di Federica Olivo

La decisione è arrivata il 28 settembre e sarà attuata a brevissimo, già oggi probabilmente: Cesare Battisti non sarà più considerato un detenuto da tenere in alta sorveglianza ma, semplicemente, un detenuto comune. La notizia, confermata a HuffPost dal legale dell'ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo, ha suscitato le ire di Fratelli d'Italia. In realtà, però, prima di scandalizzarsi, bisognerebbe conoscere le regole dell'esecuzione penale. In base alle quali, evidentemente, un detenuto che ha commesso l'ultimo reato nel 1979, se non sorgono altre esigenze di sicurezza, può trascorrere la detenzione in carcere come gli altri reclusi. Senza essere considerato pericoloso a tal punto da meritare un regime speciale.

"Il Dap ha, a mio parere tardivamente, cambiato un qualcosa che non aveva alcun senso di esistere. Il regime di detenzione speciale, del quale non abbiamo mai saputo il motivo, era privo di ogni giustificazione", dice a HuffPost Davide Steccanella, legale di Battisti, che definisce "antistorico" il regime di carcere duro - non parliamo di 41 bis ma di un altro modello - cui il suo assistito era sottoposto. A chiarire i dubbi di chi si starà indignando arrivano anche le parole del garante dei detenuti dell'Emilia Romagna, Roberto Cavalieri: "Questa persona ha seguito l'iter normativo in modo corretto, l'amministrazione penitenziaria ha riconosciuto quello che non poteva non riconoscergli. Declassificazione non significa che l'amministrazione penitenziaria cancella il fatto che ha fatto reati terroristici, ma è una questione gestionale e logistica. Non incide sul tipo di condanna che ha avuto".

Battisti è stato estradato in Italia nel 2019, dopo una lunga premanenza in Brasile. Fino a ieri era detenuto a Ferrara e, in queste ore - come confermano più fonti a HuffPost - sarà trasferito a Parma. A meno che non ci siano dietrofront sulla decisione. Nel penitenziario ferrarese era arrivato nel 2021, dopo essere stato costretto all'isolamento nella sezione dedicata ai terroristi islamici del carcere di Rossano. Per protestare contro il regime detentivo particolarmente dure cui era sottoposto aveva anche iniziato lo sciopero della fame. Da oggi potrà vivere allo stesso modo degli altri detenuti.

I primi a commentare l'imminente trasferimento dell'ex Pac sono stati alcuni esponenti di Fratelli d'Italia. Con le loro parole hanno indirettamente indicato qual sia la linea del partito di Giorgia Meloni sulle carceri. E quale sia la loro interpretazione della funzione della pena: "Ultimo soccorso al terrorismo rosso. Una aberrazione! Dopo anni di latitanza, appena assaggiato il regime carcerario italiano, il criminale terrorista ottiene la declassificazione a detenuto comune. Una vergogna! Ancora più una vergogna che il Dap stia prendendo questa gravissima e scellerata decisione a pochi giorni dal cambio del governo. L'impunità del terrorismo rosso non è certamente la politica che il Governo di centrodestra intende mettere in campo", scrive il responsabile giustizia di Fratelli d'Italia, Andrea Delmastro delle Vedove. La 'preoccupazione' tra i meloniani è che con questo nuovo regime Battisti possa accedere alle misure alternative alla detenzione. Piccola, doverosa, precisazione: se anche accadesse, è la legge che lo prevede, in nome della funzione rieducativa della pena.

Sulla questione è intervenuto anche Galeazzo Bignami, parlamentare bolognese di Fdi. Bignami ha definito "inaccettabile" la decisione di rendere Battisti detenuto comune: "Battisti è e deve rimanere a Ferrara in regime di alta sicurezza come spetta ai terroristi come lui. Il suo trasferimento in regime comune a Parma va bloccato come la declassificazione del suo regime detentivo. Fratelli d'Italia presenterà una interrogazione immediata e fin da subito verificherà cosa sta facendo il DAP proprio ora, a pochi giorni dal cambio di governo, e perché sarebbe stata assunta questa decisione gravissima", ha scritto, anticipando quello che sarà tema delle prossime settimane: la sostituzione del vertice del dipartimento che amministra le carceri. "Il Dap è molto ambito, forse più della poltrona del Guardasigilli", ci dice una fonte che conosce molto bene quelle stanze.

Al momento a dirigere il dipartimento c'è Carlo Renoldi, che ha mostrato, sia da capo del Dap che da magistrato, di essere molto attento nei confronti dei diritti dei detenuti. Per questa sua linea, rispondente semplicemente alle leggi, era stato molto criticato da Lega e M5s quando era arrivato al suo nuovo ruolo, grazie alla nomina della ministra Marta Cartabia. Solo pochi giorni fa, Renoldi ha firmato due circolari che consentono ai detenuti le videochiamate con i loro cari. Una misura fondamentale per attutire la solitudine, chiesta a gran voce dalle associazioni che si occupano dei penitenziari e che guardano con preoccupazione al gran numero di suicidi che si sono verificati dietro le sbarre. Bene: non bisogna essere dei veggenti per capire che quella poltrona potrebbe essere tra le prime che salteranno, subito dopo l'insediamento del nuovo governo. Segno, anche questo, che il (presunto) riscoperto garantismo di FdI - certificato anche dalla candidatura di un profilo come quello di Carlo Nordio, possibile futuro Guardasigilli - si ferma alla fase del processo. Vedremo poi se riguarderà gli imputati di tutti i tipi di reati.

Quali nuovi scenari si apriranno per l'amministrazione penitenziaria lo vedremo tra poco. La strada imboccata da Cartabia e da Renoldi potrebbe non essere più percorsa. A una prima analisi, non c'è dubbio che le dichiarazioni di Delmastro e Bignami sembrano però anche in contrapposizione con il pensiero del ministro della Giustizia in pectore. Nordio parlava della necessaria "umanizzazione" del carcere. Un concetto che, evidentemente, non tutti condividono nel partito in cui è stato eletto.

Un assaggio di quella che potrebbe essere la linea del nuovo governo, a ben vedere, si trova (in due righe) nel programma del centrodestra: "Piano carceri, maggiore attenzione alla Polizia Penitenziaria e accordi con gli Stati esteri per la detenzione in patria dei detenuti stranieri", si legge. Nessun riferimento alla funzione rieducativa della pena, al reinserimento dei detenuti, all'umanizzazione dei penitenziari. Nulla di nuovo sotto il sole, forse. Ma chi si aspettava che la riscoperta del garantismo da parte di chi ha abusato dell'espressione "marcire in carcere" andasse a lambire le mura delle prigioni resterà deluso. E le reazioni all'ultimo capitolo della vicenda Battisti ne sono ulteriore dimostrazione.