(foto: depositphotos)

di Alessandro Camilli

Film, battuta da film, da film dichiaratamente e programmaticamente grottesco, battuta sul vino abruzzese che, nella scena grottesca del film grottesco, ha sapor di fiele, anzi peggio. Non expertise di sommelier, non pubblicità avversa, non articolo di giornale o rivista a dirlo. Lo dice Christian De Sica, anzi non è nemmeno Christian De Sica a dirlo, lo dice, pronuncia la battuta un suo personaggio, personaggio dentro la sceneggiatura immaginaria e grottesca di un film commedia natalizia. Niente: razionalità e misura son morte, uccise e seppellite da suscettibilità volutamente ottusa nella sua intransigenza. I produttori di vino abruzzese si son detti "offesi", anzi danneggiati. Non è mancata la richiesta di bloccare la diffusione del film o almeno della sequenza con la battuta sul vino. Ma non è solo suscettibilità, inconsapevole peraltro non solo delle circostanze e della natura della battuta, oltre che della promozione di fatto al loro prodotto. Non è solo inconsapevolezza ingenua e ruspante. E' cancel culture, inconsapevole di se stessa. E' cancel culture a sua insaputa.

Può un non nero o non gay parlare di neri o gay? - E' la domanda retorica che la cultura progressista-oscurantista (non è purtroppo più una contraddizione in termini) pone negli Usa. E la risposta è: no, non può. Uno scrittore bianco ed etero non può scrivere romanzi con o su neri o gay. E per gli ispanici parlino solo gli ispanici e per ogni specifica della federazione Lgbtq+ sia legittimato a parlare e dire solo esponente della lettera o simbolo corrispondente. E quindi ogni identità sia tale solo per timbro e tono di lobby, i diritti non sono umani e universali, vanno declinati per appartenenze, identità, alla fine lobby. Che c'entrano con questo gli "offesi" dalla battuta sui vini abruzzesi? Sembra nulla e invece tanto. La radice profonda della loro suscettibilità è in uno ormai inestricabile "gnommero" tra dominante neo corporativismo italico e cancel culture declinata alla noantri.

Dei vini parlino e sappiano solo i vignaioli, dei vini d'Abruzzo solo i vignaioli d'Abruzzo, della scuola parlino e sappiano solo i prof e gli studenti e di quella scuola autorizzati a parlare siano quelli di quella scuola...E ciascuno sia fiero e feroce custode del suo "territorio" inteso come spazio marcato come fanno molte mammifere specie: nessuno si azzardi a dire, neanche per scherzo, di una città o di un panorama. Nessuno che non sia del "territorio". Ogni palato a suo gusto saprà liberamente dire se la battuta di De Sica ha o no sapor comico, la protesta dei vignaioli d'Abruzzo ha l'indiscutibile e massiccio tannino del ridicolo. Ma nessuno, quasi nessuno ormai avverte nel nostro associato delibare la vita in comune, questo pristino e retro sapore.