Tecnicamente tutti i vini possono essere definiti vegani, ma nel vino ci potrebbero essere uova, latticini e persino membrane di animali e dunque inadatti al consumo da parte di chi sposa una filosofia super animalista. Ciò accade perché nelle fasi di vinificazione vengono spesso impiegati prodotti di origine animale. Nelle operazioni di chiarifica, per esempio, per eliminare le impurità e le particelle in sospensione nel vino, si utilizzano coadiuvanti come albumina, caseina, gelatina o colla di pesce.Per chi segue il veganesimo - o anche solo per scelta etica - è importante avere un’alternativa, con etichette che identifichino vini in cui si certifichi l’assenza di sostanze animali sia nella fase del processo di preparazione, trattamento o immissione sul mercato.Nella concimazione, per esempio, anziché l’utilizzo di letame o altri concimi è ammesso il sovescio, ovvero l’impianto nei filari di piante leguminose che rilasciano azoto, un fertilizzante vegetale. Nelle operazioni di chiarifica si prediligono polvere di alghe, bentonite, argilla o altre farine minerali, mentre in fase di imbottigliamento è vietato l’uso della cera d’api contenuta in certi tappi di sughero. Infine, per l’etichettatura è escluso l’utilizzo di colla animale. Come capire se un vino è davvero vegano? Guardando l’etichetta. Ci sono marchi VEGAN, a pagamento, con cui l’azienda autocertifica sotto la propria responsabilità che quel marchio dice il vero e si impegna a mantenere gli standard legati al marchio. E poi c’è una certificazione, un attestato “Qualità Vegetariana”, riconosciuto e promosso dall'Associazione Vegetariana Italiana, la quale affida ad aziende terze (CSQA) i controlli presso le aziende produttrici per essere all'altezza delle normative europee. In questo caso chi certifica e chi produce non è lo stesso soggetto e la certificazione vegan, in etichetta, offre al consumatore una garanzia ulteriore rispetto al solo marchio vegan.