Franco Esposito

 

Vivo è, oppure è morto? Il dubbio contenuto nell’interrogativo agita da anni magistrati, polizia e carabinieri. Li turba, fino a renderli non all’altezza di fare una previsione. Di fornire una precisa informazione. Allora la domanda ritorna: è vivo o se ne è andato all’altro mondo Matteo Messina Denaro? Ignzieddu, come lo chiamano due mafiosi intercettati. Grandi chiacchieroni non sanno che i loro telefonini sono soggetti a costante controllo. 

“Ignazieddu è vivo e vegeto”, e uno dei due mafiosi rassicura l’altro. Sarebbe quindi vivo, è certamente ancora presente su questa terra il latitante più ricercato d’Italia. Ignazieddu o Diabolik o ‘U Siccu, ricercato dal 1993, è considerato l’ultimo padrino di Cosa Nostra. Ne ipotizza la morte Marco Buffa, subito redarguito da Piero Di Natale durante la telefonata intercettata, di una preziosità unica. “Non parlare in giro di questo fatto, perché già la notizia gli è arrivata”, ammonisce Di Natale, normale che l’altro. Proprio quel Marco Buffa, che sostiene al telefono la tesi che scotta: Ignazzu è morto. 

E altro, Piero Di Natale, arrestato in coppia con Buffa? Riferisce di aver saputo che “Ignazieddu non è morto”, perché in giro ci sono sette/otto persone che lo informano periodicamente. “Ma la notizia gli è arrivata all’orecchio, vero?”, chiede seriamente preoccupato. “Niente, allora fuochi d’artificio, succede”. Normale e doverosa la decisione di dover svoltare. Perentorio Di Natale, molto deciso e determinato, la pistola sempre a portata di mano. “Parola d’onore, non succede nente”. 

Invece succede. Captato il dialogo tra mafiosi a giugno scorso, il Ros e i carabinieri dei comandi provinciali di Campobello, Mazara del Vallo e hanno arrestato 35 persone sulle 70 indagate collegate alle più importanti e influenti famiglie mafiose trapanesi. Tutte accusate a vario titolo di “associazione mafiosa, estorsione e droga”. 

Ma chi è Messina denaro, tra i latitanti più ricercati e pericolosi al mondo? La sua latitanza comincia nell’estate del 1993, durante una vacanza con il figlio a Forte dei Marmi. Da allora, è diventato un fantasma inseguito dalle questure di tutta Italia. Capo del mandamento di Castelvetrano, compare in quasi tutti gli episodi più violenti e insanguinati della storia d’Italia. É riuscito a spingere il suo potere anche nelle province di Palermo e Agrigento. 

Fattore nella prima giovinezza, viene denunciato per associazione mafiosa e ritenuto responsabile della sanguinaria faida tra gli Accardo e Ingoglia. Dirige con i mafiosi del quartiere Brancaccio il gruppo di fuoco inviato a Roma per l’attentato al giornalista e conduttore televisivo Maurizio Costanzo e per l’uccisione designata del giudice Giovanni Falcone e del ministro Claudio Martelli. 

Ricco di omicidi il suo curriculum, é tra gli esecutori materiali dell’omicidio di Vincenzo Milazzo della cosca di Alcamo. Sanguinario se ne esiste uno, ne strangola barbaramente la compagna Antonella Bonomo, incinta al terzo mese. Insieme con Leoluca Bagarella e i fratelli Graviano funge da supporto logistico per gli attentati a Firenze, Roma, Milano. Dieci morti e 106 feriti.   

Zio Franco, ovvero Francesco Luppino, è l’uomo di fiducia del superlatitante Messina Denaro, già condannato per “duplice omicidio aggravato dal metodo mafioso” e scarcerato nel 2019. Tornato in libertà, il famigerato Zio Franco avrebbe ripreso il comando della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara. La costola del mandamento di Castelvetrano. I territori storicamente dominati da Messina Denaro. 

Francesco Luppino o Zio Franco avrebbe “intrattenuto comunicazioni sia epistolari che de visu con il latitante”.  Il passaggio viene ritenuto di fondamentale importanza dai magistrati inquirenti. 

I giudici ritengono che Luppino “riceveva da Messina Denaro direttive per designare referenti sul territorio, dai capi famiglia ai capi decina”. Il racconto al telefono sotto controllo e il successivo colloquio intercettato hanno dato agli inquirenti la certezza sul coinvolgimento di Buffa, Di Natale e Luppino. 

Il colloquio tra i due mafiosi è proseguito sulla falsariga di passate conversazioni dal carcere. Di Natale racconta a Buffa di aver letto i pizzini in possesso di Luppino e firmati dal boss. “Allora in uno degli ultimi, glielo ho detto a Luppino, “salutami Sandrone e digli che io sono qua, come prima, anzi più di prima, e lui è il suo pensiero, perché io a questo l’ho messo qua, a questo l’ho messo qua…e questo mi preoccupa”. 

Il dialogo, in definitiva, proverebbe che Matteo Messina Denaro, Ignazieddu o Diabolik o ‘u Siccu, è vivo. E sarebbe tuttora ancora nella condizione di impartire direttive in funzione della riorganizzazione della mappa degli assetti mafiosi della provincia.