di Matteo Forciniti

Una delegazione del gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle sparizioni forzate o involontarie ha visitato l’Uruguay nell’ultima settimana realizzando diversi incontri. I risultati preliminari del rapporto che verrà consegnato il prossimo anno all’Assemblea Generale sono stati anticipati giovedì mattina in una conferenza stampa a Montevideo: secondo gli esperti, in tema di diritti umani l’Uruguay ha fatto tanto negli ultimi anni ma occorre un ulteriore sforzo per il raggiungimento della verità e della giustizia.

La delegazione -composta da Luciano Hazan, Aua Baldé e Gabriella Citroni- ha studiato il periodo compreso tra il 1968 e il 1985 dedicando anche un capitolo speciale all’attualità e facendo poi una serie di raccomandazioni al governo uruguaiano su diversi aspetti.

“Siamo rimasti molto colpiti dall’interesse della società verso questa tematica, un segno evidente di una coscienza collettiva che sta abbracciando la causa insieme ai familiari”. Da qui è partito l’intervento di Gabriella Citroni, professoressa di tutela internazionale dei diritti umani presso l’Università di Milano Bicocca. “Nonostante tutti i passi avanti che sono stati fatti” -ha precisato- “adesso è giunto il momento di prendere una responsabilità condivisa a tutti i livelli iniziando da una politica di Stato che abbia un messaggio chiaro e forte. Si tratta di un compito cruciale che non può esaurirsi solo in dichiarazioni o leggi. Serve un cambio di atteggiamento che deve essere più attivo”.

Estrema lentezza nei processi giudiziari, progetto di legge sulla detenzione domiciliare per i detenuti con più di 65 anni, politicizzazione e delegittimazione di un’istituzione fondamentale come la INDDHH (Institución Nacional de Derechos Humanos y Defensoría del Pueblo) e poi ancora mancanza di cooperazione a livello internazionale, mancanza di appoggio alle vittime: sono davvero tanti i punti critici segnalati dal gruppo dell’Onu.

Un esempio su tutti è quello delle violenze sessuali nei confronti di donne sommesse a sparizione forzata: su 100 persone identificate dalle vittime ci sono state solo 2 condanne.

“Dobbiamo sempre tenere presente che le sparizioni forzate durante gli anni del terrorismo di Stato sono state eseguite nell’ambito del piano Condor, ovvero di un contesto transnazionale che conferisce però anche un obbligo di cooperazione mutua. Questo è un aspetto fondamentale” ha affermato la professoressa milanese con una lunga esperienza internazionale nell’ambito della difesa dei diritti umani.

A livello sudamericano tale cooperazione è mancata. Un esempio positivo, al contrario, si è avuto con il processo Condor in Italia che ha visto lo scorso anno le condanne per tutti i militari sudamericani coinvolti nei fatti: “Quello è stato un caso molto importante di collaborazione con lo Stato uruguaiano che è stato presente durante tutto il procedimento offrendo massima collaborazione e visibilità. Non è stato così, invece, altrove e penso ad esempio ai processi aperti in Argentina a partire dal 2005 considerato anche che ci sono 22 uruguaiani desaparecidos in quei procedimenti. L’Uruguay deve rispettare i protocolli di cooperazione internazionale che permettono il contatto con familiari di uruguaiani scomparsi in altri paesi e con i familiari di cittadini stranieri scomparsi in Uruguay”. “Io non so se manchi la volontà politica” ha commentato l’esperta al termine della conferenza stampa. “Sicuramente c’è abbastanza lentezza, manca quella premura che dovrebbe esserci. Esiste, a livello generale, uno stereotipo che i casi di sparizione forzata riguardino solo storie del passato: questo è un grave errore anche perché le sparizioni continuano ad essere presenti. Bisogna fare anche un lavoro di prevenzione affinché questi crimini non si ripetano mai più”.

È proprio per questo che il gruppo di lavoro dell’Onu ha dedicato un capitolo speciale all’attualità: “Ci sono poche informazioni al riguardo perché non si indaga abbastanza. Sappiamo però che a essere coinvolte sono le categorie più vulnerabili, donne e bambini. L’Uruguay dovrebbe fare di più seguendo i protocolli internazionali”.