Giuseppe Conte (foto depositphotos)

La situazione italiana presenta aspetti sempre più gravi ma paradossali. È sempre più evidente la follia fatta da Conte, Salvini e Berlusconi facendo cadere Draghi. Era evidente fin da allora che la situazione presenta aspetti di emergenza da tutti i lati, anche perché la risposta di Putin alle sanzioni si concentra sul petrolio e sul gas visto anche l’incredibile errore fatto a suo tempo dall’Europa in genere, ma specialmente dalla Germania (sia nella gestione Schroeder che in quella Merkel) e dall’Italia (nella gestione Prodi e ancor più quella Berlusconi) di mettere nelle mani della Russia la fornitura di una parte cospicua del fabbisogno energetico.

Già questo dato mette in evidenza che Papa Bergoglio ha detto cose del tutto insensate quando ha parlato di una Nato che abbaiava alle porte della Russia. Non solo Draghi, nella pienezza dei suoi poteri, era operativo su tante cose con una capacità tecnico-politica che sia il centrodestra che il centrosinistra si sognano, ma specialmente lui sarebbe stato un ombrello per l’Italia, nel momento in cui alcuni geni politici hanno privato il loro Paese dell’ombrello. Ecco quindi che sono iniziate le manovre speculative di cui ha parlato il Financial Times, e l’ulteriore possibilità che 200 miliardi in euro di Btp vengano messi in vendita.

Ma perché Conte, Salvini, Berlusconi sono andati a caccia di guai per il loro Paese e hanno messo nei guai loro stessi? Possono esistere due risposte a questo interrogativo. La prima è di livello medio-basso: Conte ha voluto vendicarsi nei confronti dell’usurpatore, per di più un usurpatore che gli ha fatto lo sfregio di cacciare Vecchione, considerando che il leader del Movimento 5 Stelle ha sempre manifestato un interesse ossessivo per i Servizi.

A sua volta Salvini, secondo questa interpretazione riduttiva, non voleva più stare al governo perché aveva una continua emorragia di voti a favore della Meloni. Di conseguenza, a sua volta, Berlusconi, pilotato da Tajani e dalla Ronzulli in questa fase risulta del tutto appiattito su Salvini. A questa spiegazione di basso livello se ne aggiunge un’altra di diverso tipo e cioè che specialmente Conte e Salvini hanno voluto modificare la situazione a favore di Putin.

I proclami di Medvedev contro i “governi stupidi” sono davanti a tutti. Così come è evidente, tranne per i ciechi che non vogliono vedere, il lavorio da tempo in atto in Italia con rapporti politici, relazioni economiche, martellamento degli hacker e dei siti per rafforzare i No Vax, spionaggio da parte russa.

Ai tempi di Berlusconi e di Prodi, l’Italia è stata considerata dalla Russia uno dei punti deboli dell’Europa. Putin non ha certo gradito il mutamento profondo intervenuto nel passaggio fra Conte2 e Draghi. Ciò detto, qualcuno ha ricollegato queste elezioni a quelle del 1948 per la radicalità delle alternative. Solo che nel 1948 tutti i tasselli dello scontro fra l’alleanza centrista guidata da De Gasperi e il Fronte popolare a guida Togliatti erano collocati nel verso giusto. Tutto lo schieramento centrista aveva gli Usa come riferimento internazionale, tutto il Fronte popolare si riconosceva in Stalin e nell’Urss.
Anche sul terreno del finanziamento irregolare dei partiti la logica era molto rigorosa.

Oggi invece la matassa è molto ingarbugliata. Esistono certamente alcuni punti programmatici comuni per il centrodestra (la flat tax, i mille euro di pensione per tutti, le opere pubbliche, l’immigrazione). Su questo terreno più propriamente programmatico chi deve davvero preoccuparsi è la coalizione di centrosinistra perché essa non è in grado di presentare una propria globale proposta programmatica visto che fra il Pd, +Europa, Demos e Psi non esiste quasi nessun punto in comune con le posizioni di Fratoianni e di Bonelli.

Quindi su questo terreno l’anomalia è tutta nel campo del centrosinistra anche se la sommatoria delle proposte di centrodestra fa saltare tutti i conti.

Invece per quello che riguarda la collocazione internazionale è il centrodestra a trovarsi in una posizione paradossale e contraddittoria. Il passato storico della Meloni è stato esaminato al microscopio, ma un’analisi altrettanto approfondita andrebbe fatta per il presente a proposito della collocazione internazionale della Lega di Salvini.

Claudio Gatti ha dedicato un intero libro per analizzare “I demoni di Salvini”. Anche un’analisi assai sommaria mette in evidenza che Salvini da anni è organicamente collegato a Putin, perfino ai suoi valori culturali al punto da aver fatto un patto politico tra Lega e Russia Unita e, sempre in questo quadro, ad avere un legame di ferro con la Le Pen. In modo più superficiale non si può, però, nemmeno rimuovere le battute inequivocabili da lui pronunciate: “Mezzo Putin vale due Mattarella”, “quando sono a Mosca o a Pietroburgo mi sento più a casa mia che non in altre capitali europee”, alla famosa felpa riesumata dal sindaco polacco. Addirittura la Lega si è pronunciata non solo contro le attuali sanzioni, ma anche contro quelle per l’occupazione militare della Crimea.

Insomma, per tornare all’equiparazione con il 18 aprile 1948, sarebbe come se nella coalizione centrista accanto alla Dc, al Pli, al Pri chiaramente schierati con gli Usa, Giuseppe Saragat avesse assunto le stesse posizioni di Nenni allora legato all’Urss. Per di più poi in quell’alleanza Saragat non aveva certo lo stesso peso che ha oggi Salvini nella coalizione di centrodestra.

Le cose non si fermano qui a proposito sia di Berlusconi sia di Forza Italia, sia di Salvini e della Lega, rispetto alla formazione delle liste. Quando Conte ha scatenato la sua offensiva contro Draghi e Salvini gli è andato dietro, Berlusconi ha avuto un’occasione storica per riaffermare la sua leadership nel centrodestra e anche per svolgere un ruolo centrale nella vita politica italiana, ma anche in Europa e a livello internazionale, se egli avesse bloccato Salvini e salvato il governo Draghi.

Dopo questa occasione mancata, le cose sono peggiorate anche nella formazione delle liste. Non solo sono usciti da Forza Italia i tre ministri Brunetta, Gelmini e Carfagna. I giornali non hanno colto l’autentica epurazione che nella formazione delle liste e della collocazione in seggi blindati è stata fatta nei confronti di un numero rilevante di storici dirigenti berlusconiani da sempre schierati con il Cavaliere per la sua preminenza su tutto e tutti, compreso evidentemente Salvini.

Già Elio Vito era uscito sbattendo la porta perché aveva capito quello che si preparava, ma successivamente la ghigliottina gestita dalla senatrice Ronzulli ha riguardato storici dirigenti berlusconiani come Valentino Valentini, Gregorio Fontana, Sestino Giacomoni, Simone Baldelli e Giuseppe Moles, già braccio destro di Martino.

Siccome in politica nulla avviene per caso, questa operazione traumatica ha un senso politico assai preciso: quello di collocare Forza Italia in una posizione di totale subalternità nei confronti della Lega versione Salvini. A sua volta, Salvini ha fatto la stessa operazione all’interno della Lega, nel senso che ha fatto fuori larga parte di parlamentari vicino a Giorgetti e ai presidenti del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia.

Siccome però Salvini è portatore nel centrodestra di una posizione del tutto contrapposta a quella di Giorgia Meloni sul terreno dell’Ucraina e dei rapporti con Putin, ecco che anche la “cucina” gestita dalla senatrice Ronzulli dentro Forza Italia non è solo “bassa macelleria” ma esprime qualcosa di molto più serio: la piena omogeneizzazione di Forza Italia a Salvini anche rispetto a tutte le partite che si apriranno in futuro sia sulla presidenza del Consiglio sia sulla politica estera dell’eventuale governo di centrodestra.

Non a caso, per ciò che riguarda la futura designazione del premier, abbiamo assistito in questi due giorni all’inizio di una partita a scacchi: da un lato Giorgia Meloni ha tenuto ad affermare che il presidente Mattarella, se le elezioni andranno in un certo modo, certamente le darà l’incarico; dall’altro lato, all’improvviso, Matteo Salvini è diventato un sottile costituzionalista ed ha affermato che una volta fatte le elezioni è proprio nei poteri del presidente della Repubblica dare l’incarico di premier.

Dietro questa disputa apparentemente formale c’è tutto in gioco, anche la collocazione internazionale dell’Italia rispetto al nodo fondamentale, quello della sua solidarietà con l’Unione europea, con gli Usa e quindi con l’Ucraina, in continuità con il governo Draghi oppure un sostanziale rovesciamento di questa politica. Questa alternativa non passa solo attraverso il confronto politico-elettorale fra le quattro posizioni fondamentali (centrodestra, centrosinistra, polo fra Azione e Italia Viva, Movimento 5 Stelle) ma attraversa come una spada anche lo schieramento di centrodestra in quanto tale, e apre interrogativi di grande rilievo sui quali finora gran parte della stampa ha preferito sorvolare.