Giorgia Meloni (Depositphotos)

di CARLOTTA SCOZZARI

Sul Superbonus al 110% "è finita la pacchia", per ricorrere a un'espressione già a suo tempo utilizzata dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Che, senza giri di parole, sulle modifiche al provvedimento previste dal decreto "Aiuti Quater" che abbassa al 90% l'agevolazione fiscale, va giù dura come nemmeno il suo predecessore Mario Draghi aveva mai osato: "Abbiamo deciso di modificare la disciplina del Superbonus, che nasceva meritoriamente come misura per rimettere in moto la nostra economia dopo la pandemia. Ne abbiamo sempre condiviso le finalità, ma il modo in cui è stata realizzata ha creato molti problemi e difficoltà". "Le cose - ribadisce il concetto il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, in conferenza stampa con Meloni - cambiano da oggi. La decisione è che questa misura continua a favore di coloro che non si possono permettere di sostenere la ristrutturazione".

Sì, perché una delle principali accuse che arriva dal tandem composto da Meloni e Giorgetti è che il Superbonus abbia messo a dura prova le casse statali favorendo i più ricchi, quando invece avrebbe dovuto principalmente aiutare le fasce di reddito più basse. "Il beneficio -  ha sottolineato la presidente del Consiglio - è andato prevalentemente a favore dei redditi medio-alti. Abbiamo scelto di correggere alcune distorisioni: il bonus passa al 90%, salvo per quei condomini che hanno già deliberato a oggi l'intervento e che entro il 25 novembre presenteranno la comunicazione di inizio lavori asseverata. Chi è già andato avanti - ha riassunto Meloni - rimane nel regime del 110%; per gli altri si passa al 90. Con i risparmi ottenuti, si riapre alle (abitazioni) unifamiliari, a patto che si tratti di prima casa e di redditi medio-bassi".

Anche Giorgetti ha insistito sul concetto della sostanziale iniquità del provvedimento. "Non si è mai vista - ha tuonato - una misura che costasse così tanto per così pochi. La misura continua per chi non può permettersi di sostenere quelle spese, è stata targettizzata per i redditi più bisognosi". La vede in maniera antitetica l'Ance, l'associazione dei costruttori edili che interviene sulla questione la mattina stessa della conferenza stampa del governo. E, per voce della presidente Federica Brancaccio, fa sapere che, seppure nella consapevolezza "della necessità del governo di tenere sotto controllo la spesa, cambiare le regole in 15 giorni significa penalizzare soprattutto i condomini partiti per ultimi", quelli delle "periferie e delle fasce meno abbienti" che, per avviare i lavori "hanno avuto bisogno di tempi più lunghi e di vedere interamente coperti finanziariamente gli interventi".

Il cambio di passo sul Superbonus implica una rottura con la politica del precedente governo. L'esecutivo guidato da Draghi, infatti, spesso in passato aveva dato l'impressione di volere cambiare le regole sul sistema di agevolazioni all'edilizia, e in particolare su quella al 110%, che quindi non solo rende gratuiti gli interventi su case e palazzi ma addirittura offre un margine di guadagno fiscale alle parti coinvolte. Tuttavia, al di là di una revisione delle regole sulla circolazione dei crediti finalizzata a ridurre le frodi (che non sono mancate), a Draghi non è mai riuscito l'affondo sul Superbonus anche se avrebbe tanto voluto. Lo ha sempre impedito il fatto che la coalizione di governo fosse sostenuta anche dal Movimento 5 stelle, da sempre grande promotore dell'agevolazione edilizia.

Non a caso, proprio all'indirizzo del leader del M5s, Giuseppe Conte, che in campagna elettorale spesso aveva insistito sulla gratuità del Superbonus, Meloni ha rivolto una serie di stilettate nella parte iniziale del suo discorso. "A chi ha fatto la campagna elettorale dicendo che col provvedimento si poteva gratuitamente ristrutturare il condominio - ha osservato Meloni - dico che questo 'gratuitamente' pesa sulle casse statali per circa 60 miliardi, con un buco rispetto alla previsione fatta di circa 38 miliardi. Trovo il concetto di gratuità bizzarro quando si tratta di risorse dello Stato". "Era una misura di emergenza - ha riconosciuto anche Giorgetti - e, probabilmente, non è stato valutato esattamente l'impatto sui conti dello Stato".

La presidente del Consiglio ha poi voluto elencare nel dettaglio quello che non ha funzionato: "La copertura al 110% ha prodotto deresponsabilizzazione: se io non sono tenuto a compartecipare al beneficio, tendo a non chiedermi se il prezzo sia congruo. Questo ha portato anche distorsioni sul mercato nel costo dei materiali". L'accusa, in altri termini, è che alcune imprese di lavori abbiano ritoccato al rialzo i listini di prezzo, nella generale tranquillità che nessuno si sarebbe lamentato. Tanto paga Pantalone, che in questo caso è lo Stato. Nello stesso tempo, molti di questi gruppi delle costruzioni e dell'edilizia oggi si ritrovano in pancia crediti fiscali collegati al Superbonus e agli altri bonus per la casa che, nell'attuale contesto e con le nuove regole, non riescono più a cedere, anche a causa del sostanziale blocco del mercato alimentato dalle banche e dalle Poste.

"Oggi - ha riconosciuto a riguardo Giorgetti - ci troviamo a gestire una situazione molto critica. Il nostro obiettivo è creare degli spazi affinché i crediti d'imposta esistenti, in qualche modo, possano essere ancora scontati". Dopodiché, ha tenuto a precisare il ministro di via XX settembre, "la cessione o la cedibilità del credito è una possibilità, non un diritto. Altrimenti avremmo creato una moneta, che non è stata creata". Insomma, ha concluso Giorgetti, "stiamo cercando di creare ulteriore spazio per quanto riguarda le aziende di credito che hanno manifestato pubblicamente il disagio rispetto a una situazione insostenibile, per scelte non adottate da questo governo, che cercheremo in qualche modo i correggere".