di Gian Paolo Manzella

Sicuramente la partita industriale più affascinante degli ultimi 60 anni è quella dei semiconduttori, il materiale di base per i chips che sono dentro quasi tutti i prodotti di oggi. Una storia 'globale', che parte negli anni Sessanta del secolo scorso e arriva ai giorni nostri, snodandosi in una prima fase tra la costa est e quella ovest degli Stati Uniti, tra Giappone e USA in una seconda, per poi affollarsi di altri competitor sino alla situazione odierna che vede Taiwan dominare questo mercato.

Un 'grande gioco' che è stato ed è una competizione spietata tra imprese e tra Stati. Una vera e propria "guerra tecnologica" come scrive Alessandro Aresu: fatta di un intervento pubblico che è stato acceleratore di innovazione e, spesso, elemento di distorsione della concorrenza; di una corsa costante al miglioramento tecnologico; di grandi personalità divenute oramai veri e propri oggetti di culto nel mondo dell'innovazione; di implicazioni geopolitiche sempre più evidenti.

Una delle ultime tappe di questa lunga vicenda tocca molto direttamente l'Italia. Per gli effetti positivi che avrà sull'ecosistema europeo dei semiconduttori, il 5 ottobre la Commissione europea ha infatti autorizzato la concessione di risorse del PNRR alla STMicroelectronics di Catania per la costruzione di un nuovo stabilimento. Sono 292,5 milioni di euro - su un investimento complessivo di complessivi 730 milioni - che serviranno a costruire la prima linea europea di wafer di carburo di silicio destinati ai cosiddetti Sic chips, sempre più essenziali nelle macchine, nelle applicazioni industriali, negli utilizzi elettronici, nel 5 G.

Una produzione direttamente legata, quindi, all'esigenza di assicurare quella "indipendenza tecnologica" che, con intensità diversa, è oggetto di attenzione comunitaria sin dall'inizio degli anni Settanta, quando già ne facevano un tema europeo due italiani che si succedettero in quegli anni come commissari all'Industria: Guido Colonna di Paliano e Altiero Spinelli.

Non è la sola notizia di interesse sul tema. Solo qualche settimana fa era stata infatti Intel a segnalare come tra i suoi investimenti europei nei prossimi anni ce ne sarebbe stato uno in Italia mentre la stessa STMicroelectronics sta costruendo una nuova factory nella sua sede vicino Milano, e sta pianificando ulteriori investimenti nel polo di Catania. L'Italia è, insomma, pienamente al centro di questa corsa globale che ogni giorno si arricchisce di un tassello in più: gli ultimi quelli della visita di Biden allo stabilimento IBM da 20 miliardi nello Stato di New York finanziato con il Chips Act statunitense approvato nel mese di agosto e, pochi giorni fa, la decisione dell'amministrazione USA di limitare la vendita alla Cina di semiconduttori e tecnologia legata ai chips per rallentare capacità di sorveglianza, intelligenza artificiale e programmi militari cinesi.

Cosa ci dice, oltre a questo, la notizia che ci viene da Catania?

Innanzitutto che si sta rispettando l'impegno politico europeo di creare un ecosistema favorevole ai semiconduttori esplicitato dalla presidente Von der Leyen nel discorso dello Stato dell'Unione del 2021. Il Chips Act, lo strumento con cui nel febbraio del 2022 la Commissione ha delineato una politica per i semiconduttori si sta rivelando capace di coordinare risorse pubbliche comunitarie e nazionali, di attivare investimenti privati, di riunire gli stakeholders per comprendere meglio le esigenze del sistema, di segnalare l'attenzione della politica europea a questa produzione strategica.

Il secondo punto è che la questione, centrale, della autonomia strategica è affrontata con sempre maggior serietà e completezza. Basti pensare che in questo caso si autorizza la STMicroelectronics a costruire un materiale che, a sua volta, sarà essenziale a garantire l'autosufficienza della produzione europea.

Il terzo aspetto è che l'Italia può essere un protagonista in questo settore: sia per la qualità delle attività industriali già in essere, sia per il suo 'capitale umano': una ragione in più per puntare sulla attrazione di investimenti di qualità.

Vi è, infine, la questione del Mezzogiorno. L'investimento di STMicroelectronics serve a far capire che il Sud del nostro Paese è nel segmento tecnologicamente più avanzato della competizione industriale globale; a portare a costruire attorno a questo investimento un tessuto di PMI ed una connessione sempre più stretta con il mondo della ricerca; a mostrare le potenzialità attrattive che ci sono nel Meridione d'Italia.

Un investimento che è, quindi, molte cose allo stesso tempo: alta tecnologia, lavoro, impresa, autonomia strategica europea. E che, insieme, è anche elemento di un nuovo racconto meridionale.