di Giorgio Merlo

 

Il risultato ottenuto dal cosiddetto “terzo polo” è positivo e incoraggiante ai fini del rilancio della cultura e della “politica di centro” nel nostro Paese. Uno spazio politico che era quasi del tutto scomparso in questi lunghi anni dominati da un “bipolarismo selvaggio” e che aveva come principale se non esclusivo obiettivo quello di radicalizzare il conflitto politico da un lato e, di conseguenza, annientare/distruggere il nemico politico dall’altro. Una modalità che adesso è stata pagata in modo molto salato dalla sinistra e dal suo principale partito di riferimento, e cioè il Partito democratico. Del resto, la disastrosa gestione politica della segreteria Letta era sotto gli occhi di tutti da tempo. L’incapacità di costruire una coalizione, un approccio - come noto - dettato dal rancore politico e dalla vendetta personale e, soprattutto uno sbandamento pauroso sul progetto, sulla identità e sulla prospettiva futura del partito, non poteva che portare ad un epilogo politicamente fallimentare. E così è stato. Altrochè il Pd come partito di “centro sinistra”.

Sul versante del centro destra è ormai abbastanza consolidata la tesi che si tratta di una coalizione, del tutto legittimamente, di destra. Al netto della bravura e delle stesse capacità politiche di Giorgia Meloni che ha saputo trascinare un partito residuale dal 4% ad oltre il 26% in appena 4 anni. E la stessa parabola di Forza Italia, com’è evidente a tutti e senza alcuna polemica, si avvia al suo lento ma irreversibile declino politico ed elettorale.

In un contesto del genere è ovvio che una forza di “Centro” riformista, innovativa, democratica e di governo ha uno spazio politico forte e significativo. Certo, si tratta di una scommessa politica che adesso va rafforzata e affinata. E dopo un risultato elettorale così significativo - anche e soprattutto in molte regioni del Nord, a cominciare dal Piemonte con punte del 10-11% - lo spazio politico del centro adesso può realmente decollare. Si tratta di uno spazio politico che non potrà che essere culturalmente plurale dove la presenza delle tradizionali e sempre moderne e contemporanee culture politiche di matrice riformista e costituzionale dovrà essere incisiva e visibile. A cominciare dalla cultura cattolico popolare e cattolico sociale che in questi ultimi anni è stata sostanzialmente sacrificata sull’altare di un bipolarismo bislacco e maldestro. Una cultura che proprio nel futuro cantiere del “centro” può ritrovare la sua casa politica di riferimento attraverso un percorso culturale, politico e programmatico definito e comprensibile. Del resto, parliamo di una tradizione culturale che proprio con una attenta e intelligente “politica di centro” può ritrovare le ragioni per una rinnovata presenza nello scenario pubblico italiano. Com’è stato per moltissimi anni, e non solo durante la straordinaria ed originale esperienza politica, culturale e di governo interpretata dalla Democrazia Cristiana e poi dal Partito Popolare Italiano e dalla Margherita.

Questo voto politico ha confermato anche che esiste una classe dirigente disseminata in tutto il paese e che dev’essere valorizzata e promossa sempre più a ruoli politici importanti e qualificanti. Certo, poi abbiamo i leader di questo nuovo partito. E cioè Matteo Renzi e Carlo Calenda. E con loro molti uomini e donne che possono ambire a svolgere un ruolo decisivo e determinante per la costruzione di questo nuovo e rinnovato progetto politico e di governo. A cominciare dalle ministre Elena Bonetti, Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini.

Partire da un piedistallo dell’8% circa dei consensi degli italiani significa dar voce ad una fetta consistente della pubblica opinione degli italiani che non si riconoscevano più in questo bipolarismo bislacco e che adesso chiedono a gran voce una nuova rappresentanza politica da un lato e un progetto politico che sia in grado, soprattutto, di parlare a moltissimi altri italiani dall’altro. Perchè il futuro partito di centro non può non allargarsi e contemplare al suo interno altre tradizioni, altri mondi vitali e altri interessi sociali, culturali e professionali.

Per questi motivi adesso, accanto all’opposizione ad un futuro governo di destra e senza alcuna polemica, al contempo, di natura ideologica o tardo novecentesca come quella praticata e urlata dal Partito democratico, è necessario avviare una “costituente” politica, culturale, programmatica e manche organizzativa di questa forza di “Centro”. E questo non solo per il bene e il futuro del “Centro” ma anche, e soprattutto, per la qualità della nostra democrazia, per il rinnovamento della politica italiana e, infine, per la credibilità delle nostre istituzioni democratiche.