Foto di repertorio (Depositphotos)

di Gabriele Carrer

Davanti al successo della controffensiva ucraina, che ha implicazioni tattiche ma anche sul morale degli ucraini, dei loro alleati e pure dell'establishment russo, Vladimir Putin appare disperato. L'annuncio odierno della mobilitazione di una parte dei riservisti, del sostegno ai referendum in Ucraina e dell'accusa all'Occidente di "ricatto nucleare" segna, infatti, una svolta negli sforzi bellici che non stanno seguendo il piano pre invasione del Cremlino. Finora Mosca aveva sempre definito quella in corso in Ucraina una "operazione militare speciale".

Quella ordinata è la prima mobilitazione militare russa dalla Seconda guerra mondiale. Il timore diffuso è che la guerra possa inasprirsi, diventare ancor più sanguinoso e durare a lungo. A dare voce a questa paura è stata la vicepremier spagnola Teresa Ribera, raggiunta dai microfoni della Cadena Ser e di altri media iberici. L'annuncio di Putin sulla mobilitazione militare parziale in Russia è una "notizia drammatica, che conferma che questa è una guerra lunga e crudele, enormemente ingiusta e dura" sia per gli ucraini sia per i "cittadini russi forzati alla chiamata alle armi", ha spiegato. Il tutto, ha aggiunto, "fa presagire un inverno complicato".

Putin è disperato nella sua narrazione per attribuire l'escalation ad altri, ma è non senza opzioni. La mobilitazione si potrebbe rivelare difficile, come evidenziato anche dall'intelligence militare britannica nei mesi scorsi. E anche poco incisiva, visto il necessario abbassamento del livello di preparazione e morale delle forze. Il ministro Shoigu ha sostenuto che saranno chiamati 300.000 riservisti (a fronte di un corpo che cifre ufficiali indicano in circa 2 milioni di unità) e che la mobilitazione parziale sarà progressiva. Tuttavia, stime di intelligence statunitensi indicano che potrebbero arrivare al fronte circa 150.000 truppe in più. La qualità di queste, come la capacità russa di mantenere lo sforzo economico, sarà un fattore per il futuro del conflitto, sia per durata sia per brutalità.

Ma non è tutto. Infatti, all'inizio della guerra, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky aveva escluso concessioni territoriali definendole inaccettabili in ogni caso. Tranne uno: che fossero diventate l'unica cosa, quella più moralmente sostenibile, da fare di fronte alle schiaccianti perdite di civili. Questo è il punto su cui Putin potrebbe fare pressione nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, secondo alcuni report d'intelligence occidentali. I segnali in questa direzione già ci sono. Basti pensare alla recente strategia di colpire le infrastrutture civili ucraine. E a queste ora si aggiunge la minaccia di difendere il fronte con armi nucleare tattiche se ritenuto necessario dal Cremlino.

Indebolito, con poche opzioni a sua disposizione e con un fronte interno che scricchiola, Putin potrebbe però essere dunque ancor più imprevedibile e spietato. Come aveva spiegato ieri Alessandro Marrone, responsabile del programma Difesa dello Iai, commentando i referendum annunciati dalle autorità filo-russe nelle regioni di Lugansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhya, siamo davanti a uno "stress test inedito per Putin, una prova che il suo regime non aveva mai sostenuto in più di vent'anni". Cioè un conflitto più lungo, con perdite più alte e con risultati più scarsi di quanto preventivato prima dell'invasione del 24 febbraio.

Per l'intelligence militare britannica, i referendum di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhya potrebbero essere stati anticipati a fronte di "pressioni significative" sulla leadership civile e militare russa nelle ultime due settimane. Si tratta di una "urgenza" che, recita il bollettino quotidiano, è "probabilmente dettata dai timori di un imminente attacco ucraino e dall'aspettativa di una maggiore sicurezza una volta entrate formalmente a far parte della Russia". Le forze russe in Ucraina, spiega sempre la Difesa britannica, continuano ad avere carenze di personale. Sempre ieri la Duma ha deciso di modificare una legge che rafforza le pene per i militari inadempienti. "Ciò ha probabilmente lo scopo di limitare il numero di diserzioni e quindi di mitigare alcune delle pressioni più immediate", si legge. "La leadership civile e militare russa ha subito forti pressioni nelle ultime due settimane. È molto probabile che queste nuove misure siano state anticipate a causa delle critiche pubbliche e segnino un ulteriore sviluppo nella strategia della Russia".