La statua di Garibaldi a Montevideo

di Matteo Forciniti

Ancor prima del 25 aprile e del 2 giugno, per tanti italiani emigrati in Uruguay la vera festa nazionale è stata il 20 settembre. Il riferimento storico è alla Breccia di Porta Pia del 1870, penultimo capitolo del Risorgimento che portò all'annessione di Roma al Regno d'Italia.

Questa data oggi è stata praticamente dimenticata tanto in Italia come in Uruguay dove, per via della forte influenza della figura di Garibaldi, era stata dichiarata in passato una festività civile come la giornata del libero pensiero. Tradizionalmente, questa giornata viene celebrata dal Circolo Garibaldino di Montevideo che organizza una conferenza di carattere storico e culturale che quest'anno sarà posticipata al mese di ottobre come hanno riferito a Gente d'Italia i membri dell'associazione in un messaggio: "Quest'anno si compiono 152 anni di una data storica commemorando l'Unità d'Italia indissolubilmente legata alla libertà di espressione del pensiero. Dire Garibaldi è dire libertà, perché lui è stato un degno rappresentante di questo principio. Mentre difendeva eroicamente i suoi ideali, rispettava le libertà e i diritti degli altri, con un nobile spirito di tolleranza e comprensione". "In Italia" -prosegue il comunicato- "quel giorno trionfarono le idee di libertà e di indipendenza. In Uruguay quel giorno celebriamo la libertà di espressione del pensiero, che comporta tutte le altre libertà. Attraverso la figura di Garibaldi abbiamo quindi un motivo in più per sentirci uniti al popolo italiano,. Dobbiamo tenere alta ogni giorno la bandiera delle libertà, di cui l'espressione del pensiero è l'esponente principale, poiché le racchiude tutte".

Anche se oggi sembra scomparsa, la festa del 20 settembre ha avuto un significato speciale nella storia della comunità italiana in tutto il paese -tanto a Montevideo come nell'interno- come viene raccontato nel libro "Fratelli d'Italia" della storica argentina María Luján Leiva: "Gli emigrati italiani consideravano questa festa come la più sentita e popolare, e riuscirono a comunicare questo spirito alla comunità locale. La chiamavano "Festa d'Italia" o "Festa di Garibaldi", facendo sì che la tradizione popolare unificasse i due nomi amati senza soffermarsi sulla verità storica che non documentava la presenza di Garibaldi a Porta Pia". Secondo l'autrice, "la diffusione e l'entità di questa celebrazione rivela un carattere laico dell'immigrazione italiana nel Rio della Plata, così come l'influenza di una leadership liberale nella comunità italiana". Anarchici, socialisti, repubblicani e garibaldini conferirono a questa festività "un forte contenuto ideologico. Si esprimeva l'orgoglio delle origini, la decisione di una residenza e progetti di cambiamento in una nuova terra".

A far dimenticare nel corso degli anni successivi questa festa -continua la professoressa María Luján Leiva- "contribuirono la particolare congiuntura locale, il compromesso politico in Italia che la escludeva come celebrazione ed anche una mutazione profonda della componente umana dell'immigrazione italiana. Non si può, inoltre, non considerare la trasformazione della vita popolare e di quartiere, afflitta dai cambiamenti sociopolitici ed economici del dopo guerra. La celebrazione del 20 settembre era stata, per gli italiani, un modo per inserirsi nella nuova realtà, non accettandola però passivamente, così com'era, ma trasformandola".