di Ludovico Manzoni

 

Seconda tappa della missione del Partito Democratico in America Latina, con il vicesegretario Provenzano, il Senatore Fabio Porta ed Eugenio Marino. Lasciamo il caldo tropicale di San Paolo (peggiorato dal fatto che Provenzano, forse per boicottare Putin, continua a far spegnere l’aria condizionata) per dirigerci in Argentina, a Buenos Aires.

La politica argentina è caratterizzata dalla complessità e dalle divisioni, la principale divisione si esprime tra i peronisti (che si riconoscono nell’azione politica di Juan Domingo Peron e di Evita) e gli antiperonisti, ma le differenze sono difficili da comprendere.

“Volete capire il peronismo? Se ci riuscite poi spiegatelo anche a noi” questo ci hanno detto vari alti dirigenti del movimento peronista, per rispondere alle nostre domande. E in effetti il peronismo, per quanto trasversale e centrale nella vita politica argentina, resta ammantato da un velo di inconoscibilità: alcuni punti centrali sono l’attenzione alle classi più deboli, la vicinanza al movimento sindacale e ai diritti dei lavoratori, la volontà di indipendenza dalle ingerenze e dai monopoli stranieri e l’affermazione dell’autonomia dell’Argentina, anche attraverso la costruzione di un’industria nazionale. Dentro questi ampli principi ci sono differenze di applicazione enorme, in passato ci sono stati peronisti di destra e di sinistra (in forte conflitto tra loro, a volte anche armato), peronisti neoliberisti e peronisti keynesiani. Queste contraddizioni e conflitti, insieme alla reazione ad essi e ai colpi di stato che si sono susseguiti hanno dominato gli ultimi 75 anni della politica argentina. Oggi le contraddizioni continuano: la prima divisione nel movimento peronista, che dal 2019 è tornato a governare l’Argentina è quello tra peronisti progressisti e conservatori. Abbiamo incontrato vari leader dell’area progressista tra cui Cecilia Nicolini, segretaria di stato per lo sviluppo sostenibile e la lotta al cambiamento climatico, Luis Fernando Navarro Segretario per le relazioni istituzionali del Governo argentino, Alejandro Sehtman, capo di gabinetto del Ministero dell’Industria. Parlando con loro subito si nota un’ulteriore divisione importante, quella tra i peronisti kirchneristi (che si riconoscono negli ex Presidenti Nestor e Cristina Kirchner e oggi anche in loro figlio Maximo) e gli anti kirchneristi. Dopo la morte di Nestor Kirchner nel 200x, apprezzato Presidente progressista, sua moglie Cristina ha ereditato la leadership dell’area politica, venendo eletta a sua volta Presidente. Oggi resta una figura potente (nel 2019 è stata eletta Vicepresidente dell’Argentina, in sostegno ad Alberto Fernandez, suo storico rivale all’interno del movimento peronista) ma divisiva, accusata di clientelismo e assistenzialismo per mantenere la sua rete di supporto.

Questa rivalità tra Alberto e Cristina, si nota immediatamente entrando negli uffici governativi, alcuni espongono come ritratto ufficiale quello del Presidente Fernandez, mentre altri quello di Fernandez e Kirchner insieme.

Alcuni argentini per spiegare queste contraddizioni interne al peronismo tracciano un parallelo con la Democrazia Cristiana che, con il collante della fede cattolica manteneva al suo interno un amplio spettro di posizioni politiche, la stessa adesione fideistica loro ce l’avrebbero verso la figura di Peron ma anche questo spiegazione risulta incompleta. Parlando con i dirigenti del Movimento Evita ci hanno spiegato che nel peronismo c’è sì un riconoscimento quasi messianico del loro leader storico, ma per i progressisti questa figura è Evita, mentre per i conservatori è Peron.

Anche uscendo dall’area peronista le contraddizioni non mancano: abbiamo incontrato la dirigenza e i parlamentari dell’Unión Cívica Radical (UCR) principale partito di opposizione, che si considera di centrosinistra, ma è disposto ad un accordo con i liberali e i conservatori di Mauricio Macrì, pur di sconfiggere il peronismo. Anche i Socialisti, guidati da Monica Fein, ci hanno spiegato che restano contrari ai peronisti, ma vorrebbero trovare un’altra via, che non preveda un accordo con i conservatori.

È interessante notare che, approfondendo le divisioni tra interlocutori diversi, muovano verso gli altri le stesse accuse: gli antiperonisti accusano i peronisti di non essere veramente progressisti, di non tenere fede alle loro promesse e di avere più a cuore il potere che gli interessi dell’Argentina. Da parte dei peronisti le accuse sono speculari: ritengono di essere loro gli unici progressisti, che l’opposizione sia disposta ad accordarsi con la destra pur di provare a governare e che aderisca ai valori progressisti solo formalmente.

A beneficiare di queste divisioni è l’estrema destra, che sta avendo una forte crescita, arrivando al 22% nei sondaggi.

Intanto l’Argentina attraversa, come spesso succede nella sua storia recente, un momento economico complicato: l’Inflazione raggiunge picchi del 60%, il paese è a rischio bancarotta, e ha trattato un complesso accordo con il Fondo Monetario Internazionale per un prestito di 40 miliardi di dollari, necessario ad evitare l’ennesimo default.

Anche a Buenos Aires c’è una forte e radicata comunità italiana, infatti l’Argentina è il paese straniero con più italiani nel mondo. Qui abbiamo partecipato all’intitolazione del circolo del Partito Democratico attivo nella città a David Sassoli.

Abbiamo partecipato anche ad una visita ufficiale all’ESMA una ex caserma della Marina militare che durante la dittatura era il principale centro di detenzione e tortura dei dissidenti, da qui sono passati migliaia di “desaparecidos”, prima di essere trasportati sui voli della morte.

L’ESMA è diventato ora un Museo e un centro per la promozione e la difesa dei diritti umani, sorto per non solo per ricordare quella stagione di violenza sistematica dei diritti e della dignità umana, ma per reagire ai tentativi di rimozione della memoria di quell’orrore.

Per concludere questa tappa argentina, prima della partenza per il Cile, fortunatamente c’è stato tempo per assaggiare un po’ di carne e vini locali e visitare la Boca.