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Sono 828 milioni le persone che vanno a dormire a stomaco vuoto, 46 milioni in più rispetto al 2020 e 150 milioni in più rispetto al 2019. Aumentate anche le persone che vivono in condizioni di insicurezza alimentare acuta, ovvero senza accesso costante e duraturo a cibo sicuro e nutriente: sono 354 milioni, 200 milioni in più rispetto all’inizio della pandemia. Questi dati - gli ultimi forniti dal World Food Programme che indica il 2022 come un anno a rischio di catastrofe alimentare - fanno dubitare fortemente della effettiva possibilità di raggiungere l’obiettivo 2 dell’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo sostenibile, che parla di “assicurare a tutte le persone, in particolare i poveri e le persone in situazioni vulnerabili, tra cui i bambini, l’accesso a un’alimentazione sicura, nutriente e sufficiente tutto l’anno”. Ma quali sono le ragioni di questo fallimento? Sgombrato il campo dagli equivoci e false informazioni sulla capacità della Terra di nutrire gli 8 miliardi di persone che la abitano (si butta un terzo del cibo prodotto), l’aggravamento della fame e dell’insicurezza alimentare è il risultato della combinazione di diversi fattori. I cambiamenti climatici sono tra i principali motori della fame nel mondo. Negli ultimi 10 anni, 1,7 miliardi di persone sono state colpite da condizioni meteorologiche estreme e da disastri legati al clima. Specie nei Paesi a basso reddito, gli eventi climatici estremi possono provocare la perdita di raccolti, danni al tessuto economico, al territorio e alle infrastrutture con conseguenze disastrose sulla nutrizione e sulla sicurezza alimentare delle popolazioni. E’ stato calcolato che in presenza di un aumento delle temperature globali superiori ai 2 gradi, altri 189 milioni di persone soffrirebbero la fame. In uno scenario con 4 gradi di incremento si arriverebbe a quasi dieci volte tanto, ovvero un miliardo e ottocento milioni di persone affamate in più. Anche la pandemia di Covid-19 e le sue conseguenze economiche hanno contribuito a far crescere i livelli di malnutrizione e fame. Già lo scorso anno Fao, Unicef, Oms, Pam e Ifad avevano lanciato l’allarme analizzando gli effetti della pandemia sulla sicurezza alimentare nel mondo. "Purtroppo la pandemia continua a fare emergere le carenze dei nostri sistemi alimentari, carenze che minacciano le vite e i mezzi di sussistenza di molte persone in tutto il mondo", affermavano gli autori del rapporto. Ad aggravare ancor più la situazione è stato il conflitto russo-ucraino. La guerra è infatti un attivatore di povertà: il 60% delle persone che soffrono la fame vive in aree dove sono in corso conflitti o guerre. La guerra sconvolge i ritmi di vita, costringe le persone a lasciare le proprie case, elimina fonti di reddito, distrugge il territorio. Nel 2020, secondo il rapporto Cesvi erano 169 i conflitti attivi e 8 dei 10 Paesi con livelli di fame "allarmanti" o "estremamente allarmanti" vivevano situazioni di guerra: dalla Repubblica Democratica del Congo alla Nigeria, dal Sud Sudan alla Siria, dallo Yemen alla Somalia. La guerra tra Russia e Ucraina non fa eccezione. Si stima che oggi in Ucraina un terzo della popolazione rischi l’insicurezza alimentare. Ad amplificare ed estendere gli effetti di questo conflitto il fatto che i Paesi coinvolti sono tra i principali produttori mondiali di cereali, con in mano il 31% dell’export di grano. Molti Paesi dell’Africa sub-sahariana e del Medio Oriente dipendono dal grano russo e ucraino, in certi casi per forniture fino al 100%. L’interruzione delle catene di approvvigionamento e la crisi energetica hanno prodotto la crescita diffusa dei prezzi, saliti in media del 20% con conseguenze anche nei Paesi ricchi. In Italia - secondo dati Istat - 5,6 milioni di persone vivono in condizioni di povertà assoluta e hanno ridotte possibilità di accedere a una alimentazione sana e adeguata. La ragione profonda dell’attuale crisi alimentare, seppur aggravata da queste variabili (covid, guerra, cambiamenti climatici), va però ricercata all’interno del sistema alimentare stesso. “La crisi attuale è stata l’ultima di una lunga serie di fallimenti nel sistema alimentare globale", ha dichiarato Alex Maitland di Oxfam in una intervista a The Guardian. "La guerra in Ucraina ha causato un'enorme volatilità dei prezzi e l'interruzione delle forniture alimentari a livello globale ma questo è solo l'ultimo colpo che deve affrontare un sistema alimentare che non funziona più e concentra potere e profitti nelle mani di pochi.” Oggi, secondo i dati di Alex Maitland, il 70-90% del commercio mondiale di grano è controllato da sole 4 società (Archer-Daniels-Midland, Bunge, Cargill e Louis Dreyfus). Tra giugno 2021 e maggio 2022 Cargill ha registrato un aumento del 23% dei ricavi; Archer-Daniels-Midland ha messo a segno profitti elevatissimi durante il secondo trimestre del 2022. Le vendite di Bunge sono aumentate del 17% su base annua nel secondo trimestre di quest'anno. Louis Dreyfus ha registrato utili per il 2021 in aumento di oltre l'80% rispetto al 2020. A giudizio di molti studiosi per risolvere questa crisi alimentare ed evitare che si ripeta in futuro occorre dunque affrontarne le vere cause, a partire da crisi climatica, possibilità di accesso al cibo, speculazione finanziaria. Ma soprattutto occorre mettere in atto tutti gli strumenti per accelerare la transizione a un’agricoltura sostenibile, abbandonando il modello produttivo dell’agricoltura intensiva responsabile di molte distorsioni del sistema alimentare.