di Marco Lupis

 

Era dai tempi della Guerra Fredda - quando il Cremlino considerava la Cina comunista la sua "cugina più povera" - che la Russia - isolata e indebolita – non si trovava a un passo dallo scivolare inesorabilmente nel ruolo di "partner minore" del gigante asiatico. Decisivo per le sorti future della ”Amicizia senza limiti“ tra Cina e Russia, sarà il prossimo incontro a due di Xi e Putin a Samarcanda, annunciato oggi. Il presidente cinese Xi Jinping e il presidente russo Vladimir Putin, infatti, dovrebbero incontrarsi in un vertice in Uzbekistan la prossima settimana come parte della prima visita all'estero del leader cinese dallo scoppio della pandemia. Sarebbe anche il primo incontro faccia a faccia dei due leader dall'invasione russa dell'Ucraina. L'ambasciatore russo in Cina, Andrey Denisov, ha affermato che i due paesi stanno pianificando un "incontro serio e completo con un'agenda dettagliata" per il vertice dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai dal 15 al 16 settembre a Samarcanda, secondo l'agenzia di stampa statale russa Tass.

La visita di Xi - che toccherà sia Uzbekistan sia Kazakistan - conferma la centralità che Pechino intende dare allo Sco, organizzazione che comprende anche Russia, Kirghizistan, Tagikistan, India e Pakistan (saranno presenti come osservatori anche delegati di Afghanistan e Iran) e che la Cina individua come piattaforma decisiva in Asia Centrale, ovvero in quella zona di influenza che ha una rilevanza geopolitica fondamentale per i piani cinesi, poiché si colloca in una “terra di mezzo” tra Oriente ed Europa solcata dalla Via della Seta (vale la pena ricordare che la Belt & Road Initiative è stata annunciata da Xi proprio durante una visita in Kazakistan, nel 2013). Un’area in cui Pechino sovrappone i propri interessi con Mosca (che per questo è inclusa nei meccanismi multilaterali geostrategici regionali già dai tempi del Gruppo dei Cinque).

L'alto funzionario cinese Li Zhanshu ha partecipato mercoledì all'Eastern Economic Forum a Vladivostok, in Russia. Nel suo discorso, Li ha insistito sul fatto che la Cina lavorerà per "migliorare la cooperazione" tra i due paesi, in aree come agricoltura, energia, investimenti e protezione ambientale. Questa settimana il PLA, l’Esercito Popolare di Liberazione cinese, ha partecipato alle esercitazioni militari congiunte “Vostok 2022” organizzate dalla Russia nel Mar del Giappone, dove Pechino ha inviato più di 2.000 soldati, oltre 20 aerei da combattimento e tre navi da guerra: è la prima volta che la Cina invia forze da tutti i rami del suo esercito. Vladimir Putin vi si è recato personalmente, e lo si è notato osservare con un binocolo le esercitazioni congiunte dei due eserciti, indossando una giacca mimetica delle forze armate russe.

Anche se, apparentemente, la collaborazione tra Cina e Russia viene venduta dai due giganti come “paritaria”, lo squilibrio di potere – soprattutto in termini economici – di Pechino nei confronti di Mosca comincia a farsi sempre più evidente con il progredire della crisi ucraina e le crescenti difficoltà che la Russia deve affrontare a causa delle sanzioni occidentali. La guerra in Ucraina ha reso infatti la Russia sempre più dipendente dalla Cina: le sanzioni hanno ridotto il mercato globale delle sue esportazioni e assottigliato i possibili fornitori. In Cina, le importazioni dalla Russia sono aumentate, con un significativo balzo in avanti di ben l’'80% a maggio rispetto allo scorso anno, principalmente sotto forma di petrolio e altre risorse naturali. A luglio la Russia si è confermata per il terzo mese consecutivo al primo posto per le forniture di greggio alla Cina, che si avvantaggia dei prezzi scontati del greggio russo in seguito alle sanzioni imposte dall'Occidente a Mosca per l'invasione dell'Ucraina. Il mercato russo, rimasto privo di molti prodotti europei, potrebbe essere venire invaso in misura ancora più grande dai beni e dalla tecnologia cinesi nei mesi e persino negli anni a venire. Anche sul piano valutario la dipendenza della Russia dall’ “amico” cinese sta aumentando: la moneta cinese, che ha già sorpassato l'euro alla borsa di Mosca, potrebbe a breve diventare la valuta di riserva de facto per la Russia anche senza essere completamente convertibile, e quindi aumentare ulteriormente la dipendenza di Mosca da Pechino. Significativo in tal senso l’annuncio odierno di Putin, che nel dichiarare che la Cina acquisterà un sempre maggiore quantitativo di gas e petrolio, ha dichiarato che tali acquisti verranno gestiti in Yuan e Rubli. Il colosso degli idrocarburi cinese China National Petroleum Corporation (Cnpc), infatti, ha siglato un accordo con il gigante dell'energia russo Gazprom per il pagamento delle forniture di gas in rubli e yuan, riducendo quindi la dipendenza russa dal dollaro e dall'euro.

L'accordo, che segna un nuovo capitolo di cooperazione tra i due giganti dell'energia, "semplificherà i calcoli" e costituirà un "eccellente esempio" per altri gruppi, ha dichiarato il Ceo di Gazprom, Alexei Miller. L'intesa giunge a soli pochi giorni dalle dichiarazioni del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che aveva in pratica ricattato ancora una volta l’Occidente mettendo in relazione la ripresa delle forniture di gas russo all'Europa con la revoca delle sanzioni che, a suo dire, impediscono la manutenzione degli impianti. Gazprom e Cnpc avevano rinsaldato l'intesa alla vigilia dei Giochi Olimpici Invernali di Pechino 2022, con un accordo per ulteriori dieci miliardi di metri cubi di gas all'anno. Le consegne di gas russo alla Cina erano cominciate già nel 2019 attraverso la condotta Power of Siberia, che attraversa l'estremo oriente russo, a cui si aggiungono quelle di gas naturale liquefatto (Lng). Gli acquisti cinesi di petrolio russo e altre materie prime sono aumentati vertiginosamente e Xi ha recentemente promesso che il commercio con la Russia raggiungerà nuovi record. Ma in realtà le esportazioni della Cina verso il suo vicino rimangono ben al di sotto dei livelli prebellici, secondo uno studio del Peterson Institute of International Economics.