di Pietro Salvatori

C'è aria di crisi tra Giuseppe Conte e Mario Draghi, d'accordo, ma nel Metaverso del Movimento 5 stelle fa più rumore o quasi quella che si respire tra il capo politico e Beppe Grillo. Ancora, dopo gli stracci volati meno di un anno fa sullo Statuto, l'Elevato che scarica l'Avvocato definendolo in buona sostanza un azzeccagarbugli unfit to lead, la situazione riacchiappata per il rotto della cuffia dalla mediazione portata avanti da Roberto Fico e da Luigi Di Maio, già, proprio lui. Un anno dopo sembra di essere tornati al punto di partenza. Grillo avrebbe dovuto levare le tende dalla capitale nella serata di ieri, o forse addirittura stamattina. Invece nel primo pomeriggio decide di partire: "Basta sono stufo, vedetevela voi", le parole che avrebbe consegnato ad alcuni fedelissimi.

Annullati improvvisamente un vertice con la delegazione di governo, avvisata all'ultimo minuto che l'incontro sarebbe saltato, se ne infischia di un faccia a faccia programmato con Conte che avrebbe dovuto mettere la parola fine (?) sulla telenovela del doppio mandato. Le cose iniziano a mettersi male già dal mattino di ieri, quando il fondatore prende in mano il Fatto quotidiano e vede che Domenico De Masi ha riferito buona parte del dialogo che avevano avuto nella mattinata di martedì. La smentita è timida, e d'altronde la storia che i contatti con Draghi fossero frequenti, e che durante alcuni di questi il premier si fosse pesantemente lamentato con lui di Conte, l'aveva raccontata anche a diversi parlamentari, e qualcosa sui giornali era già filtrato.

"I rapporti di Beppe con il Fatto non sono idilliaci, per così dire, da diverso tempo", spiega un onorevole che con Grillo coltiva un ottimo rapporto. E così il fondatore che era arrivato a Roma per blindare il sostegno al governo, sia pur tra le mille giravolte verbali, sente puzza di bruciato, si infuria per essere stato "strumentalizzato" per un'operazione politica di cui era all'oscuro. L'irritazione del fondatore deborda e rompe gli argini dell'Hotel Forum, nel suo giro stretto si ventila l'ipotesi di "una ritorsione" per aver fermato la ruota della modifica del limite al doppio mandato, che ha fatto innervosire e non poco colonnelli influenti nel partito di Conte come Paola Taverna e Giancarlo Cancelleri.

Raccontano di una, addirittura due telefonate non proprio serene con Conte, che da par suo sfrutta il momento per riprendere in mano l'iniziativa politica del partito, per 48 ore in balia di Grillo e del fiume verbale impossibile da arginare anche imponendo la consegna dei cellulari custoditi dentro delle urne prima di incontrarlo. Forse dimentico che nemmeno due settimane fa il capo politico M5s aveva indossato i panni dello statista spiegando che "la prima cosa che mi è stata insegnata è che quando il premier è all'estero non si fanno polemiche di politica interna", evitando così di rispondere fino in fondo ai primi attacchi di Di Maio mentre Draghi era a Kiev, due settimane dopo con il presidente del Consiglio impegnato in un cruciale vertice della Nato a Madrid lo ha attaccato a testa bassa: "Sono sconcertato da lui, grave che si intrometta nella vita dei partiti".

Un evidente modo per alzare la tensione nell'esecutivo (e a Salvini non è parso vero di avere l'occasione di rimettersi in modalità Papeete per gettare benzina sul fuoco attaccando l'arrivo nell'aula della Camera della legge sullo ius scholae), che non è ritornata sotto la soglia di guardia nemmeno dopo un contatto telefonico tra i due.

Una telefonata raccontata come "burrascosa", e che ha contribuito alla decisione del premier di mollare il consesso dell'Alleanza atlantica per ritornare di corsa a Roma e alle sue fibrillazioni, delle quali ha informato stamattina Sergio Mattarella in un colloquio al Quirinale.

Raccontano che il capo del Governo abbia anche sentito Grillo, un contatto di cui non si hanno conferme, ma dopotutto lo stesso ex comico aveva informato alcuni parlamentari che era in procinto di chiedergli un incontro, "per capire la situazione" e per mediare nei contrasti con Conte. Un piano andato in fumo sicuramente per la sua incontinenza verbale, ma anche per quel che Grillo ha considerato a tutti gli effetti una strumentalizzazione dei suoi tre giorni a Roma, passati a cercare di raddrizzare la rotta della sua creatura dopo la scissione, e il cui fine era esattamente l'opposto, quello di cercare un modo per andare avanti nell'esecutivo. Da qui la rabbia e i bagagli preparati in tutta fretta, mentre i contiani minimizzavano sulla "stanchezza" e sul "caldo di questi giorni" mentre Grillo tornava al Forum per vare la valigia. Con la quale è uscito una mezz'ora dopo, infilandosi in macchina senza sembrare particolarmente in difficoltà nonostante i quaranta gradi di Roma. E chissà a Marina di Bibbona oggi che temperatura si registra.