di Bruno Tucci

Può un premier che ha avuto l’incarico dal presidente della Repubblica di guidare il Paese essere anche madre o padre? E’ un interrogativo che non avrebbe senso se non ci fosse qualcuno che arrampicandosi sugli specchi, troverebbe questo caso un abuso.

Lo sapete: parliamo di Giorgia Meloni e di sua figlia Ginevra, sei anni di età. Il presidente del Consiglio deve andare a Bali, in Indonesia, per un importante vertice mondiale. Decide di portarsi con sé la figlioletta che non vuole lasciar sola per  una settimana o quasi. Si dà il caso che l’inquilino di Palazzo Chigi abbia in quel lontano Paese un buon successo perché riesce a parlare con Biden e con Xi, portando a casa buoni risultati.

Lo riconoscono in tanti, tranne che alcuni (giornalisti?) della stampa cosiddetta progressista. Lo è davvero? L’interrogativo lo lascio a chi legge.

Sta di fatto che si scatenano tuoni e fulmini contro il premier. C’è chi dice in tv (è un giornalista di cui tacciamo il nome  per carità di Patria) che mentre la figlia del premier viaggiava in prima classe c’erano altri bambini che morivano in mare nel tentativo di venire in Europa per sopravvivere. Ora, la polemica politica è sacrosanta, ognuno è libero di esprimere il proprio parere in piena libertà. È il succo della democrazia perché l’opposizione fa bene al governo. La critica, in specie se è costruttiva, non può che aiutare il Paese e renderlo migliore.

C’è un limite a tutto, però. Un conto è valutare, se volete giudicare, un provvedimento o un disegno di legge; un altro è andare a cercare il pelo nell’uovo addirittura quando il pelo non c’è.

Giorgia Meloni ha risposto per le rime a quanti l’hanno accusata di aver portato con sé la figlia. Questo è ovvio, è il compito di una madre difendere a spada tratta la propria creatura. Ma sull’ovvietà è inutile soffermarci. Il “caso” è sotto gli occhi di tutti e sapranno esprimersi a proposito.

Quello che non è giusto è usare in circostanze così delicate due pesi e due misure. Cioè? Qualcuno ricorderà che quando Giuseppe Conte sedeva a Palazzo Chigi ebbe l’idea di portare con sé a Osaka (non proprio dietro l’angolo) il figlio Nicolò che contava allora undici anni. Chi gridò allo scandalo? Chi scrisse sui giornali o proclamò in tv che quella decisione era per lo meno fuori posto? Nessuno. Giustamente, aggiungiamo noi, qualsiasi genere di critica  al riguardo sarebbe stata fuori posto. Il viaggio dei due Conte (padre e figlio) fu considerato normale, come è sacrosanto che sia.

Invece stavolta è successo il finimondo, in  specie perché la Meloni non può che dirsi soddisfatta dei risultati raggiunti. Allora, non sapendo più a che santo votarsi per “punire” il premier, si ritiene quasi scandaloso (anzi senza il quasi) aver portato con sé a Bali la figlioletta di nome Ginevra. Cioè si nega ad una madre, che guarda caso è anche il presidente del consiglio, di svolgere due compiti, uno istituzionale, l’altro che potrebbe definirsi naturale.

Questo pensiero è cervellotico e si comprende solo se chi lo ha scritto o anche detto, sia obnubilato dalla faziosità politica. A questo punto si torna al punto di partenza e  cioè all’interrogativo di fondo con cui abbiamo iniziato il nostro ragionamento.

Si vuole negare ad un padre o ad una madre il proprio sentimento di genitore? Sarebbe assurdo, se non addirittura immeritevole, solo pensarlo. Ma purtroppo, nella cornice politica del nostro Paese, non c’è la maggioranza e l’opposizione (vale a dire i cardini della democrazia), ma ormai ci sono i buoni e i cattivi, come si scriveva sulla lavagna quando eravamo a scuola. Un dubbio continua a tormentarci: chi sono i primi e chi è secondi?