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DI OSCAR FARINETTTI

Incominciamo scrutando l’orizzonte. Si chiama analisi: è la prima e principale mossa per costruire un progetto. Consiste nel guardarti intorno allo scopo di capire in quale contesto vivi e operi. Se lo leggi in modo corretto diventi capace di prendere delle decisioni, probabilmente quelle giuste. Se invece lo canni, cioè interpreti male lo scenario, andrai nella direzione sbagliata e qualsiasi costruzione progettuale fallirà.

Ah, dimenticavo che esiste una terza via; perdonatemi ma non sono un fan di quest’ultima opzione. Prevede che, dopo aver analizzato il contesto, si passi tutto il resto del tempo a lamentarsene. E debbo ammettere che sulla capacità di lamentela esistono fuoriclasse nel nostro Paese. A quel punto non è più vitale azzeccare l’analisi dello scenario, anche perché la specialità della lamentela a tutto campo non prevede soluzioni intorno alle quali lavorare; zero impegno nel reagire, l’importante è trovare le parole giuste (e gravi) per raccontare il proprio disappunto.

Ho divagato. Torniamo allo scenario che vedo io, ve lo descrivo attraverso una metafora di fanta-geografia, così, tanto per renderla meno greve.

Stiamo camminando in un grande viale, molto grande perché ci devono passeggiare 8 miliardi di persone. Alla nostra sinistra abbiamo un burrone, si chiama “emergenza ambientale”, alla destra strani macchinari e una nuova civiltà che non abbiamo ancora finito di costruire; chiamerò l’insieme “sconcerto digitale”. Davanti a noi delle belle aiuole dove crescono gli “ismi”, sono i nuovi fiorellini del terzo millennio (consumismo, populismo, sovranismo, menefreghismo, egoismo… eccetera), dalle spalle ci arriva una forte corrente d’aria: è il vento delle migrazioni dei popoli. Infine uno sguardo al cielo, non sarebbe male se non ci fossero due nuvoloni scuri: una pandemia e una guerra in Europa.

Ecco che vi ho descritto da tutte le angolazioni la scenografia, almeno quella che appare a me, e l’ho raccontata come se la scrutassimo attraverso Google Maps.

Dunque riepiloghiamo: l’intero campo visivo bilaterale è occupato dai due immensi problemi del nostro tempo. Da un lato stiamo incominciando a capire che se non cambiamo il modo di produrre energia, di consumare e di gestire i rifiuti sprofonderemo nel burrone; dall’altro la (potenzialmente) meravigliosa prospettiva di una nuova civiltà digitale ci spaventa, su tre fronti: non abbiamo ancora capito bene quale uso sarà fatto dei dati (parlo sia di quelli personali che aziendali), non siamo ancora in grado di individuare i confini tra l’intelligenza artificiale e quella nostra, quella umana, dove trovano (o dovrebbero trovare) posto anche i sentimenti; infine, alla luce di questi nuovi marchingegni che opereranno e penseranno per noi, che sarà del lavoro? Il lavoro inteso come oggi i più lo intendono, cioè 40 ore alla settimana passati insieme ad altre persone per costruire e vendere beni e servizi? Ho deciso di dare un nome a questa montagna di dubbi: “sconcerto digitale”.

Ho chiamato “vento delle migrazioni” la previsione (non solo mia) che nei prossimi anni assisteremo a volumi crescenti di masse umane le quali si muoveranno tra luoghi diversi del pianeta, per sfuggire a povertà, alle guerre, per cercare lavoro… e non siamo ancora stati abbastanza bravi a consolidare gli effetti positivi della globalizzazione. Le aiuole con i suoi fiorellini sono i nuovi sentimenti emergenti: la mia personale lettura è che stanno crescendo gli “ismi” nei nostri cuori. E quando si aggiunge un “ismo” le parole diventano brutte (perfino la parola “buono” diventa brutta). La sfera del nostro panorama si chiude con un volta che non è propriamente celeste: una pandemia che pare non arrendersi mai e una guerra in Europa, la prima dopo 70 anni di pace, che sarebbe dovuta durare pochi giorni mentre oggi abbiamo capito che sarà una cosa lunga… e dolorosa, prima di tutto per gli ucraini aggrediti e poi per gli altri popoli d’Europa che li supportano, i quali saranno comunque costretti a sacrifici,

Eccovi il mio personale quadro. Ammetto che non è la Primavera di Botticelli, forse assomiglia di più all’Urlo di Munch. Ma non per questo dobbiamo abbatterci. Certo c’è d’aver paura ma, ricordiamocelo, è dalla paura che nasce il coraggio, l’importante è non cedere al panico.

Si tratta di crisi, ben più di una. Ma sul tema crisi vorrei ricordare alcune cose. Primo: lavoro dal 1978 e non mi ricordo un periodo che non sia stato segnato da crisi; non solo, le ultime ci appaiono ben più gravi di quelle precedenti, ma non è vero. Le crisi costituiscono una componente inevitabile del vivere umano che per sua natura è segnato dalla imperfezione, la quale per forza di cose genera crisi. Secondo, la parola crisi proviene dal greco krisis che vuol dire scelta e da krino che significa distinguere. La crisi non è altro che un momento di scelta, dunque dobbiamo scegliere, scegliere una via nuova, e soprattutto dobbiamo distinguere il bene dal male. C’è chi sceglie e distingue, ma c’è anche chi sta fermo e impreca. È un peccato che quest’ultima categoria, seppur minoritaria, abbia voce in capitolo ultimamente: ci fa perdere un sacco di tempo.

La prima scelta da fare è una mutazione nei sentimenti. Di regole già ne abbiamo, fin troppe. Occorre passare dalla sfiducia alla fiducia, dalla paura al coraggio, dal pessimismo alla speranza, dal menefreghismo al rispetto, dal criticare all’aiutare, dal benaltrismo alla disponibilità verso il compromesso. Non sono cose che si ottengono con le regole, si tratta di sentimenti e quelli non si possono imporre a suon di codicilli. Ma vedrete che ci arriveremo, forse dovremo toccare il fondo per capirlo e rimbalzare, fidatevi ci arriveremo.

Ora veniamo alle cose pratiche. Ho sentito, con le mie orecchie, i gradi capi delle aziende dell’energia italiane affermare che, se fermiamo la cattiva burocrazia, in tre anni ci porteranno all’ottanta per cento di energia da fonti rinnovabili. Perdinci, facciamolo. Siamo già oltre il 40% e non è assolutamente vero che servano vent’anni per raddoppiare. L’Italia è già leader mondiale nel riuso del legno, leader europeo per il recupero delle plastiche monouso, possiede il numero maggiore di aziende agricole biologiche. L’Italia gode di un sacco di sole, di vento, di acqua, di ottime menti e mani che possono operare: può diventare la portabandiera della sostenibilità a livello europeo, un esempio per il mondo.

Ora vi vorrei raccontare le mosse che ho in mente per favorire la mutazione dei sentimenti, per incanalare il nostro Paese verso le proprie vocazioni, come raddoppiare le esportazioni delle nostre eccellenze, come raddoppiare il numero dei turisti stranieri, come creare nuovi e duraturi posti di lavoro, come rendere più controllabili i due grandi freni che ci impediscono di cambiare: la politica centrale e la burocrazia.

Serve una seconda puntata.

…. E nel frattempo, tra la prima e seconda puntata, ci è venuta in soccorso la politica: han fatto fuori il governo Draghi.

Primo giudizio (lo ammetto, d’impulso): che stupidaggine! Il fatto è che parlo da imprenditore italiano che esporta eccellenze italiane nel mondo. Non avevamo mai goduto di tanta considerazione all’estero, è stata veramente una bella esperienza quella di avere uno come Mario Draghi al comando. Inoltre sono portato a pensare che un Paese indebitato fino al collo (pare che abbiamo superato i tremila miliardi) debba godere di stima da parte dei creditori, i quali per un terzo sono fondi stranieri e per un 20% banche centrali, altrimenti quelli ti chiedono di rientrare e… come faremo? Ormai i risparmiatori italiani coprono poco più del 5% del nostro debito pubblico in modo diretto.

Si tratta di un giudizio d’impulso, è chiaro, ma non per questo ritengo che sia fuori luogo.

Ma ora vorrei cercare di esprimere un commento meno affrettato e che ritengo propedeutico alla costruzione del mio personale progetto “Italia”. Mercoledì 20 luglio in Senato abbiamo assistito allo scontro tra la logica e l’illogica. La logica viene individuata come una straordinaria invenzione di Aristotele, non è che non esistesse prima di lui ma fu l’allievo di Platone che seppe fornirle uno status di attività essenziale per vivere e operare con senno; lui la chiamava “Analitica”. Aristotele la descrive sostanzialmente come una sequenza di ragionamenti validi allo scopo di giungere ad una analisi corretta, la quale costituisce le fondamenta per assumere decisioni assennate. Per esempio ci diceva: “Gli umani muoiono, Socrate è un uomo, Socrate morirà.” Logico, non trovate? Ebbene quel mercoledì di luglio Draghi ha proposto una serie di ragionamenti logici, rivolti al bene comune e, siccome è risultato evidente che si era pure rotto le scatole di certi atteggiamenti privi di logica da parte di alcuni leader di partito, lo ha fatto in modo diretto, diciamo pure crudo. Risultato: quei politici gli hanno voltato le spalle.

In politica la logica dice: “Si fa politica, attraverso i partiti politici, per il bene comune”, più che logico, e poi lo afferma anche la nostra Costituzione. Se invece si fa politica per il bene dei partiti… ecco che si confonde il fine con lo strumento e i comportamenti diventano illogici.

Ed ora eccovi le (personalissime) 7 mosse, che propongo.

PRIMA MOSSA: ridare logica alla politica. A volte li comprendo (perfino io che odio la propaganda) i capi dei partiti politici: sono perennemente in campagna elettorale perché in Italia, tra elezioni Comunali, Regionali e Nazionali, a scadenza naturale o anticipata, si vota praticamente ogni anno. Dunque sono naturalmente portati a fare propaganda (l’arte di cercare consensi) anziché politica (l’arte di governare). La politica è malata e finché non la guariremo non caveremo un ragno dal buco. Immaginate una nave che sta per affondare perché ha una falla: inutile che l’equipaggio discuta sulla rotta da intraprendere. Prima occorre, insieme, riparare la falla.

Propongo che si voti una volta sola ogni 5 anni. E facciamolo contemporaneamente per i tre livelli, con un unico sistema elettorale, quello che ha dimostrato di funzionare meglio, a doppio turno, quello dei sindaci per capirci. Ogni eletto potrà rimanere in carica per un massimo di due mandati in ciascuno dei livelli di governo: Comune, Regione e Nazione. Dunque a chi piace molto fare la politica sarà concesso di lavorare per il bene comune anche per trent’anni, ma cambierà ambiente, il che non fa male, anzi.

Se qualcuno di questi governi cadesse prima dei 5 anni e non vi fosse modo di crearne un altro, l’Istituzione verrà commissariata fino alla successiva scadenza naturale. Ma vedrete che non succederà di frequente; un politico, di fronte alla minaccia di rinunciare al proprio ruolo per anni, migliora la propria disponibilità a cercare compromessi.

SECONDA MOSSA: in fase di analisi avevo sostenuto che occorre una mutazione dei sentimenti prevalenti, dobbiamo incoraggiare il popolo italiano a pensare positivo: fiducia, speranza, connessione, coraggio, intrapresa. Abbiamo a disposizione uno strumento straordinario: la scuola. Interveniamo sui programmi scolastici incanalandoli verso questo obiettivo. Educazione Civica e al rispetto dell’ambiente, Educazione agroalimentare, Educazione alle vocazioni dell’Italia, Arte, poesia e creatività. Ecco le quattro materie che devono essere introdotte in modo potente e decisivo ai fini della promozione. Perché insisto su bambini, adolescenti e giovani? Non solo per creare una nuova classe dirigente, credo anche che i figli possano diventare i migliori educatori dei grandi: i genitori verranno contagiati dal nuovo pensiero positivo dei ragazzi.

TERZA MOSSA: insisto sull’educazione, stavolta in funzione di aiutare i giovani a decidere cosa fare da grandi. Propongo la creazione di un nuovo piano denominato PNNV, che sta per “Protagonisti della Nazione Nuova e Verde”. Al termine delle scuole superiori i ragazzi (come fosse un servizio militare obbligatorio) vanno a lavorare per un anno, pagato decentemente dalla Stato, in un luogo dove si creano prodotti o servizi funzionali alla sostenibilità ambientale. L’obiettivo è quello di spingere il maggior numero di giovani a scegliere successivamente di darsi da fare nel campo della riconversione green dell’economia. Li facciamo scegliere tra centrali idroelettriche, eoliche o solari, termovalorizzatori a impatto zero, fabbriche per il recupero e il riutilizzo di plastica o legno, fabbriche per la produzione di veicoli elettrici o a idrogeno, corpo forestale dedito alla piantumazione di nuovi alberi, centri di ricerca per nuove soluzioni di produzione elettrica, aziende agricole biologiche e autonome energeticamente… e così via.

QUARTA MOSSA: ancora educazione… rivolta a capire il mondo. Propongo la creazione di un piano denominato PPTR, acronimo di “Partenza, Presa di coscienza, Tornanza e Restanza”. Al termine degli studi universitari regaliamo un anno (facoltativo), pagato decentemente dalla Stato, a lavorare all’estero.

“Partenza”: far sì che i giovani, vivendo per un anno all’estero, tocchino con mano che esiste un mondo e che questo mondo è composto di tanti Paesi, ognuno con la sua storia, la sua cultura, le sue tradizioni, e che con questi Paesi dovremmo continuamente confrontarci e relazionarci.

“Presa di coscienza”: far sì che i giovani, allontanandosi per un anno dall’Italia, imparino a non dare per scontata la sua bellezza, apprezzino questa bellezza in tutte le sue manifestazioni – arte, paesaggi, enogastronomia, sport, capacità manifatturiera –, e considerino quanto la bellezza dell’Italia possa essere necessaria al mondo così come il resto mondo è necessario all’Italia. In pratica funziona un po’ come quando attacchi un quadro a una parete e poi ti allontani di qualche passo per capire se sta bene nella stanza. L’Italia è una nazione che può stare veramente bene nella stanza del mondo.

“Tornanza”: far sì che i giovani, appurato che nella stanza il quadro ci sta da dio, sentano il bisogno, il desiderio, l’urgenza di rientrare in Italia. Nonché – e siamo all’ultimo punto - la “Restanza”, cioè la voglia di rimanerci con l’intento di prendersene cura, farla progredire, incrementarne la bellezza, raccontarla al resto del mondo e in tal modo sdebitarsi per l’immensa botta di fortuna di esserci nati.

Ora non sto qui a elencarvi tutte le regole d’ingaggio ma fidatevi, le ho pensate nei particolari. Vi dico solo che, sia per il PNNV che per il PPTR, prevedo la creazione a livello territoriale di speciali istituti in cui un personale altamente specializzato riceve i giovani, discute con loro e insieme individuano le migliori soluzioni. Questi istituti potremmo denominarli ICA, acronimo di “Istituto Comunale per l’Avvenire”, mentre le persone che ci lavorano prendono il nome di… No, non “navigator”. Si chiameranno FC, “Future’s Coach”, allenatori del futuro.

QUINTA MOSSA: creare più lavoro… attraverso le imprese. Occorre far venire voglia agli imprenditori di crescere, tuttavia in un ottica di sostenibilità ambientale e sociale. Dunque ecco una mossa molto semplice. Lasciamo il livello delle tasse praticamente invariato, ma questo vale solo per il fatturato e i profitti uguali o inferiori all’anno precedente. Se c’è dell’incremento invece, sulla crescita si paga solo il 10% di tasse. Occorre trovare una formula perché il vantaggio si ripeta negli anni. Ora non sto a tediarvi sui meccanismi, ma li ho pensati. Insomma faremo pagare meno tasse a chi continua a migliorare; credo di conoscere gli imprenditori: si scateneranno.

Attenzione però, qualche paletto. Il tutto vale per la parte di utili non distribuiti e lasciati in azienda per investire. Vale per le aziende che oltre agli utili hanno incrementato il fatturato e i posti di lavoro. Vale per le aziende che hanno rispettato un preciso piano di sostenibilità ambientale e sociale.

SESTA MOSSA: far fiorire le nostre due vocazioni. Dobbiamo (e possiamo) raddoppiare le esportazioni delle nostre eccellenze. Dobbiamo (e possiamo) raddoppiare il numero dei turisti stranieri in Italia. Per quanto riguarda le esportazioni confido che la mossa precedente già sproni le aziende italiane che vendono all’estero. Tuttavia occorre aiutarle con incentivi puntuali: parlo di meccanismi di defiscalizzazione sugli investimenti rivolti a incrementare le proprie esportazioni; nonché una intelligente campagna promozionale sui prodotti veri italiani nelle Nazioni dove è possibile ottenere ottimi risultati. Aggiungerei la creazione di un Unico Marchio Italia per distinguere i nostri prodotti dalle imitazioni. In comunicazione insisterei molto su questo marchio.

Riguardo al favorire il turismo internazionale servono due cose. Possediamo già un luogo formidabile su Internet, denominato semplicemente “ITALIA”, dove possono accedere i cittadini del mondo per scegliere le proprie vacanze nel bel Paese. Magari dovremo indirizzarle maggiormente verso luoghi della provincia italiana oggi meno frequentati sebbene meravigliosi. Ma deve essere il più figo del mondo, un misto tra bellezza e semplicità; secondo me non ci siamo ancora, va rivisto. E poi serve una campagna promozionale veramente potente nelle Nazioni più ricche e importanti, ma anche questa deve essere originale, unica. Godiamo già di una domanda spontanea pari alla nostra bellezza, cioè enorme: ciò che serve è incanalarla verso la percezione di un sicuro soddisfacimento. In comunicazione punterei molto su Italia.it. Questo sito deve apparire al primo posto quando digiti “Italia” o “Italy”.

SETTIMA MOSSA: stipendio minimo garantito di 1.500 euro netti per 40 ore settimanali, anche grazie alla riduzione del cuneo fiscale sugli stipendi fino a 2.000 euro. Eliminiamo i navigator, il reddito di cittadinanza torna ad essere di “sussistenza” e andiamo a darlo solo a chi davvero ne ha bisogno. Pensioni: si lavora tutti fino a 65 anni, eliminiamo tutte le “quote”. Abbiamo la possibilità di creare molti posti di lavoro, direi moltissimi, anche per gli immigrati di cui avremo un gran bisogno, nei settori della riconversione energetica, delle esportazioni e del turismo. Lo so che serviranno soldi per mettere in pratica le sette mosse che propongo. Ma, se centriamo la mossa n. 6, entreranno 200 miliardi freschi ogni anno e ne avremo anche per pagare i debiti fin qui accumulati.

Noi siamo l’Italia perdinci: il più bel Paese del mondo! Ce la faremo, è solo questione di tempo… e di persone. A proposito di tempo e di persone forse è giunto il tempo di mandare i migliori nelle posizioni chiave. … Per migliori intendo coloro che si affidano alla logica.