La Repubblica islamica ha avviato trattative con i suoi alleati venezuelani per organizzare l'asilo per i funzionari del regime e le loro famiglie nel caso in cui la situazione si aggravi e aumenti la possibilità di un cambio di regime: lo hanno riferito fonti diplomatiche occidentali a Iran International English che ha rilanciato la notizia su Twitter. Quattro alti funzionari iraniani - viene riferito - si sono recati in Venezuela a metà ottobre per assicurarsi che il governo di Caracas conceda asilo agli alti funzionari del regime e alle loro famiglie e li lasci entrare nel Paese in caso di "sfortunato incidente".

È il giorno dopo gli scioperi in Iran. Si sono visti lacrimogeni contro i dimostranti che marciavano nel centro di Teheran e altre città, spari contro le case di chi gridava slogan dalle finestre, pesanti limitazioni all'uso di Internet e manifestazioni continuamente represse anche nelle università. Dopo quasi tre mesi, la protesta esplosa in Iran non si placa. Tre giorni consecutivi di scioperi in varie città del Paese, nonostante le minacce ai commercianti, ma durante il giorno la protesta ha coinvolto soprattutto le università dove ci sono stati arresti e scontri con le forze dell'ordine. "Le studentesse sono sveglie e odiano la dittatura", hanno gridato alcune delle universitarie in un ateneo di Teheran. Tra loro qualcuna non aveva il velo. Poco prima il presidente Ebrahim Raisi entrava scortato  nell'università della capitale per un discorso in occasione del Giorno dello studente a una platea che secondo media di opposizione era stata meticolosamente selezionata. "Alcuni mi avevano consigliato di non venire qui oggi", ha detto il presidente ultraconservatore sostenendo che "non c'è nessun problema nel protestare" in Iran ma "la protesta è diversa dalla rivolta".

La magistratura della Repubblica islamica ha annunciato che Mohsen Shekar, arrestato durante le proteste, è stato giustiziato: è la prima sentenza di morte eseguita per un manifestante, come riporta Bbc Persia. Shekari è stato accusato di aver bloccato una strada, di disordini, di aver estratto un'arma con l'intenzione di uccidere nonché di aver ferito intenzionalmente un ufficiale durante il servizio. La magistratura ha detto che l'udienza si è tenuta il 10 novembre e l'imputato ha confessato le sue accuse. Protesta la ong Iran Human Rights, chiede "una forte reazione altrimenti corriamo il rischio di aver esecuzioni di manifestanti ogni giorno, questa esecuzione deve portare rapidamente a conseguenze pratiche a livello internazionale". Gli attivisti avvertono che anche altri manifestanti potrebbero essere presto giustiziati, sono almeno sette le persone arrestate nell'ambito delle manifestazioni e finora condannate alla pena capitale.

"Il popolo iraniano merita libertà e prosperità, e la sua rivolta è legittima e necessaria per realizzare i suoi diritti. Spero di vedere presto la vittoria del popolo e il rovesciamento di questa tirannia che governa l'Iran. Che la giusta lotta del popolo per raggiungere la libertà e la democrazia si realizzi il prima possibile". Queste le parole, affidate a una lettera aperta pubblicata su La Stampa, di Badri Hossein Khamenei, sorella della Guida suprema della Repubblica islamica Ali Khamenei. "Nel nome di Dio - scrive Khamenei - . Perdere un figlio ed essere lontano da tuo figlio è una grande tristezza per ogni madre. Molte madri sono rimaste in lutto negli ultimi quattro decenni. Penso che sia opportuno ora dichiarare che mi oppongo alle azioni di mio fratello ed esprimo la mia simpatia per tutte le madri che piangono i crimini del regime della Repubblica islamica, dai tempi di Khomeini all'attuale era del despotico califfato di Ali Khamenei", aggiunge. La sorella del leader iraniano nella lettera racconta: "L'opposizione e la lotta della nostra famiglia contro questo sistema criminale sono iniziate pochi mesi dopo la rivoluzione. I crimini di questo sistema, la soppressione di qualsiasi voce dissenziente, l'imprigionamento dei giovani più istruiti e ispirati di questa terra, le punizioni più severe e le esecuzioni su larga scala iniziarono fin da subito". "Come tutte le madri in lutto iraniane - sottolinea -, sono anche triste per il fatto di esser lontana da mia figlia. Quando arrestano mia figlia con violenza, è chiaro che applicano migliaia di volte più violenza ad altri ragazzi e ragazze oppressi che sono sottoposti a crudeltà disumana".

La commissione Esteri del Senato Usa ha approvato una risoluzione bipartisan per ribadire il sostegno di Washington ai manifestanti che protestano dal momento della morte violenta di Mahsa Amini, ragazza 22enne uccisa dopo essere stata arrestata dalla polizia morale iraniana per non aver indossato correttamente il velo. Nel testo, i senatori chiedono al governo federale di emanare nuove sanzioni nei confronti dei funzionari e delle entità iraniane responsabili della repressione delle proteste. "La mia speranza è che il passaggio di questa risoluzione contribuisca a far sentire ancora di più la voce di centinaia di migliaia di donne e uomini che stanno protestando contro la repressione di uno dei regimi più brutali del mondo", ha commentato il presidente della commissione, il democratico Bob Menendez. Il documento, inoltre, chiede al settore privato di collaborare con l'amministrazione Biden per consentire ai manifestanti di accedere alla connessione internet e a "tecnologie che consentano di aggirare la sorveglianza del regime".