DI FEDERICA FANTOZZI

 

Salvare il fortino nordista dalle incursioni alleate, ripararlo dal vento che spinge forte i Fratelli d’Italia. Per realizzare la condizione forse non sufficiente ma per lui necessaria di queste elezioni Matteo Salvini si è messo le gambe in spalla: riposte le slide con cui aveva illustrato alla platea di Cernobbio l’effetto boomerang delle sanzioni per la nostra economia (con effetto photo-bombing: Meloni, accanto, le mani sugli occhi), si è tuffato nel Triveneto. Oggi Bolzano, Rovereto, Treviso, la festa leghista di Marano Lagunare; domani il sacrario di Redipuglia vicino Gorizia, San Daniele del Friuli, Venezia. Obiettivo: sedurre quegli imprenditori, piccoli e meno, che per colpa del bando contro Mosca hanno visto crollare export e fatturato. Ma l’impresa non è facile: l’ipotesi del sorpasso meloniano nelle regioni del Nord, storicamente dominate dal Carroccio, prende corpo. Nell’omogeneità dei sondaggi che allargano la forbice tra i due partiti a livello nazionale, nelle simulazioni sui collegi plurinominali per la Camera, e nelle chiacchiere a mezza bocca di chi sta sul territorio, sente il polso degli elettori.

L’antipasto si era già intravvisto alle ultime amministrative. Guardando ai voti di lista, ad esempio Verona e Belluno, il “Corriere del Veneto” titolava: “ la Lega inquieta per il sorpasso indigesto di FdI”. Tre mesi dopo, il vento non è cambiato, anzi. E diventa avvisaglia di tempesta per via Bellerio. Due giorni fa il “Fatto Quotidiano”, citando “report riservati di YouTrend”, fissava a sette punti il distacco nelle regioni settentrionali: 25% FdI contro 18% Lega (con punte di FdI che sfiorerebbero il 30% nel Veneto di Zaia). Ma tra i delusi dalle scelte del Capitano – tanto politiche quando di compilazione delle liste, da cui sono stati fatti fuori i fedelissimi di Giorgetti e ridimensionati i simpatizzanti dei governatori – circola una simulazione dell’istituto Noto Sondaggi, risalente a una decina di giorni fa. Che nei collegi plurinominali per Montecitorio (cioè il proporzionale) legge al Nord un distacco fino a dieci punti, con punte di dodici in Piemonte. Poi un divario medio di sei-sette punti in Lombardia, nove in Liguria, quattro in Trentino Alto Adige, sette-otto in Veneto (dove però FdI raggiungerebbe punte del 35%) ed Emilia Romagna. Mentre nel plurinominale del Friuli governato da Max Fedriga, la Lega sarebbe al 17,3 con FdI al 31,7%.

Uno scenario che, se confermato nelle urne, rappresenterebbe una disfatta. Rado Fonda di Swg analizza con HuffPost: “Abbiamo rilevato anche noi un sorpasso di FdI sulla Lega con un vantaggio notevole e consistente in Piemonte, Liguria, Val d’Aosta ed Emilia Romagna. Mentre in Lombardia e Triveneto sono molto vicini, con un vantaggio minimo di FdI. Ma la tendenza degli ultimi giorni vede una crescita della Meloni a danno di Lega e Forza Italia”. Già: anche gli azzurri soffrono di questo travaso di consensi. Non è, secondo Fonda, un problema specifico del Nord: “FdI sta avendo una crescita omogenea e generalizzata, slegata da dinamiche locali. C’è un’ondata, a cui si somma la tendenza a votare il partito vincente”. Quanto alla carta elettorale del ripensare le sanzioni: “Nell’elettorato leghista ci sono anime diverse. Alcuni potrebbero rispondere negativamente, è un terreno delicato. In ogni caso, siamo davanti a un trend generale”. Gianluca Pini, romagnolo, è un ex deputato della Lega bossiana, impegnato in una battaglia giudiziaria con l’attuale gruppo dirigente per “scongelare” il simbolo della Lega Nord. Oggi vive a Forlì e pronostica l’assenza di eletti leghisti in Romagna: “La sensazione è che la Meloni farà il pieno ovunque, la gente si sta stufando del cialtronismo. La conosco da anni ed è cresciuta moltissimo. Magari FdI avrà qualche problema di classe dirigente, ma gli elettori ne apprezzano coerenza e linearità. Salvini invece ha fatto troppe giravolte, per me andrà sotto il 10%”.

Anche il segretario però fiuta l’aria, ed essendo una macchina da campagna elettorale, reagisce senza risparmiarsi. Oggi è tornato a insistere sulle sanzioni: “Non funzionano e non fermano la guerra. Sarebbe meglio uno scudo. Tutti i Paesi stanno intervenendo sulle bollette di luce e gas, non è di destra o di sinistra, è fondamentale”. Vellica gli umori della base, evoca lo scostamento di bilancio (sapendo che il governo non ha né la volontà né i tempi per realizzarlo), promette ministeri a Milano, rilancia la naja obbligatoria (e pazienza se Berlusconi si è vantato di averla abolita). Torna anche a parlare di autonomia, immemore del fatto che Veneto e Lombardia stavano portando avanti il dossier con la ministra Gelmini, e che la fine dell’esecutivo ha interrotto il processo. Insomma, tra la brezza nazionale che spira e le distanze della segreteria con l’ala ex governista, il meteo per la Lega non volge al bello. E qualcuno pensa persino che se Meloni non fosse di salda fede centralista, e avesse aperto uno spiraglio alle istanze autonomiste, a questo giro avrebbe fatto cappotto.