Foto di repertorio (@NewAfrica - Depositphotos)

Franco Esposito

Parte dalla Toscana la rivolta contro i buoni pasto. Allo sciopero aderisce la quasi totalità degli operatori. Ventimila tra bar e ristoranti dicono no all'accettazione di quello che viene ritenuto uno strumento a beneficio dei lavoratori. Permette ai dipendenti di ridurre i costi anche se non hanno a disposizione la mensa. Il buono pasto è un mezzo di pagamento predeterminato. Può essere utilizzato per acquistare un pasto o prodotti alimentari. 

I buoni pasti sono utilizzati dai lavoratori dipendenti o parasubordinati del settore pubblico e privato che ricevono i tagliandi come un servizio alternativo alla mensa. Possono essere spesi solo in pubblici esercizi come bar, ristoranti da asporto e nelle gastronomie di supermercati convenzionati. 

“Diciamo noi ai ticket per salvare la qualità del cibo”, annunciano alcuni tiolari di ristoranti. Molti hanno effettuato una scelta di trasparenza “per tutelare la clientela”. L'oggetto vero della clamorosa vasta protesta è rappresentaro dalle commissioni. “Purtroppo sono aumentate in modo smisurato in pochi anni. Fino a pochi anni erano circa l'otto per cento sui ticket cartacei, poi sono arrivati quelli digitali e da lì è cambiato tutto”. 

Tutto cosa? Intanto dieci centesimi di commissione istantanea, un tasso che è salito fino a quasi il quindici per cento e un canone per il pasto che viene dato ai gestori dei vari sercizi. “Così la situazione è diventata insostenibile davvero”. Gli esercenti ora preferiscono non accettare i buoni pasto, evitando di abbassare la qualità dei prodotti, senza intaccare il servizio”: una scelta di trasparenza. 

Ristoranti e bar aderiranno allo sciopero dei buoni pasto mercoledì 15 giugno. Questa forma di pagamento non sarà  accettata nel corso dell'intera giornata. Promossa da Fipe Confcommercio, la mobilitazione generale coinvolgerà anche le imprese della distribuzione commerciale, dai piccoli esercizi di vicinato fino a supermercati e ipermercati della distribuzione organizzata. Alla protesta aderiscono Conad, Coop Confesercenti, Federdistribuzione, Fida e Anad. 

Il manifesto esposto da pubblici esercixi e supermercati recita questo: “Per ogni buono da 8 euro ne incassiamo poco più di 6. Con questa giornata di sospensione vogliamo sensibilizzare i consumatori sulla gravissima difficoltà che le nostre imprese vivono a causa delle elevate commissioni che dobbiamo pagare sui buoni pasto”. 

Fipe Confcommercio parla di “una tassa occulta che supera anche il venti per cento del valore del buono”. Si arriverebbe nel tempo a queste conseguenze: sempre meno aziende saranno disposte ad accettare i buoni pasto. “Anche perchè dobbiamo già sopportare l'aumento spropositato dei costi energetici e delle materie prime”. 

Un po' tutti – esercenti e  grande distribuzione – invocano la necessità di una riforma “che renda il sistema sostenibile anche per le nostre imprese, che in fin dei conti sono quelle che forniscono il servizio ai lavoratori”. La riforma deve avere carattere di estrema urgenza, in modo tale che la prossima gara Consip da 1,2 miliardi di euro non venga aggiudicata “con gli sconti delle precedenti, saremmo sempre noi a pagarli”. 

Consumatori e inprese si oppngono, e rigettano, quello che ritengono “l'uso iniquo dei buoni, che si sono trasformati in uno strumento di speculazione finanziaria sulla pelle  dei lavoratori”. L'intendimento principale contenuto nello sciopero è far capire che la questione riguarda potenzialmente non solo ventimila inprese, tra bar e ristoranti”. E chi altri e quanti altri? Riguarda anche i lavoratori che ricevono i buoni pasto come forma di pagamento e “servizio sostitutivo di mensa”. 

Ma c'è di più, secondo il direttore di Federcommercio Toscana, Franco Marinoni. “Il sistema prende in giro proprio i lavoratori che con le aste al ribasso si trovano in mano buoni di valore nominale assai inferiore a quello pattuito e scritto”. Una beffa, tout court. 

In definitiva, le commissioni in costante aumento rendono sempre più difficile ai ristoratori di aderire ai servizi di buona qualità. In tanti hanno perciò deciso di dire basta. Le alte commissioni stanno ammazzando interi settori, da quello die consumatori alla grande distribuzione., No ai buoni pasti così concepiti è il grido che promette di invadere presto l'intero territorio nazionale.