Putin
Vladimir Putin (foto: Depositphotos)

di Lorenzo Santucci

"Il potenziale rischio di un conflitto nel mondo nel suo insieme, così come a livello regionale, rimane molto alto. Stanno emergendo nuovi rischi e sfide per la sicurezza collettiva, principalmente a causa di un forte aggravamento del confronto geopolitico mondiale". A Vladimir Putin i giochi di parole non sono mai piaciuti e, dopo aver presieduto all'esercitazione nucleare delle sue forze missilistiche strategiche, alza la tensione. Ria Novosti precisa che durante le manovre "hanno avuto luogo lanci pratici di missili balistici e da crociera" e inoltre "gli aerei Tu-95Ms sono stati utilizzati per lanciare missili da crociera lanciati dall'aria". Oltre che per un'ovvia dimostrazione di forza, l'esercitazione si è stata resa necessaria "per simulare una risposta nucleare a un attacco nemico", ha dichiarato il ministro della Difesa Sergei Shoigu.

La narrazione del Cremlino è chiara. Kiev possiede la bomba sporca e sta pensando di usarla contro i territori russi. Vladimir Putin dice chiaramente che Mosca ne ha le prove, mentre il suo ministro Shoigu si è messo nuovamente al telefono per parlare con l'omologo cinese e indiano, a cui ha confidato il timore che Mosca nutre per l'operazione di false flag. Parole a cui la Nato ha nuovamente reagito dicendo che "Vladimir Putin sta perdendo sul terreno e sta rispondendo con attacchi sui civili e con una retorica nucleare". La Russia "non usi falsi pretesti per una escalation. La Nato non sarà intimidita nel suo sostegno" all'Ucraina e "difenderà tutti gli Alleati", ha detto Jason Stoltenberg ricevendo il premier della Romania, Nicolae Ciuca, a Bruxelles. Proprio sulla Romania sono puntati gli occhi di Mosca in queste ore, visto lo schieramento da parte degli Usa della 101/a divisione aerotrasportata, annunciata nei giorni scorsi, che secondo Mosca, aumenta i pericoli per la Russia e non porta ad un rafforzamento della stabilità.

Putin, in questa fase della guerra a dir poco complicata, ha bisogno di mostrare i muscoli e confermarsi all'altezza della situazione, vista la pressione che arriva dall'interno. Non parlava da qualche giorno, ma quando Ramzan Kadyrov apre bocca non è mai banale. "I coscritti filmano dei video in cui si lamentano della mancanza di una cosa o dell'altra, dei fucili, di quelli vecchi, delle uniformi inadatte. Ma dall'altra parte, il nemico ha buone armi, buone uniformi. Dobbiamo prendergliele, non piagnucolare. Il nostro Stato e il nostro presidente hanno bisogno di noi", ha affermato il leader ceceno scagliandosi contro l'insofferenza dei suoi uomini, ormai riconosciuta platealmente anche dagli stessi capi militari. Alla fine, però, Kadyrov si dice certo del trionfo dei suoi soldati. Purché la strategia di risposta agli ucraini cambi radicalmente.

"Se un proiettile è volato nella nostra direzione, nella nostra regione, dobbiamo spazzare via le città ucraine dalla faccia della Terra. Per vedere l'orizzonte lontano. Perché capiscano che non possono nemmeno pensare di sparare nella nostra direzione". Parole cariche d'odio che confermano come, per il macellaio di Grozny, l'Ucraina non abbia diritto di esistenza e, affinché ciò si realizzi, è pronto a sferrare l'attacco. "Abbiamo deciso di non difenderci, ma di attaccare. Non ci fermeremo da nessuna parte. Il nostro territorio non è Zaporizhzhia, non è Kherson. È Odessa, Kiev, Kharkiv".

È spesso la voce più estrema nel panorama russo, ma non è una voce isolata. Trapela irritazione anche da parte del gruppo Wagner, la milizia privata che combatte a fianco di Mosca. Il loro fondatore, Evgenij Prigozhin, avrebbe riportato direttamente a Vladimir Putin il suo malcontento per la gestione del conflitto, secondo la ricostruzione del Washington Post. A iniziare dal troppo affidamento che il Cremlino ripone nelle truppe Wagner, senza però fornirgli i mezzi necessari per combattere. Testimonianza diretta del disagio che stanno vivendo i soldati è un video postato recentemente sui social network, dove si sentono i contractors lamentarsi della mancanza degli equipaggiamenti e del poco cibo. Una sorte simile sembra toccare ai riservisti reclutati con la mobilitazione, abbandonati in alloggi freddi e sporchi.

Le immagini della scorsa settimana, quando Putin si è recato a un poligono di tiro a sud-est di Mosca, mostrano i soldati ben riforniti dell'attrezzatura necessaria. Si è però trattato solo di propaganda mediatica, che si scontra con una realtà che emerge solo dai racconti dei diretti interessati. La polemica si è inoltre allargata anche alle condizioni fisiche delle truppe, con casi conclamati di prigionieri ucraini catturati e arruolati nonostante fossero affetti da Hiv ed epatite. Una conferma delle "informazioni sul reclutamento" di massa dei soldati ucraini "infetti", come già presupponeva l'intelligence statunitense. Sono proprio gli 007 americani a notare un cambio di leadership dentro l'esercito russo. Come scritto dal Washington post, è molto significativo che Prigozhin si senta in diritto di riferire a Putin tutto ciò che sta andando storto nel conflitto, guardandolo dritto negli occhi. La questione merita talmente tanta attenzione che il loro colloquio è stato inserito nel briefing che il presidente Joe Biden trova ogni giorno sulla sua scrivania.

Così come, a parte, è stato analizzato lo scontro tra Prigozhin e il ministro della Difesa, Sergei Shoigu. Quest'ultimo è infatti diventato il capro espiatorio dei fallimenti russi in Ucraina e né il capo del gruppo Wagner né quello dei ceceni hanno nascosto la loro opinione negativa su di lui. "Quello che colpisce è la posizione politica e pubblica di Prigozhin", hanno spiegato alcune fonti dell'intelligence al quotidiano americano. Mentre "solo fino a poche settimana fa preferiva rimanere nell'ombra", ora l'ex chef dello Zar non ha paura di uscire allo scoperto e punta a influenzare le scelte del governo: "Io sono Evgenij Prigozhin, sono qui per dirvi la verità e completerò il lavoro".

La convinzione che tutto andrà come deve andare è ancora annidata all'interno delle stanze del Cremlino, nonostante i siloviki della cerchia magica di Putin non facciano niente per mitigare il loro disagio. Mosca, pertanto, prova a venirgli incontro perlomeno sulle esigenze primarie. L'urgenza, riportata dal presidente russo ieri di fronte al nuovo Consiglio di coordinamento per la guerra, è di snellire la burocrazia così da aumentare la produzione di difesa e inviare quanto prima i rifornimenti alle truppe in Ucraina. "Ho discusso molte volte con voi delle questioni relative alla necessità di aggiornare tutto il lavoro per migliorare le procedure amministrative", ha affermato Putin.

"La riforma amministrativa", ha continuato, "è impossibile senza un coordinamento più ampio tra tutti i dipartimenti". Pertanto, come ha proseguito il primo ministro Mikhail Mishustin, nominato a capo del Consiglio, "dobbiamo intensificare i lavori per aumentare la produzione di dispositivi di protezione individuale. È necessario includere tutte le capacità dell'industria leggere, comprese le piccole imprese, per la produzione di equipaggiamento militare. Dobbiamo assicurarci che i nostri difensori non manchino di equipaggiamento". Oltre all'aumento di armi, però, Mosca cerca anche di accrescere il numero di uomini. Quelli russi che non sono riusciti a scappare sono circa 300mila, ma non bastano (la cifra che il Cremlino sperava di ottenere con la mobilitazione parziale ammonta a circa un milione di più). Così si cerca fuori dal confine. Alcuni membri dell'esercito afghano, abbandonati dagli Stati Uniti e dagli alleati occidentali nel frettoloso e drammatico ritiro dal Paese nell'estate dello scorso anno, hanno affermato di essere stati contattati dal gruppo Wagner per prendere parte al conflitto in Ucraina. A riportare la notizia è Foreign Policy che, parlando con una fonte anonima interna all'esercito che conta tra i venti e i trenta mila volontari, spiega come questo rappresenterebbe "un punto di svolta" nella guerra.

È necessario infatti invertire la rotta che quest'ultima ha preso a partire da fine agosto. Innanzitutto, è stato cambiato il fine della campagna, non più per estirpare il pericolo del nazifascismo, ma piuttosto per "de-satanizzare" l'Ucraina. "Ritengo che, con la continuazione dell'operazione militare speciale, è diventato molto molto urgente eseguire la De-satanizzazione dell'Ucraina", ha affermato Aleksey Pavlov, membro del Consiglio di Sicurezza russo. Se ne dovrà occupare Kadyrov, che ha confermato come "i nostri nemici sono satanisti" e come questa sia "una jihad contro l'Ucraina". Di terrorismo, ma mediatico, parlano anche gli organi di stampa iraniani e russi. "In un momento in cui i media non raccontano la realtà dei Paesi indipendenti in modo corretto, la crescita della nostra cooperazione può essere efficace per cambiare questa atmosfera", ha dichiarato il direttore dell'agenzia Irna, parlando anche per la russa Tass.

Quella sul campo, invece, sembra destinata a rimanere tale, ovvero altissima. Gli uomini e i rifornimenti che il Cremlino sta cercando di mandare quanto prima servono infatti per rafforzare le difese di Kherson. Nella città c'è un via vai generale, tra chi fugge (i civili) e chi invece resta a presidio dell'unico capoluogo di regione conquistato da Mosca in nove mesi di guerra. La Russia sta infatti preparando quella che gli ucraini definiscono "la battaglia più dura". Le difese sulla riva sinistra del fiume Dnepr sono in via di rafforzamento e il vice governatore filo russo, Kirill Stremousov, ha rassicurato sulla stabilità del fronte. Tuttavia i combattimenti imperversano, così come promesso da Kadyrov, ma le forze di Kiev al momento non sembrano perdere terreno.

"Lo Stato Maggiore le descrive come azioni difensive, nell'ambito delle quali vengono condotte alcune operazioni offensive, ha affermato la vice ministra della Difesa ucraina, Hanna Malyar. "Nell'ultima settimana, l'intensità degli sviluppi al fronte è leggermente diminuita e manteniamo la difesa attiva". Ieri un attacco mirato ha distrutto un deposito di munizioni russe e ucciso almeno dodici soldati ceceni. Ma è tutta l'Ucraina sotto bombardamento. Da ieri, i russi hanno lanciato cinque razzi, trenta attacchi aerei e oltre cento con sistemi missilistici multipli, indirizzati su quaranta insediamenti. L'assedio a Bakhmut e Avdiivka, nel Donbass, non si arrestano e a rimetterci, come al solito, sono sempre i civili. Nelle ultime ventiquattro ore ne sono morti undici, mentre quattordici sono i feriti. Dnipro ne piange due, tra le quali figura una donna incinta. È la risposta di Kadyrov all'uccisione dei suoi uomini, per cui promette una vendetta ancor peggiore. "Chi non l'ha ancora capito, deve farlo ora. Cattureremo questi demoni, li bruceremo. Vi do la mia parola: li attaccheremo ogni giorno. Non li faremo prigionieri".