di Carlo Renda

L'Artico è troppo importante per litigarselo fra alleati. E in tempi di guerra, stavolta si parla di una pace siglata in un conflitto a bassissima intensità. Siamo nell'area delle più frequenti e massicce esercitazioni militari odierne, però, che sarà inevitabilmente terra di conquista domani, con Russia e Cina ambiziose e aggressive al pari e più dell'Occidente. Proprio lì, in pieno Artico, Danimarca e Canada hanno messo fine a un contenzioso lungo quasi 50 anni sulla proprietà dell'isola di Hans.

Un'isoletta di appena 1,3 km quadrati a forma di rene - di qui il nome Inuit, Tartupaluk -, disabitata, circondata da scogliere, situata un migliaio di km a sud del Polo Nord, la più piccola di tre a metà del canale Kennedy, equidistante fra la Terra di Ellesmere (canadese) e la Groenlandia (danese), la cui sovranità dai primi anni 70 è oggetto di disputa fra il Canada e la Danimarca, che ne rivendicano la sovranità geologica e la scoperta originaria. Nel tempo è perfino diventata abitudine di chi fra militari, scienziati o funzionari danesi o canadesi passasse dall'isola di Hans di issare la propria bandiera nazionale al posto di quella rivale, lasciando una bottiglia di aquavite danese oppure di whisky canadese da far trovare alla controparte. Anche per questo la controversia ha preso il nome di "guerra del whisky".

Ma che farsene di questo piccolo territorio? Oggi non moltissimo, ma gli effetti del cambiamento climatico renderanno navigabile il canale Kennedy per diversi mesi all'anno nei prossimi decenni, con grandi benefici per lo sfruttamento delle riserve di petrolio e gas nell'Artico. Il Nyt riporta il parere di Michael Byers, docente della University of British Columbia, esperto di questioni artiche, secondo il quale le risorse sono troppo profonde e la presenza di iceberg rende complicate le trivellazioni offshore, "sarebbe un petrolio estremamente costoso". Diverso il discorso se ragiona sulla seconda parte del secolo e sulla sconfitta dell'uomo nella battaglia sul climate change.

Nel 2018 un gruppo di lavoro congiunto ha preso in carico la questione, che non è mai sfociata in realtà oltre rivendicazioni tramite annunci su Google oppure minacce di boicottaggio di prodotti dei rivali. Solo in questi giorni Danimarca e Canada hanno scelto la via "salomonica", l'isola di Hans sarà divisa quasi equamente. Servirà il via libera dei parlamenti nazionali perché l'accordo entri in vigore. "La sicurezza globale è minacciata ed è più importante che mai che democrazie come il Canada e la Danimarca collaborino insieme ai popoli indigeni per risolvere le controversie in conformità con il diritto internazionale" ha detto il ministro degli Esteri canadese Melanie Joly. "Un segnale chiaro" le fa eco il ministro degli Esteri danese Jeppe Kofod "di come sia possibile risolvere in modo pragmatico e pacifico le dispute sui confini". I ministri si sono scambiati simbolicamente due bottiglie nel momento della firma degli accordi.