di Anonimo Napoletano

Alessandro aveva tredici anni, due genitori benestanti, una fidanzatina, ottimi voti a scuola. Eppure si è suicidato lanciandosi dal balcone di casa sua, al quarto piano di una palazzina borghese nel comune di Gragnano, in provincia di Napoli. Tanto inspiegabile e inverosimile sembrava la sua morte, che all'inizio tutti hanno pensato a un tragico incidente. Alessandro era forse salito su una sedia in balcone per muovere l'antenna televisiva che ultimamente faceva le bizze. Ma il ragazzo aveva mandato un ultimo saluto alla fidanzatina con un messaggio whatsapp: “Non ce la faccio più, tolgo il disturbo. Non dimenticarmi”.

Questa però non è una storia di solitudine, di depressione o di disagio giovanile. A spingere Alessandro al gesto fatale è stato un gruppo di ragazzini che lo tormentava da mesi. La drammatica, inquietante verità sta emergendo dal telefonino del tredicenne. E ora sei ragazzi sono indagati per induzione al suicidio: sono quattro maschi e due femmine, tutti di Gragnano, quattro minorenni e due appena maggiorenni, tutti imparentati o in stretto collegamento tra loro. Lo scenario che sta emergendo dalle indagini condotte dalla Procura di Torre Annunziata e dalla procura minorile di Napoli è allucinante. Il povero Alessandro era stato preso di mira da una gang che lo bersagliava di messaggi minacciosi e intimazioni ad uccidersi. A quanto trapelato fin ora, a capeggiare la banda di cyberbulli c'era una ragazzina di 14 anni con cui Alessandro aveva avuto una breve relazione, che poi aveva troncato per fidanzarsi con un'altra coetanea. La 14enne abbandonata l'aveva presa male e aveva cominciato una campagna di insulti via social. A lei si erano aggiunti due fratelli di 18 e 16 anni, cugini della ragazzina, più altri due amici e un'amica. 

Non c'erano solo gli insulti, nei messaggi ricevuti da Alessandro via social, ma anche veri e propri inviti ad uccidersi. E poi minacce di violenze fisiche. I due fratelli indagati, del resto, risultano già essere stati denunciati per aver picchiato per altri motivi un ragazzino di Gragnano. E, a quanto riferito dalla ultima fidanzatina di Alessandro, durante l'estate lei ed Alessandro avevano incrociato per strada alcuni dei bulli e si erano dati alla fuga per paura di essere picchiati. Il clima, quindi, per Alessandro e la fidanzatina era molto teso. Tre mesi di inferno, di pressioni e di timori. Ed ecco che a settembre si avvicina il ritorno a scuola e le minacce di aggressione dei cyberbulli si fanno più concrete. Probabilmente Alessandro ha pensato che nel percorso da casa a scuola e ritorno sarebbe rimasto esposto alle possibili violenze del branco. In qualche modo si è sentito sopraffatto da tanta violenza anche verbale, da tanto odio, sia pure espresso, pare, solo attraverso continui messaggi sul cellulare. La mente fragile di un tredicenne non ha retto la pressione. E in un momento forse di maggiore sconforto ha pensato di liberarsi nel modo più tragico. 

I genitori, professionisti ben voluti da tutti in paese e di cui amici e conoscenti dicono che avevano un rapporto sereno con il figlio, sono caduti dalle nuvole. Non avevano avuto nessun segnale e nessun sospetto di quello che da tre mesi stava passando il loro Alessandro. Ora si sono chiusi nel silenzio e si sono affidati a due avvocati per seguire le indagini, capire cosa sia davvero successo e se ci sono responsabilità penali per la morte del figlio. Le due procure interessate hanno fatto effettuare un'autopsia sul cadavere del tredicenne, che però non ha evidenziato alcuna anomalia nel fisico del ragazzo: non aveva assunto né alcol né altre sostanze allucinogene o farmaci. Gli investigatori hanno sequestrato sia il telefonino nuovo di Alessandro sia quello precedente, poi guastatosi. Sulle memorie di entrambi gli apparecchi è stata disposta una perizia d'ufficio e un'analoga perizia sarà svolta in questi giorni dal consulente nominato dalla famiglia. Gli inquirenti sperano di trovare, nelle memorie dei cellulari, tracce anche di messaggi cancellati da Alessandro. E grazie a questi risalire al contesto in cui il tredicenne ha maturato la decisione di farla finita e le responsabilità di altri soggetti. Analoga perizia sarà effettuata anche sugli smartphone dei sei ragazzi indagati. 

Il branco di bulli, oltre all'accusa di induzione al suicidio, potrebbe poi essere chiamato anche a rispondere del reato meno grave di stalking, che però non è procedibile d'ufficio ma necessita di una denuncia della vittima. Gli avvocati della famiglia hanno lasciato intendere che i genitori presenteranno la querela nelle prossime ore. 

Ai funerali di Alessandro, celebrati dall'arcivescovo di Sorrento-Castellammare di Stabia, monsignor Franco Alfano, c'era tutto il paese, con il sindaco, i compagni di scuola e i compagni della squadra di basket. Dura l'omelia dell'alto prelato, che cita dal Vangelo: «Guai a voi che ora ridete calpestando i fratelli, guai a voi perché poi piangerete», e ha messo in guardia la sua comunità dall'alimentare «sentimenti negativi che ci mettono l'uno contro l'altro». Bara bianca, palloncini bianchi, fiori bianchi, magliette bianche con la foto di Alessandro, il solito tristissimo cerimoniale che accompagna la morte di un piccolo angelo. Ma questa storia deve essere di monito a tutti, genitori, educatori, istituzioni. La domanda a cui difficilmente qualcuno saprà dare  risposta è: perché Alessandro non ha cercato protezione e conforto nei genitori, negli insegnanti, negli amici? Perché si è tenuto tutto dentro? Perché non ha chiesto aiuto? Probabilmente la risposta sta nella bolla di solitudine in cui vivono sempre più in questi tempi gli adolescenti, compressi in una vita fatta di rapporti virtuali più che reali, di post e storie sui social, una vita cibernetica che li isola sempre di più, e non li rende in grado di mandare all'esterno, alle perone più prossime, messaggi concreti e reali, come ad esempio richieste di aiuto. Questa storia deve essere di monito a tutti per moltiplicare i nostri tentativi di ascolto di questi adolescenti, nascosti come sono dietro al vetro degli smartphone e agli auricolari delle cuffiette.