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I colonnelli di Xi Jinping nella marcia verso la “nuova Cina”

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di Marco Lupis

Xi Jinping traccia il futuro corso della Cina al 20° Congresso del Partito Comunista Cinese. I risultati saranno resi pubblici al termine della settimana, il 22 ottobre, quando si formerà un nuovo Comitato Centrale, che guiderà i 97 milioni di membri del partito. Il giorno successivo, il Comitato Centrale terrà la sua prima sessione completa per approvare la formazione del Politburo di 25 membri e del Comitato permanente del Politburo di sette membri, il più alto organo decisionale. Ma intanto, fioccano le indiscrezioni sui tanti "nomi eccellenti" che andranno a inaugurare quella che sembrerebbe proprio essere un'autentica "rivoluzione" ai vertici, forse addirittura un terremoto: quasi la metà del Comitato centrale verrà sostituito. Inoltre, quattro dei sette membri del Comitato permanente del Politburo, di cui Xi è a capo, probabilmente andranno in pensione. Si parla, insomma, di un rimescolamento e anche di un ringiovanimento senza precedenti nella squadra di potere attorno al potentissimo Xi, destinata a guidare il Dragone nei prossimi cinque anni del nuovo e inedito mandato del "Nuovo Mao".

Il presidente del Congresso nazionale del popolo Li Zhanshu, 72 anni, e il vicepremier Han Zheng, 68 anni, avendo raggiunto l' età pensionabile non ufficiale di 68 anni, saranno i primi a passare la mano, seguiti, con ogni probabilità, dall'attuale premier Li Keqiang il quale, pur avendo teoricamente ancora un anno prima dell'età pensionabile, dovrà comunque dimettersi da premier, perché costituzionalmente il suo incarico è limitato a due mandati, già espletati. In teoria, Li, che è al secondo posto nella gerarchia del partito, potrebbe ancora rimanere nel Comitato permanente del Politburo e assumere un'altra posizione, come quella di presidente dell'NPC. Ma ora fonti affermano che il premier molto probabilmente opterà per il pensionamento completo. Resta l'incognita sul nome della quarta persona che si ritirerà. Wang Yang, ora presidente della Conferenza consultiva politica del popolo cinese, e Wang Huning, lo zar dell'ideologia, avendo entrambi la stessa età di Li Keqiang, 67 anni, sono i più "gettonati" per il pensionamento, nelle indiscrezioni che circolano in queste ore. Potrebbe invece rimanere ancora in sella Zhao Leji, attualmente a capo del potente organismo anticorruzione, che con i suoi 65 anni è il più giovane del "gruppo dei vecchi". Un tempo principale e decisivo elemento nel rimpasto, oggi in realtà il limite di età consueto non è più così restrittivo sotto Xi. Al contrario, i candidati vengono valutati in base a un insieme di vari fattori, tra cui background e abilità, sebbene l'età sia ancora considerata importante.

Se Wang Yang seguirà Li Keqiang nel pensionamento, si aprirà la corsa per il prossimo premier cinese. Wang è visto dagli osservatori d'oltremare come un sostituto ideale di Li data la sua ricca esperienza amministrativa e il suo background internazionale ineccepibile. Tradizionalmente, la posizione del premier è riservata al numero due o tre nella gerarchia del partito. Il premier, che è responsabile dell'economia e dello sviluppo sociale della Cina, di solito deve avere esperienza amministrativa in due grandi province e mostrare una solida esperienza di sviluppo economico. Ma mentre il nuovo premier sarà presentato formalmente solo alle sessioni parlamentari annuali del prossimo marzo, il nuovo ordine gerarchico del partito, che come si è detto sarà annunciato domenica, offrirà indizi chiari sul nome.

SI profila dunque un rimpasto molto più ampio del previsto, che potrebbe aprire la strada per quattro seggi molto ambiti del Comitato Permanente del Politburo, per i quali si fanno i nomi di: Ding Xuexiang, il fidato aiutante politico di Xi; quello del segretario del partito di Shanghai Li Qiang, nonostante una precedente debacle nella gestione di un grave focolaio di coronavirus; l'attuale segretario del partito del Guangdong, Li Xi, altro forte contendente per conquistare uno dei seggi; infine il segretario del partito di Chongqing, Chen Miner, considerato molto favorito perché molto considerato da Xi. "In panchina" – ma non è escluso che ce la faccia, Il vicepremier Hu Chunhua è considerato un'opportunità esterna per la promozione. Tra i nomi dei probabili esclusi, invece, quello del capo del partito di Tianjin, Li Hongzhong, e quello del capo del partito di Pechino, Cai Qi, che con ogni probabilità non verranno promossi.

Per consolidare il suo già enorme potere ed arrivare oggi a questo per molti versi incredibile traguardo del terzo mandato quinquennale, Xi ha dovuto affrontare e risolvere quella che lui stesso ha definito una "crisi ideologica" in Cina. Internet, ha detto Xi, è stata una minaccia esistenziale per il PCC, poiché ha fatto perdere al partito il controllo della mente delle persone. Così Xi ha represso blogger e attivisti online, censurato il dissenso e rafforzato il "grande firewall" cinese per limitare l'accesso ai siti web stranieri. L'effetto è stato quello di strangolare una nascente società civile ed eliminare l'opinione pubblica come freno a Xi. Un altro passo fondamentale è stato lanciare una durissima campagna anticorruzione, inquadrandola come una missione per salvare il partito dall'autodistruzione. Poiché la corruzione era endemica in Cina, con quasi tutti i funzionari a fare da potenziali bersagli, Xi è stato in grado di utilizzare la campagna come strumento di comoda epurazione politica degli avversari. I dati ufficiali mostrano che da dicembre 2012 a giugno 2021, il PCC ha indagato su 393 quadri dirigenti al di sopra del livello provinciale e ministeriale, funzionari che vengono spesso preparati per posizioni di vertice, nonché 631.000 quadri a livello di sezione, quelli che mettono in pratica le politiche del PCC a livello di base. L'epurazione ha colpito senza pietà alcuni dei più potenti funzionari che Xi riteneva minacciosi, tra cui Zhou Yongkang, ex membro del Comitato permanente e capo dell'apparato di sicurezza cinese, e Sun Zhengcai. Ovviamente – verrebbe da dire - coloro i quali hanno aiutato Xi nella sua travolgente carriera sono rimasti intoccati. Per esempio Jia Qinglin, capo del partito del Fujian negli anni '90 e infine membro del Comitato permanente, determinante nell'aiutare Xi a scalare i ranghi del potere. Sebbene vi sia motivo di credere che lui e la sua famiglia siano estremamente corrotti - i Panama Papers hanno rivelato che sua nipote e suo genero possiedono diverse società offshore segrete – sono passati indenni attraverso la campagna anticorruzione di Xi. Ma quando individua un nemico, o potenziale tale, Xi non va tanto per il sottile. E' il caso, per esempio, di Wang Min, il capo del partito della provincia di Liaoning, arrestato nel 2016 sulla base delle dichiarazioni del suo autista, il quale ha affermato che mentre era in macchina, Wang si era lamentato con un compagno di viaggio per essere stato ignorato per la promozione. Wang è stato condannato all'ergastolo: una delle accuse era "resistenza alla leadership di Xi".

Dopo aver espulso i suoi rivali dalle posizioni chiave, Xi ha installato la sua stessa gente in quegli stessi luoghi-chiave del potere cinese. Il gruppo dei fedelissimi di Xi all'interno del partito è noto come il "Nuovo esercito di Zhijiang", ed è composto dai suoi ex subordinati durante il suo periodo come governatore delle province del Fujian e dello Zhejiang e persino da compagni di classe universitari e vecchi amici delle scuole medie. Da quando ha assunto il potere, Xi ha rapidamente promosso i suoi accoliti, spesso al di là del loro livello di competenza. Il suo compagno di stanza ai tempi della Tsinghua University, Chen Xi, è stato nominato capo del Dipartimento Organizzazione del PCC, una posizione che da diritto ad un seggio nel Politburo e il potere di decidere chi può salire nella gerarchia. Eppure Chen non ha qualifiche rilevanti: i suoi cinque immediati predecessori avevano esperienza con gli affari del partito locale, mentre lui ha trascorso quasi tutta la sua carriera alla Tsinghua University.

Ma ultimamente il "nuovo Mao" deve vedersela con il montare di – isolati ma comunque significativi – focolai di dissenso interno. Dopo gli striscioni contro di lui apparsi – e subito rimossi – su di un cavalcavia a Pechino, nei giorni scorsi, altri esempi – inauditi per il livello di repressione esistente in Cina, sono apparsi in altre sette città cinesi e a Hong Kong, oltre che all'estero, in diversi campus universitari negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Europa, in Australia e altrove.

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