di Silvana Mangione

..partecipare al governo del proprio Paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti", recita l'Art. 21, comma 1, della Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo, approvata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. La Costituzione italiana, entrata in vigore il primo gennaio dello stesso anno, aveva conferito questo diritto, quasi dodici mesi prima, con l'Art. 48, che sancisce: "Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età". Per 58 anni, però, fino al 2006, gli italiani all'estero non hanno potuto esercitare questo diritto se non recandosi in Italia a votare.

Gli italiani fuori dai confini hanno votato rimanendo nei Paesi di residenza ed eleggendo i propri rappresentanti, per la prima volta, soltanto alle elezioni politiche del 9 e 10 aprile 2006. E subito si è scatenato il coro di latrati dei cani inferociti, che hanno urlato ai brogli, uno vero: quello che colpì Mirella Giai, vanificato con il successivo riconoscimento della sua effettiva elezione al Senato, molti altri presunti, alcuni nemmeno perseguiti. Sotto attacco fu messo il voto per corrispondenza, malgrado la maggioranza delle Nazioni usasse già da tempo questo meccanismo per consentire ai suoi cittadini all'estero di partecipare alle elezioni nazionali, specie se il numero degli aventi diritto è consistente.

Perché negli altri Paesi non si mette in discussione il metodo delle rispettive consultazioni? Perché da noi, invece, si attacca questa procedura con un furore eternamente teso a cancellare la conquista dell'esercizio in loco di questo nostro diritto? Chi ha deciso che la maggioranza degli italiani all'estero è composta da truffatori, a fronte di scarsi casi, ahimè ricorrenti? Sinceramente parlando, queste etichettature mi imbufaliscono. E ancor di più mi irrita il fatto che il Parlamento, da 16 anni a questa parte, non abbia agito per mettere in sicurezza il nostro voto e per prevenire ulteriori scandali, veri o immaginari che siano.

Non capisco perché, ad esempio, non si sono ancora espressi i tribunali competenti per condannare il reato più volte denunciato, commesso ai sensi delle leggi sia italiane che uruguaiane dal pluri-impataccato di medaglie elettive Aldo La Morte, Consigliere e Vice Presidente Com.It.Es., neoconsigliere eletto al CGIE nonché deputato del Parlamento uruguaiano, il quale, in un video postato da lui stesso, ha "insegnato" a votare l'intero mondo usando la scheda di un'elettrice e non la sua. Il personaggio in questione è ancora in sella e risponde con un muro di silenzio, protetto dai suoi adepti. Denunciare non basta. È quindi urgente prevenire il ripetersi di azioni che infangano il buon nome della nostra emigrazione. Il Parlamento italiano deve apportare subito alcuni semplici aggiustamenti alle procedure, per sventare qualunque broglio.

Come sappiamo, lo stesso Art. 48 della Costituzione stabilisce che il voto deve essere: "personale ed eguale, libero e segreto". Per garantire la personalità del voto, impedendo l'immissione di schede taroccate, basta stampare le schede in Italia, a cura del Poligrafico dello Stato, e trasportarle alle sedi diplomatico-consolari di riferimento, nello stesso modo in cui vengono portate a Roma le schede votate. Così facendo si evitano i tempi di emanazione del bando per la scelta della ditta che deve stamparle in loco e il rischio che, in rari casi, ne siano stampate più di quelle richieste, per consegnarle al miglior offerente. Bisogna modificare il meccanismo di spedizione dei plichi agli elettori, adattandolo alle diverse realtà. In alcuni Paesi sarà necessario ricorrere all'invio di posta assicurata, registrata o con ricevuta di ritorno. In altri basterà usare la posta normale, evitando quella lenta, anche se è meno costosa. In altri ancora, come in Sudafrica, bisognerà usare l'indirizzo della casella postale, perché la posta non è sicura e il cittadino si reca regolarmente a prendere la corrispondenza in arrivo. In altre, infine, sarà necessario spedire raccomandate con ricevuta di ritorno.

La libertà del voto si basa sulla conoscenza dei programmi presentati dalle diverse formazioni politiche, pertanto bisogna fornire un'informazione capillare agli elettori, in totale applicazione dell'art. 17, comma 3, della legge n. 459/2001, che impone alla rete diplomatica di promuovere la più ampia comunicazione politica su giornali e media in lingua italiana, in conformità ai principi di parità di accesso e imparzialità rispetto a tutti i soggetti politici. Si deve garantire un numero di dibattiti elettorali audiovisivi sufficiente a far conoscere tutti i candidati delle diverse ripartizioni elettorali. La questione più delicata da affrontare è quella che riguarda chi sottopone a coazioni o pressioni l'elettore. In questo caso, non è più rinviabile l'effettiva imposizione di pene pecuniarie o detentive a chi impone la scelta di un candidato con frodi o minacce o avvalendosi dei propri incarichi e titoli o addirittura facendosi consegnare il plico per votarlo al posto del destinatario.

Ancora, ai fini della certezza dell'elettorato attivo si possono adottare alcuni accorgimenti, fra cui l'uso degli schedari consolari, più aggiornati rispetto agli elenchi AIRE tenuti presso i Comuni e il Ministero dell'Interno; la sollecitazione a tutti i Comuni di aggiornare prontamente i registri dell'AIRE su richiesta dei Consolati e comunicare ogni pertinente variazione. Per garantire la trasparenza dei risultati, evitando attribuzioni erronee o pilotate, si potrebbe istituire un Comitato elettorale, simile a quello previsto per le elezioni dei Com.It.Es. e imporre lo scrutinio dei voti presso le sedi diplomatico-consolari, alla presenza del Comitato elettorale, che comprende i rappresentanti di lista. Infine, per assicurare che gli eletti possano veramente rappresentare le istanze delle comunità di riferimento bisogna ristabilire l'obbligo della comprovata residenza all'estero dei candidati da un periodo di tempo almeno pari a tre anni, sufficiente a consentire una conoscenza vera e diretta delle comunità.

Queste proposte, elaborate e approvate dal CGIE una dozzina d'anni fa, furono inviate a Governo e Parlamento, ma non ebbero  seguito. Da allora molti si riempiono la bocca auspicando l'adozione del voto elettronico, come panacea salvifica di tutti i mali. Ne parleremo la prossima volta. A presto.