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Divampano le polemiche dell’opposizione sul decreto varato nel primo Consiglio dei ministri dell’era Meloni. Sotto accusa finisce la stretta sui rave party (da oggi promuoverli diventa un reato punibile con pene fino a 6 anni di carcere). Per le forze di minoranza, infatti, si tratta di una norma "fascista" e “reazionaria che rischia di impedire le legittime manifestazioni”.

"Il problema non sono i rave party. Si tratta di un evidente specchietto per le allodole", sbotta Arturo Scotto, coordinatore nazionale di Articolo Uno, invitando a "mobilitarsi senza se e senza ma contro questo scempio. Del diritto e del buonsenso". Il segretario del Pd Enrico Letta, dal canto suo, ha chiesto il Governo di fare dietrofront ritirando una misura bollata come un "gravissimo errore". Per il leader dem è "in discussione la libertà dei cittadini".

Secondo il verde Angelo Bonelli: "Provvedimenti restrittivi" del genere "normalmente si applicano ai mafiosi. Verranno colpite le manifestazioni di protesta che possono andare da occupazioni di università, scuole, mobilitazioni per questioni ambientali, come ad esempio l'occupazione di terreni inquinati, fino ad arrivare ai luoghi dove oggi vivono i braccianti agricoli che sono su terre occupate".

Ancora più netta la posizione di Più Europa che, con il coordinatore della segreteria, Giordano Masini, parla di provvedimento "più grave del previsto, che riguarda anche le piazze, i luoghi di lavoro e le università". La replica del Viminale non si è fatta attendere. Fondi del ministero dell’Interno hanno infatti ribadito che la "norma non lede in alcun modo il diritto di espressione e la libertà di manifestazione sanciti dalla Costituzione e difesi dalle Istituzioni" mentre il sottosegretario alla Giustizia Dalmastro rilancia: "Non capisco le polemiche su una norma che esiste nella Ue".