di MATTEO FORCINITI

La Famèe Furlane di Montevideo è tornata alle attività in presenza e ha deciso di farlo in grande: venerdì è stata inaugurata una mostra su Pier Paolo Pasolini in occasione del centenario della nascita di uno dei più grandi intellettuali italiani fortemente legato al Friuli.

Curata da Atilio Deana e Samanta Dell’Acqua, la mostra si avvale della collaborazione del Centro Studi Pier Paolo Pasolini Casarsa della Delizia e ospita all’interno della Casa degli Italiani una serie di immagini e di testi che racchiudono gli aspetti principali della vita e delle opere dell’artista accompagnate anche dai ricordi sulla storia di questa associazione in procinto di raggiungere gli ottant’anni di presenza in Uruguay. L’attività è accompagnata anche da un pranzo, dalla proiezione di alcuni video e soprattutto da una serie di conferenze della professoressa argentina Samanta Dell’Acqua dove si affrontano molteplici aspetti sulla figura di questa illustre personalità della cultura.

“Con grande soddisfazione oggi torniamo alle attività in presenza dopo due anni di pandemia che sono stati molto difficili per tutti”. Così ha esordito dal palco il presidente della Famèe Bernardo Zannier in apertura dell’esposizione venerdì sera. “Pier Paolo Pasolini è stato un personaggio molto complesso ma al di là dei contrasti politici oggi merita senz’altro di essere omaggiato per il suo straordinario valore culturale che va oltre il cinema: è una figura in grado di unire tutta la collettività italiana” ha affermato Zannier soffermandosi poi con il rapporto molto stretto con le origini: “Anche se nacque a Bologna nel 1922, tutti sanno che il rapporto tra Pasolini e il Friuli fu sempre molto stretto grazie alla famiglia materna. Questo senso di appartenenza molto particolare lo conosciamo bene anche noi italiani all’estero: spesso le radici e le origini non sono nel luogo dove si nasce ma vengono dal ventre materno, dalla storia familiare che riesce a trasmettersi e a perdurare nel corso del tempo”.

“Iniziai a studiare per la prima volta Pasolini in un corso universitario dedicato alla poesia nelle lingue minoritarie e da allora non mi sono più fermata”. Questo il ricordo personale della professoressa Samanta Dell’Acqua -ricercatrice sull’opera di Pasolini da più di 25 anni- che ha aperto la prima delle quattro conferenze dedicate all’argomento. “Sono nata in una famiglia friulana emigrata in Argentina che ha mantenuto la lingua ma solo nella tradizione orale. Pasolini è il simbolo della lingua friulana perché per la prima volta ha dato una forma scritta in un linguaggio popolare e contadino a una lingua che prima era solo accademica. Anche nel mio caso personale, scoprire queste poesie mi ha aperto la possibilità di imparare una lingua scritta che le mie zie non conoscevano” ha raccontato la professoressa con qualche lacrima di emozione.

“Pasolini” -ha proseguito- “è stato un intellettuale scomodissimo e per questo è stato ucciso. Le sue analisi oggi sono più che mai valide, penso al suo pensiero sulla società di consumo, oppure la critica ai mass media ma non solo. Se lo potessimo definire con una sola parola, questa sarebbe scomodo: lui è stato scomodo durante tutta la sua vita con la denuncia costante e la polemica”.

Ma oltre a questi aspetti un’altra grande eredità “è stata la valorizzazione delle lingue locali di fronte al processo di omologazione e la riscoperta delle culture primitive nel senso di non contaminate. Proprio per questo in lui è stato molto forte il rapporto con il territorio e l’importanza dell’uso politico della lingua friulana dato che il Friuli in lui ha avuto un ruolo fondamentale nel processo di formazione”. “Con questa mostra che si chiuderà giovedì sera” -ha concluso la professoressa argentina- “vogliamo avvicinare la collettività italiana a questa figura mostrando anche i lati poco conosciuti di un artista completo che è stato, tra le altre cose, poeta, maestro, pittore e regista”.