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Di Alfonso Ruffo

Se c'è un argomento del quale tutti parlano ma nessuno con piena cognizione di causa, questo è il lavoro. Indicato come fondamento della Repubblica nel primo articolo della Costituzione, il lavoro è diventato un oggetto misterioso tali e tante sono le trasformazioni in atto complice l'accelerazione dei processi impressa dal Covid e dalle sue conseguenze sulle scelte di vita di individui e famiglie.
Il tutto mentre si affermano con sempre maggiore efficienza e velocità le applicazioni dell'intelligenza artificiale che non riguardano più semplici mansioni meccaniche e manuali dal momento che stanno sconfinando nelle più diverse funzioni intellettuali. Anche scrivere un articolo di giornale non sarà più un mestiere per giornalisti esistendo già un software in grado di farlo alla perfezione.
Con pochi e ben assestati input le macchine potranno presto (o meno presto se le politiche mondiali si accorderanno su questo punto) sostituire braccia e cervelli umani che di conseguenza avrebbero fatalmente il bisogno di capire quale ruolo assumere in società e come ricavare le risorse per sopravvivere e soddisfare le proprie poche o tante esigenze. Il futuro presenterà presto il conto.
Un esperto della materia come Domenico De Masi è certo che di questo passo "diventeranno superflui anche manager e creativi" (Corriere del Mezzogiorno). Il che, secondo lui, potrebbe anche essere un vantaggio in termini di recupero del tempo libero a patto che si riveda l'intero impianto degli orari e molto altro ancora. Si tratta di interpretare e assecondare una vera e propria rivoluzione.
Visto a pezzi e senza l'incombente presenza dei robot a scombussolare la realtà il mercato del lavoro in Italia è tra i più schizofrenici che si possano osservare. Mentre lo stesso De Masi denuncia l'assenza di impieghi disponibili nel Mezzogiorno capovolgendo la narrazione di un popolo di sfaticati in un popolo di volenterosi che pur di faticare si adattano a farlo in nero, altri segnali dicono il contrario.
L'indagine Excelsior di Unioncamere, per esempio, rivela che nel solo trimestre ottobre-dicembre 2022 sono maturate 1.220.180 posizioni la maggior parte delle quali non coperte da capacità adeguate. Dunque, il lavoro ci sarebbe ma i lavoratori disponibili non sarebbero tagliati per svolgerlo. Si parla di formazione e adeguamento professionale ma siamo al paradosso di Achille e la tartaruga.
Vuol dire, parafrasando, che l'offerta continua a essere lontana dalla domanda e per quanto questa possa mettersi a correre per esserle all'altezza non la raggiungerà mai. E seppure dovesse riuscirci in un lasso di tempo medio, interverranno verosimilmente i robot a sostituirla sicché non si sa davvero da che parte voltarsi per cominciare a percorrere una strada virtuosa.
I meridionali, perché è al Sud che il problema è più spinoso, dovrebbero ribellarsi a questo stato di cose – suggerisce De Masi – ma non è chiaro a questo punto contro di chi dovrebbero farlo poiché anche i governi sono impotenti di fronte all'avanzare della tecnologia. Le conseguenze della modernità sono studiate, desiderate e temute allo stesso tempo, ma non è chiaro l'impatto che avranno sullo stato delle cose.
Si allarga intanto il campo dell'economia assistita con una richiesta crescente di protezione che si può individuare nel successo del Reddito di cittadinanza soprattutto nelle aree deboli del Paese dove il disorientamento è maggiore. Tra il bisogno vero e il bieco opportunismo s'infila anche il desiderio di una vita meno complicata e molto meno devota al sacrificio. Si può star bene anche con poco.
Si pone quindi il problema di come accrescere la ricchezza e distribuirla perché non ci sia uno sparuto gruppo di super ricchi che faccia da contraltare a una sterminata platea di poveri. A meno che non si verifichi la profezia che sarà l'intelligenza artificiale a prendere il sopravvento su quella umana e sarà lei a sciogliere i nodi intricati che questa non riesce più a sbrogliare.