancio del grande Astor in Europa e nel mondo. Infatti, Piazzolla nel 1973 soffrì un infarto forse per lo stress, le troppe sigarette e la vita di artista disordinato, ma anche perché era molto deluso del fatto che in Argentina la sua musica non era compresa dagli amanti del tango. Decise allora di lasciare il suo paese e cercare in Italia quella pace, che non trovava a Buenos Aires. Si trasferì a Roma, dove aveva avuto in passato contatti con molti artisti famosi e fu proprio in questa cittá che compose e incise uno dei suoi tanghi piú noti: “Libertango”. L’Italia fue anche un momento di crescita nella vita dell’artista, che compose e incise nel nostro paese diverse partiture molto note come la “Suite Troileana” (un emotivo omaggio a Anibal Troilo, deceduto nel 1975); “Oblivion” che avrebbe fatto parte della colonna sonora del film “Enrico IV” di Marco Bellocchio e “Reunión Cumbre”, musica composta per il grande sassofonista e arrangiatore Gerry Mulligan. 

A partire dal suo soggiorno romano, inizierá il fenomeno dell' esportazione del suo tango nel mondo, musica che come poche era espressione della modernitá dei tempi. Ma un secondo fenomeno accompagnerà la sua presenza italiana e sarà proprio la creazione nel nostro paese di gruppi musicali, che fino ad oggi celebrano la musica del grande compositore e “bandoneonista”. Sono proprio grandi musicisti italiani che scoprono l’arte di questo straordinario strumento - il bandoneón - discendente dall’antico organetto che accompagna con la sua musica le antiche processioni. Appaiono figure come i bandoneonisti Massimiliano Pitocco,  Marco Gemelli  o anche il contrabbassista Roberto Pomili. Vi sono poi musicisti come Hugo Aisemberg, que argentino di nascita, si trasferí in Italia negli anni ’70 e per trent’anni insegnó musica nel Conservatorio G. Rossini di Pesaro. Aisemberg, che conobbi alcuni anni fa a Montevideo, costituì nel 1987 il Gruppo Strumentale Novitango, fondamentale per la diffusione del tango in Europa e fondò l'Associazione Culturale Astor Piazzolla, con sede a Ferrara.

Tanti ricordi e tante riflessioni nascono dalla musica di questo grande musicista argentino, che nei suoi primi concerti europei cosí si presentava: “Nací en Argentina, me crié en New York y mis padres son de Trani, Italia”.

Di tante foto, registrazioni e documenti che espone il Centro Cultural Kirchner, mi é rimasta specialmente impressa la frase del cantautore argentino prematuramente scomparso Luis Alberto Spinetta, che appare in una sala dell’esposizione: “A través de la música de Piazzolla, se ven los aviones que aterrizan, los edificios, el tráfico, los autos, Eso es Piazzolla, es el futuro, la ciudad que crece; no es el tipo ahí llorando porque la mina lo abandonó”.