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di Silvana Mangione

Tra brogli e reati, indignazione e denunce di alcune comunità e l'acquiescenza o la complicità di altre, i media italiani e chi vuole cancellare l'esistenza stessa dell'emigrazione stanno imperversando  con la narrazione degli abusi, ma nessuno interviene a correggere le situazioni o, nel caso della giustizia, a emettere sentenze di condanna per direttissima. Perché? Perché la guida e il controllo di azioni e iniziative per gli italiani all'estero sono demandati alla Farnesina, a capo della quale dal 1986 – anno di insediamento dei Co.Em.It. – Comitati dell'Emigrazione Italiana – poi diventati Com.It.Es. – Comitati  degli ITALIANI all'Estero – si sono succeduti 21 Ministri degli Esteri.

Alcuni di loro hanno retto il dicastero per pochi mesi, come il costituzionalista Leopoldo Elia, che servì un interim nell'aprile – maggio 1994, altri sono stati rinominati più volte come Giulio Andreotti. E qui sta il problema. Quando a capo degli Esteri c'è un politico forte, che comprende l'importanza per l'Italia della presenza degli italiani all'estero, la nostra politica internazionale si accende di idee e interventi che beneficiano sia il popolo migrante che la madrepatria. Al contrario, quando il vertice del MAECI viene affidato a un Ministro debole, il compito di definire  la politica e le politiche – politics and policies, come dicono gli amici anglofoni – ricade sulle spalle dei diplomatici. Intendiamoci bene. Ho affermato più volte pubblicamente che il nostro corpo diplomatico è fra i migliori, se non il migliore, del mondo. La mia non è piaggeria, ma una convinzione maturata nei molti anni in cui ho dialogato con Ambasciatori, Consoli, Direttori Generali e Consiglieri diplomatici.

Ma il mestiere del diplomatico è molto diverso da quello del politico. Le valutazioni e i princìpi che stanno alla base delle loro decisioni rispondono ad altre logiche. Facciamo un esempio: l'Ambasciatore Giulio Terzi di Sant'Agata, nominato Ministro degli Esteri nel 2011, si dimise platealmente nel corso di un'audizione alla Camera dei Deputati, perché il Governo di allora aveva deciso di rimandare in India i due marò, falsamente accusati di omicidio. A quell'epoca, i marò erano stati da poco riportati in Italia per merito del lavoro di Staffan de Mistura, un altro diplomatico, già sottosegretario poi Vice Ministro agli Esteri, nominato nel 2013 inviato speciale in India per il loro caso. Detto questo, veniamo al dunque. La legge istitutiva del Com.It.Es. è datata 2003 e ha urgente bisogno di aggiornamenti, rafforzamenti e precisazioni. La legge del 2003 non è il frutto diretto dei suggerimenti delle rappresentanze elette e associative degli italiani all'estero, ma di un tavolo di lavoro della Farnesina, cui il CGIE fu ammesso soltanto inizialmente. Ovviamente anche il parlamento fece la sua parte nel produrre un testo confuso, che non ne definisce chiaramente la natura né i compiti.

Questa legge lascia ampio adito a interpretazioni inaccettabili e prevede strane procedure di "pulizia" interna, dipendenti dall'area politica di riferimento delle maggioranze in carica. Prima fra tutte, vi è la stupidaggine giuridico–legislativa dell'aver fatto riferimento all'istituto della "ineleggibilità" invece che alla "incandidabilità" e aver previsto divieti diversi, tassativi quelli a carico di tre categorie, compresi i detentori di cariche istituzionali a qualunque livello internazionale. Si lascia invece al Com.It.Es. stesso di decidere se "gli amministratori e i legali rappresentanti dei comitati per l'assistenza che ricevono finanziamenti pubblici" sono eleggibili o no, ma soltanto dopo la loro elezione! Con questa dizione il legislatore e il MAECI indicavano chiaramente i Co.As.It., Comitati per l'Assistenza agli Italiani, che operano ancora in parecchi Paesi, mentre ormai le decisioni dei Com.It.Es. in proposito si rivolgono esclusivamente contro gli operatori di Patronato e li dichiarano ineleggibili o no a seconda delle appartenenze di partito.  

Il CGIE uscente, in consultazione con le rappresentanze elette e associative delle comunità, aveva prodotto nel 2017, e approvato all'unanimità, una proposta di riforma della legge istitutiva dei Com.It.Es. che regolava alcuni punti chiave, fra cui proprio quello dell'incandidabilità, per evitare le solite delibere a favore di chi piace alle maggioranze interne e contro chi appartiene all'orticello aborrito. Il testo era stato presentato nel 2021 alla Camera, così com'era, dall'allora deputata Fucsia Nissoli di Forza Italia e, con due miglioramenti, dall'allora capogruppo del Partito Democratico Lia Quartapelle. La Commissione competente aveva licenziato un testo unitario, la cui discussione era prevista in aula quando, in seguito alla bagarre che ha provocato le dimissioni irrevocabili di Mario Draghi, il Presidente Mattarella ha indetto le elezioni anticipate. Perché era trascorso tanto tempo fra il varo della proposta del CGIE e la presentazione ufficiale ai legislatori? Perché, diciamolo con tutta serenità, il Ministro degli Esteri uscente, Luigi Di Maio, si è totalmente disinteressato dei 6 milioni e mezzo di italiani e dei 150 milioni di italici che vivono all'estero. Non è mai venuto personalmente alle riunioni del CGIE di cui è, per legge, Presidente. Si è limitato, in 5 anni, a intervenire un paio di volte o poco più, da remoto, per recitare cortesi saluti scritti dai diplomatici. L'obbligatoria relazione di governo era recitata dai diplomatici che, non potendo annunciare le politiche che il Governo intendeva concretizzare per gli italiani all'estero, narravano, con dovizia di utilissimi dati, tutto quanto era stato fatto dalla Farnesina. Che dire dei due sottosegretari di Stato in carica nello stesso periodo? In verità, sono apparsi tutti e due regolarmente alle riunioni, per leggere, in eventuale alternativa ai diplomatici , documenti scritti dai loro capi gabinetto, con una differenza.

Il sottosegretario Sen. Ricardo Merlo (MAIE), si è seduto per quasi quattro anni sulla proposta di riforma che avrebbe sanato molte criticità del testo vigente, forse perché si è occupato principalmente di aperture di ambasciate e cancellerie consolari e problemi in America Centrale e Meridionale. Il sottosegretario, già Senatore, Benedetto Della Vedova, ha partecipato alle riunioni del CGIE, ma non è mai intervenuto con forza sulle questioni degli italiani all'estero rimaste inevase.  Il caso Aldo Lamorte, il suo dirigere la maggioranza del Com.It.Es. di Montevideo per mantenere quattro cariche, nonostante la flagranza di reato contro la Costituzione e la legge elettorale, non soltanto italiana ma di tutti i Paesi nei quali vige la democrazia, sarà causa del prossimo perfezionamento della proposta di modifica della legge istitutiva del Com.It.Es..  Questo sarà il primo impegno del Consiglio Generale, non appena il o la Presidente del Consiglio di turno avrà la cortesia di firmare il decreto che elenca i Consiglieri di nomina governativa e il CGIE potrà insediarsi e cominciare a dialogare con il nuovo Governo. Speriamo presto.