di Giuseppe Colombo

Lunedì mattina, palazzo Strozzi Sacrati di Firenze, la sede della presidenza della Regione Toscana. In una delle sale, intorno a un tavolo, sono riuniti alcuni dei rappresentanti degli enti che devono dare il parere sull'installazione del rigassificatore a Piombino. In tutto sono trentacinque, metà sono collegati da remoto. Bisogna correre e tanto nonostante sia la prima riunione della Conferenza dei servizi perché il parere deve arrivare entro la fine di ottobre. La questione non è solo rigassificatore sì o no, già di per sé un tema complesso perché il sindaco di Piombino Francesco Ferrari, quota Fratelli d'Italia, è contrario. Sul tavolo il primo cittadino mette due pareri. Uno in rappresentanza del Comune che guida, l'altro in qualità di responsabile della salute pubblica.

Entrambi sono contrari: la nave metaniera che può rigassificare fino a 5 miliardi di metri cubi di metano liquido non deve essere posizionata nel porto della città. E non è neppure solamente una questione delle divergenze tra i partiti sul territorio e la testa nazionale a Roma, come è il caso dei meloniani, con il sindaco che dice no e la leader che dice sì se non ci sono alternative. Il rigassificatore è anche una questione di colore, quello della nave. Si parla anche di questo alla riunione della Conferenza dei servizi.

Il tema al tavolo lo solleva il Soprintendente Valerio Tesi, il rappresentante del ministero per i Beni e le Attività culturali per le province di Pisa e Livorno. Secondo quanto riferito a HuffPost da due partecipanti alla riunione, Tesi avrebbe spiegato come uno dei temi paesaggistici da tenere in considerazione è l'impatto, per chi guarda dal mare, della sagoma della nave sul promontorio che sorge alle spalle. Avrebbe anche suggerito di fare una simulazione tra vari colori per scegliere quello più idoneo e minimizzare così l'impatto. Nessuna preferenza sul colore, se giallo invece che rosso, ma comunque un accento sulla necessità di valutare questo elemento. La ricostruzione viene confermata dal resoconto della riunione pubblicato sul sito della Regione: "Ci si è soffermati nel corso della riunione di stamani anche sul colore della nave, che la Soprintendenza ha chiesto che abbia una tinta più omogenea al paesaggio", si legge in un passaggio.

Quella sul colore non è una raccomandazione fine a sé stessa perché la richiesta di valutare la tinta idonea è stata indirizzata a Snam, la società che a giugno ha comprato la Golar Tundra per conto del Governo. Un colore la nave ce l'ha già ed è il nero (con un sottopancia rosso, mentre la parte superiore, dove sono collocati i tubi per rigassificare il Gnl, è bianca). Spetterà a Snam rispondere anche a questo, insieme a tutte le altre richieste di chiarimento che arrivano da settimane e da più parti, non solo dal sindaco di Piombino. E anche di questo dovrà parlare di nuovo la Conferenza dei servizi che si tornerà a riunire ancora due volte, il 7 ottobre e il 21 dello stesso mese per esprimere, nella seconda data, il parere definitivo.

C'è una questione che scavalla tutte le obiezioni, che di per sé possono essere anche legittime. È il tempo. Non ce n'è. Già bisognerà misurarsi con il cambio di governo, che potrebbe rallentare l'iter autorizzativo, non solo per questioni politiche, ma anche tecniche. Insomma il centrodestra in pole per guidare il Paese dovrà decidere definitivamente se fare o non fare il rigassificatore a Piombino e poi mandare avanti le carte insieme al commissario per l'opera. Questo significa anche risolvere il problema delle opere di compensazione e di mitigazione dell'impatto della nave. Sono soldi. Li chiedono tutti, da destra a sinistra, e rispondono a una logica sacrosanta perché ospitare un'opera su un territorio significa anche potenziare le strade invece che realizzare altri interventi di valorizzazione. Vale per l'ex Ilva di Taranto, vale anche per Piombino.

Ma il tempo è quasi esaurito soprattutto per quello che significa il rigassificatore a Piombino. Se non si fa, la sicurezza energetica nazionale salta. Proprio durante la riunione della Conferenza dei servizi è stata Snam a fissare la road map: il parere deve essere formulato al massimo entro fine ottobre per far sì che la nave arrivi nel porto a febbraio e diventi operativa ad aprile. Senza nave non si può rigassificare il gas liquido che Eni ha comprato principalmente in Africa sotto la spinta del governo. I tre rigassificatori esistenti sono stati già portati al massimo della loro capacità di produzione e senza la nave ci ritroveremmo con il gas liquido sulle navi e non, una volta riportato allo stato gassoso, nella rete che arriva nelle case e nelle imprese. È gas che serve perché la diversificazione delle forniture porterà a staccarci dal gas russo solo a metà del 2024. È tanto gas perché rispetto all'anno scorso abbiamo a disposizione 1,5 miliardi di metri cubi di gas liquido in più, che saliranno a 7,9 miliardi di metri cubi e a 9,5 miliardi di metri cubi in più, sempre rispetto all'anno scorso, nel 2023 e nel 2024. La quota 2025 - 12,7 miliardi di metri cubi in più - è il target strutturale per l'indipendenza energetica da Mosca.

La situazione è complessa e non siamo nello scenario più critico, quello dell'assenza totale di gas russo. Se Putin dovesse chiudere i rubinetti, l'urgenza diventerebbe più pressante. Ma lo è già ora, anche di più nelle ultime settimane in cui si rincorrono le voci di possibili rallentamenti per i volumi incrementali di gas naturale che arriveranno in autunno dall'Algeria e per il taglio delle forniture elettriche da parte della Francia. Entrambe le ipotesi sono state smentite dai due Paesi, ma lo sviluppo della crisi ha dinamiche imprevedibili e gran parte dei giochi si faranno a livello politico. Se cioè tra fine settembre e l'inizio di ottobre si arriverà a una strategia comune a livello europeo, con una spinta decisiva al price cap, o se invece i Paesi continueranno ad attrezzarsi in casa, ognuno per conto proprio, al massimo con alleanze, come quella tra Berlino e Parigi, che allontanano il disegno comune e aggravano i problemi nazionali che tutti i Paesi, seppure con diversa intensità, hanno. Anche ammettendo che tutto vada bene, la nave a Piombino è imprescindibile nel piano del governo per assicurare la sicurezza energetica. L'alternativa è andare in sofferenza. E allora non basterà abbassare i termosifoni solo di un grado e tenerli spenti un'ora al giorno e per due settimane. Al ministero della Transizione ecologica si sta già predisponendo una rete di sicurezza nel caso in cui dalla Francia arrivassero segnali negativi: la compensazione arriverà dalle rinnovabili e dal biometano. Ma tutto questo servirà eventualmente a sopperire a quel 4-5% di energia elettrica che l'Italia importa dalla Francia. La nave a Piombino, invece, è data per scontata. Bisogna fare in fretta.