di Pietro Salvatori

“Matteo Salvini è un grande amico”, dice Viktor Orban. Da Budapest probabilmente il risultato della Lega è troppo piccolo, piccolissimo, per essere visto. Matteo Salvini aveva fissato l’asticella a un voto in più del 17,3% preso nel 2018. Il conteggio si ferma drammaticamente a meno della metà dei consensi, in un testa a testa al ribasso con Forza Italia, che pure va vicina a dimezzare i consensi incassati cinque anni fa. E pensare che fino a nemmeno un mese fa Salvini e Berlusconi si arrovellavano su come sbarrare la strada di Palazzo Chigi a Giorgia Meloni, studiando alchimie che prevedessero che se i loro voti sommati avessero superato il totale di Fratelli d’Italia avrebbero avuto loro e non lei il diritto a fare il nome del presidente del Consiglio.

Insieme incassano quasi dieci punti di svantaggio, una distanza siderale dall’alleata che si ritrova spianata un’autostrada nella scelta del nuovo governo. Ad Arcore ne sono consapevoli, e cercano da subito di non subire troppo il cappotto: “Abbiamo dato un contributo determinante alla vittoria del centrodestra, nonostante una campagna elettorale viziata da attacchi e mistificazioni”, sono le prime dichiarazioni fatte filtrare dal quartier generale azzurro. “Siamo indispensabili al Senato”, commenta il capogruppo alla Camera Paolo Barelli, un’osservazione che ha il sapore di un avvertimento. Il Cavaliere si prefissa di fare “il regista dell’esecutivo che verrà", “ma le carte le daremo noi, non si mettesse in testa strane idee”, rispondono dal comitato elettorale di Fratelli d’Italia.

All’hotel Parco dei Principi, nel quartiere Parioli cuore della Roma bene, guardano con preoccupazione i numeri della Lega. “In un altro contesto questa distanza schiacciante sarebbe stata accolta da un boato, ma così rischiamo di avere un problema”, osserva un dirigente. Il Carroccio sotto il 10% non solo significa una significativa riduzione dei margini della maggioranza, ma potrebbe aprire un sommovimento interno al partito dagli esiti imprevedibili.

A via Bellerio gli occhi sono puntati sulla finestra illuminata al primo piano, dove è riunito lo stato maggiore insieme al leader. “Il centrodestra è in netto vantaggio. Sarà una lunga notte ma già da ora vi voglio dire GRAZIE”, twitta Salvini. Una lunga notte in attesa dei dati reali, certo, ma anche la notte in cui si apre bruscamente il processo alla sua leadership. Al nord il sorpasso subito da Fdi è ormai ovunque un dato di fatto, con Meloni che doppia Salvini sia in Lombardia che nel Nord-Est. Al sud le percentuali sono tornate a quelle di dieci anni fa, un impressionante passo del gambero rispetto al pieno di consensi incassato nell’ultimo lustro.

Gli occhi sono ora puntati su Giorgetti e sui governatori del nord, da Zaia a Fedriga passando per Fontana, che già prima della caduta del governo miravano a una sorta di commissariamento del segretario. Rispetto a due mesi fa, la situazione è diventata assai più seria. Se la resa dei conti interna lasciasse sul campo morti e feriti, un rimescolamento interno, addirittura una scissione potrebbe da subito stendere un’ombra sulla vittoria della coalizione. Mentre brindano al Parco dei Principi i meloniani ci pensano, eccome se ci pensano.