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ROMA – Dall'Arrappata di San Chirico Raparo alla Slinzega, dai Testaroli alla Porcaloca, sono 5450 i tesori Made in Italy a tavola messi a rischio dalla siccità che sta colpendo le produzioni agroalimentari da nord a sud del Paese prosciugando un bacino strategico di ricchezza enogastronomica che è anche fra i principali motori del turismo nazionale ed estero in Italia. E' quanto emerge dal nuovo censimento 2022 Coldiretti delle specialità ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni, presentata in occasione dell'assemblea nazionale.

"L'emergenza idrica, spiega Coldiretti, non risparmia neppure le tipicità più rare e, trattandosi di piccole produzioni con quantità ridotte, il rischio è che vengano letteralmente cancellate". Con gli alpeggi secchi per la mancanza di erba e di acqua le mucche e le pecore producono meno latte che è alla base dei formaggi 'd'alta quota' più apprezzati, ma c'è anche il sole a ustionare le varietà di frutta e verdura più particolari, salvate dall'impegno degli agricoltori. Il calo del raccolto di cereali antichi impatta, inoltre, anche sulla preparazione di pani e dolci tipici, ma anche per alcune varietà di olio extravergine si attende con ansia la pioggia.

Una mappa dei sapori, della tradizione e della cultura della tavola Made in Italy che per quanto le tipologie vede nei primi tre posti del podio la squadra di pane, paste e dolci (1.616), quella di frutta, verdura e ortaggi (1.577) e il gruppo delle specialità a base di carne (822), seguiti dai formaggi (524) e dai prodotti della gastronomia (320), ma non mancano bevande analcoliche, distillati, liquori e birre, i mieli, i prodotti della pesca e i condimenti dagli oli al burro, in un viaggio del gusto che tocca anche gli angoli più nascosti del Paese.

"Non è infatti un caso che nei piccoli borghi- sottolinea la Coldiretti- nasca il 92% delle produzioni tipiche nazionali secondo l'indagine Coldiretti/Symbola, una ricchezza conservata nel tempo dalle imprese agricole con un impegno quotidiano per assicurare la salvaguardia delle colture storiche", un patrimonio che spinge a tavola un terzo della spesa turistica.

La classifica dei prodotti a tavola, spiega Coldiretti, vede la Campania al primo posto con ben 580 specialità davanti a Toscana (464) e Lazio (456), a seguire si posizionano l'Emilia-Romagna (398) e il Veneto (387), davanti al Piemonte con 342 specialità e alla Liguria che può contare su 300 prodotti. A ruota tutte le altre Regioni: la Puglia con 329 prodotti tipici censiti, la Calabria (269), la Lombardia (268), la Sicilia (269), la Sardegna (222), il Trentino Alto Adige (207), il Friuli-Venezia Giulia (181), il Molise (159), le Marche (154), l'Abruzzo (148), la Basilicata con 211, l'Umbria con 69 e la Val d'Aosta con 36.
Ricca e curiosa la lista delle specialità nazionali. In Basilicata nel piccolo borgo di San Chirico Raparo, in provincia di Potenza, dalle pieghe della cultura popolare e della tradizione gastronomica della tavola contadina si trova l'Arrappata, una zuppa di legumi e cereali, dai fagioli ai ceci, dal grano al farro, mentre nel Lazio c'è la Roncoletta Labicana una varietà di pisello che si caratterizza per la forma particolarmente incurvata del baccello che viene coltivata nella zona di Labico, e in Toscana la cucina povera vede in primo piano i Testaroli della Lunigiana, una pasta fatta di farina e acqua, i friulani vanno fieri della Porcaloca, un'oca intera disossata farcita con filetto di maiale, cucita a mano, legata cotta e affumicata.

LE SPECIALITÀ REGIONALI

Ma specialità si trovano in ogni regione, spiega Coldiretti, in Campania ci sono le Papaccelle, piccoli e coloratissimi peperoni più o meno piccanti che vengono per lo più utilizzati per le conserve sott'aceto, mentre in Emilia-Romagna molto apprezzati sono i Grassei sbrislon anche detti ciccioli, grasso del maiale fatto a dadini, è messo a cuocere a fuoco lento e aromatizzato con spezie locali. Il Veneto va fiero del Sangue morlacco antico liquore del 1830 a base di ciliegie marasche chiamato così dal poeta D'Annunzio per il suo tipico colore rosso cupo, mentre il Piemonte schiera la Toma di Lanzo e ancora il Salame nobile del Giarolo. In Liguria vanno fieri del Paté di lardo, i pugliesi hanno formaggi squisiti come il Caciocavallo Dauno che può stagionare fino a 6 anni e il Pecorino di Maglie tipico del Salento.

In Molise non si può rinunciare alla Treccia di Santa Croce di Magliano tipico formaggio a pasta filata dalla originalissima forma di treccia che sembra essere ricamata come in passato dalle donne del paese. In Calabria tra i prodotti tradizionali più apprezzati ci sono l'Origano selvatico e il Pallone di fichi. In Lombardia invece si degusta la Slinzega, salume stagionato e speziato di carne bovina, tipico della Valtellina. E se in Sardegna c'è la Facussa, una varietà di cetriolo, in Sicilia molto tradizionali sono gli Ainuzzi piccole scamorze di latte vaccino che riproducono nella loro forma animali autoctoni.

Nelle Marche è tipico della tradizione contadina il Vino di visciole, un vino aromatizzato composto da visciole e da vino preferibilmente rosso Sangiovese o la Roveja, un legume antichissimo simili a piccoli piselli colorati. In Abruzzo invece una specialità ricercata insieme alla famosa mortadella di Campotosto meglio nota, per la sua particolare forma, come Coglioni di mulo. Viene dal Trentino invece l'Altreier kaffee che è un surrogato del caffè, mentre giunge dalla Valle D'Aosta il particolare salume chiamato Boudin e prodotto con patate bollite. Infine, l'Umbria, conclude la Coldiretti, è orgogliosa della Fagiolina del Trasimeno, varietà rara e particolare di legume conosciuto fin dal tempo degli Etruschi o lo Zafferano di Cascia.

"L'Italia è il solo Paese al mondo che può contare primati nella qualità, nella sostenibilità ambientale e nella sicurezza della propria produzione agroalimentare. Dietro ogni prodotto c'è una storia, una cultura ed una tradizione che è rimasta viva nel tempo ed esprime al meglio la realtà di ogni territorio", spiega il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, e c'è "la necessità di difendere questo patrimonio del Made in Italy dalla banalizzazione e dalle spinte all'omologazione e all'appiattimento verso il basso perché il buon cibo insieme al turismo e alla cultura rappresentano le leve strategiche determinanti per un modello produttivo unico che ha vinto puntando sui valori dell'identità, della biodiversità e del legame con i territori".