Sergio Mattarella (foto: Depositphotos)

La sensazione è che il Capo dello Stato abbia parlato alla Conferenza CEI perché Meloni intenda. E provveda. Il problema è indubbiamente serio e bene ha fatto il Presidente della Repubblica ad attirare l'attenzione su un fenomeno inquietante e crescente.

Solo l'anno scorso si sono registrate 83.791 partenze. La mobilità italiana  è cresciuta dell'87% nell'arco degli ultimi 6 anni, come ha certificato il "Rapporto Italiani nel mondo 2022" promosso  dalla Fonazione Migrantes, l'organismo pastorale  della CEI che dal 1987 favorisce la vita religiosa dei migranti (italiani e stranieri) e studia i processi della mobilità umana.

Circola una battuta  che la dice lunga  sul fenomeno. Eccola:"Gli emigranti italiani  a vent'anni fanno l'Universita' a Londra, a sessanta giocano a scopa a Lisbona ". Cioè, studiano in Inghilterra e poi fanno i pensionati in Portogallo per convenienza fiscale. Mattarella è soprattutto preoccupato della fuga dei giovani. C'è un dato del citato Rapporto 2022 che lo conferma: il 42% di coloro che vanno all'estero (per studio o per lavoro) hanno meno di 34 anni. Si converrà che si tratta di una quota rilevante. Da correggere al più presto.

Non trovando in Italia "un processo di formazione e di studio" (Mattarella) se ne vanno. Sono costretti. E una volta emigrati, difficilmente tornano. E il saldo tra chi entra e chi esce rimane negativo. Conseguenze: calo demografico con ricadute sulla nostra vita sociale. All'estero trovano "buoni stipendi e stabilità".  A 29 anni, racconta un giovane italiano che a Berlino ha trovato lavoro in una società no profit, "guadagno 2.900 euro netti al mese. In Italia non ci sono posizioni comparabili ".

Giuseppe Roma, direttore generale della Fondazione Censis e docente all'università "Roma Tre" ha bacchettato recentemente "un sistema che non vuole scommettere sui giovani".

E ha spiegato:"I ragazzi vorrebbero essere trattati da individui e non sentirsi allo sbando. In questo i nostri atenei, ottimi a livello di contenuti, sono un disastro. Aggiungiamo che non cresciamo da vent'anni e viviamo in una economia stagnante. Dunque le possibilità sono sempre meno . E i nostri giovani scelgono luoghi dove il merito non è proclamato ma praticato. E le aziende vanno in cerca dei migliori.