Schiaffino con l'Uruguay

di MATTEO FORCINITI

Era un giorno come oggi di vent'anni fa quando, il 13 novembre del 2002, se ne andava Juan Alberto "Pepe" Schiaffino, semplicemente el "dios del fútbol" dell'Uruguay.

Considerato come uno dei più forti giocatori della storia del calcio dotato di straordinarie qualità tecniche, "Pepe" era nato a Montevideo nel 1925 all'interno di una famiglia ligure capitanata dal nonno paterno Alberto, un macellaio di Camogli.

A livello calcistico mosse i suoi primi passi nel Peñarol dove scrisse pagine indimenticabili nella storia del club che porta nel suo nome le origini piemontesi. Schiaffino era un interno di classe molto elegante, un regista prolifico e carismatico che dopo i successi in patria raggiunse la fama internazionale in occasione dei Mondiali del 1950 con il leggendario "Maracanazo". Fu suo, infatti, il gol del pareggio e poi l'assist vincente per il compagno Ghiggia nella finale vinta -contro ogni pronostico- dalla Celeste contro i padroni di casa del Brasile caduti in tragedia. "Schiaffino fu l'imprevisto che mise a tacere ogni nostra ambizione" riconobbe con onestà il ct Flavio Costa dopo la peggiore sconfitta della gloriosa storia del calcio brasiliano.

Anche quattro anni dopo, ai Mondiali del '54, il numero 10 uruguaiano incantò il mondo tanto da convincere il Milan a puntare su di lui. Arrivò in Italia quando aveva quasi 30 anni. Molti lo davano per bollito e, invece, giocò sei stagioni con i rossoneri conquistando tre scudetti con l'unica macchia della sconfitta nella finale della Coppa dei Campioni del '58 contro il Real Madrid di Di Stefano. Da Milano -dove lasciò in eredità il suo posto a Gianni Rivera- scese a Roma. Qui disputò altre due stagioni nel ruolo di "libero scientifico" vincendo la Coppa delle Fiere del '61.

 

Nel periodo della serie A giocò anche nella nazionale italiana nell'epoca dell'apertura agli oriundi. Disputò 4 partite in totale e fu l'unico disastro della sua meravigliosa carriera: nel 1958, insieme a Ghiggia, venne indiziato come il principale colpevole per la mancata qualificazione ai Mondiali che ci è toccata anche questa volta.

Cerebrale, geometrico, e intuitivo, Schiaffino sapeva leggere lo sviluppo dell'azione prima degli altri. Aveva una proprietà di palleggio assoluta, accarezzava la palla con entrambi i piedi e distribuiva il gioco con scrupolosità ed efficacia. "Con le sue giocate magistrali" -scrisse di lui lo scrittore Eduardo Galeano- "organizzava il gioco della squadra come se stesse osservando tutto il campo dalla più alta torre dello stadio".

 

Un altro suo grande estimatore fu sempre Gianni Brera, il più famoso giornalista sportivo italiano: "Forse non è mai esistito regista di tanto valore. Schiaffino pareva nascondere torce elettriche nei piedi. Illuminava e inventava gioco con la semplicità che è propria dei grandi. Aveva innato il senso geometrico, trovava la posizione quasi d'istinto".

Si narra che fuori dal campo Schiaffino fosse un tipo molto particolare, introverso e burbero, taccagno e spilorcio senza reticenze con i geni liguri molto forti in lui. Sulla sua tirchieria girano ancora adesso tanti aneddoti. Il più famoso avvenne durante una passeggiata a Genova con il Milan. Quando Liedholm propose di entrare in un bar per un caffè l'uruguaiano chiese: "Paga la società, vero?". "No, questo è fuori dal conto spese" gli rispose lo svedese. "Allora io non lo prendo, il caffè mi rende nervoso" concluse "Pepe" nella sua frase più famosa.