di Bruno Tucci

 Oggi nel Pd non si è più d'accordo nemmeno sul nome del partito. Diviso in tante correnti (non si riesce più neanche a contarle) tutti vanno alla ricerca di un qualcosa di nuovo che possa fermare la discesa.

La discesa continua anche dopo le disastrose elezioni del 25 settembre. Il "brain trust" è al lavoro perennemente, ma a dire il vero, nessuno è riuscito a trovare quell'asso nella manica che potrebbe far risorgere il pd. Pensate che l'idea più luminosa e su cui si sta discettando è quella di un nome nuovo che possa far riflettere (e magari tornare indietro) coloro i quali – tanti in verità- che alle ultime consultazioni hanno divorziato dai loro vecchi dirigenti.

La brillante idea è venuta per primo al sindaco di Bologna, Matteo Lepore che, intervistato dai giornali e dalla tv, ha suggerito: "Diamogli una diversa etichetta, aggiungerei al democratico anche il lavoro".

Insomma, partito democratico e del lavoro. Innanzitutto vorremmo rispettosamente  far notare al primo cittadino di Bologna che c'è già un precedente nella storia italiana. Appunto un partito democratico del lavoro che nacque a guerra ormai finita, e cioè il nove settembre del 1943. Al vertice di questa nuova iniziativa Ivanoe Bonomi che non riuscì a far molto se, come risulta agli atti, il 31 gennaio del 48 si chiuse bottega.

Dunque, si dibatte ancora sull'idea di Matteo Lepore. Al suo fianco si è schierata subito l'aspirante segretaria di via del Nazareno, Elly Schelein, la quale pare ai più sempre più distante dal "suo" presidente (governatore dell'Emilia). Come è noto corre per diventare il successore di Enrico Letta e Bonaccini diventa logicamente un suo avversario.

Tutti d'accordo sul nuovo appellativo? Nemmeno per sogno, perché, attualmente è assai difficile trovare un simile sostantivo tra le varie anime del pd. Vediamo innanzitutto che cosa spiega il vocabolario italiano a questo proposito. "L'accordo vuol dire armonia di sentimenti in una o più cose". O ancora: "incontro di volontà di più persone che convengono di seguire un determinato comportamento nel reciproco interesse".

Insomma, se questo è il concetto sarà complicato trovare un minimo comune multiplo, tanto è vero che al si della Schlein non ne sono seguiti molti. Anzi, c'è chi sui social si è divertito a ironizzare sull'eventuale acronimo del nuovo pd. "Chiamiamolo Padel, uno sport nuovissimo, assai di moda. Potrebbe essere un buon viatico per un futuro di successo".

Al di là delle battute e dei vari screzi c'e poco da sorridere sui successori di quello che fu una volta lo storico partito comunista che ebbe a capo per moltissimi anni una figura rappresentativa come quella di Palmiro Togliatti o anni più in là di Enrico Berlinguer.

Oggi, al di là dei numeri assai al di sotto del tempo che fu, è quasi impossile trovare un personaggio che possa ricalcare il passato. I sondaggi sono estremamente negativi. Il pd è il terzo partito del nostro Paese, dopo Fratelli d'Italia e i 5 Stelle, il suo segretario è ultimo in una classifica delle preferenze degli italiani.

Colpa solo sua se il Pd si trova in queste condizioni? Assolutamente no: sono le varie anime ad aver lacerato il partito e ad averlo ridotto ai minimi termini.

Ormai non si parla più di idee diverse all'interno dei dem, ma addirittura di avversari, se non di nemici. C'è chi vorrebbe allargare il campo schierandosi apertamente con i 5 Stelle, ma Giuseppe Conte fa il duro e si fa tirare la giaccchetta.

Altri invece guardano i grillini come "i guastatori della democrazia" e non ne vogliono sapere di un patto di non belligeranza. Così si va alla ricerca di persone nuove che potrebbero dare al partito un volto diverso e magari d'altri tempi. Tornare all'antico talvolta porta bene. Ad esempio, nei vari talk delle tv è nuovamente di moda il nome il nome dell'ex ministro Rosy Bindi, esponente di spicco della sinistra democristiana, di cui non si sentiva più parlare da molti anni.

Tutto questo ci riporta all'interrogativo di fondo: cosa è oggi il pd? Riuscirà a dipanare la matassa che lo avvolge e tornare ai successi di una volta? A questo interrogativo potrà rispondere solo il futuro.